Investigazioni AziendaliTel.02344223, Violazione uso improprio dei permessi 104: quali conseguenze? L’abuso dei permessi 104 può giustificare il licenziamento e un procedimento penale per truffa ai danni dello Stato.
Nel panorama lavorativo italiano, il corretto utilizzo dei permessi legge 104/1992 è essenziale non solo per garantire il diritto dell’assistenza ai disabili, ma anche per mantenere l’equilibrio organizzativo all’interno delle aziende. Chi ne fa abuso, utilizzando i giorni di assenza dal lavoro per finalità personali (non connesse cioè al supporto del familiare portatore di handicap), non solo mina il rapporto di fiducia con il datore, ma commette un illecito ai danni dell’INPS; difatti è proprio l’Ente di Previdenza a pagare, in ultima battuta, la retribuzione del lavoratore nei giorni di permesso. Cerchiamo quindi di comprendere quali sono le conseguenze per l’uso improprio dei permessi 104 alla luce delle ultime sentenze della Cassazione.
Indice
* Che cosa stabilisce la legge sui permessi 104?
* Quando l’uso dei permessi 104 diventa illecito?
* I precedenti della Cassazione
* Quando si verifica l’uso distorto dei permessi secondo la giurisprudenza
Che cosa stabilisce la legge sui permessi 104?
La legge n. 104/1992 prevede tre giorni di permessi lavorativi retribuiti destinati all’assistenza di persone con disabilità. Ne hanno diritto i cosiddetti caregiver ossia i genitori (anche adottivi o affidatari), il coniuge, la parte dell’unione civile, il convivente di fatto, i parenti o gli affini entro il secondo grado di una persona affetta da grave disabilità.
Tali permessi sono concepiti per offrire ai lavoratori il tempo necessario per occuparsi delle esigenze del familiare disabile, garantendo così sia supporto alle famiglie che un adeguato equilibrio tra le responsabilità lavorative e personali.
Quando l’uso dei permessi 104 diventa illecito?
L’utilizzo dei permessi deve essere strettamente correlato alle necessità di assistenza del disabile. Con le sentenze n. 2586/25 e 2619/25 la Cassazione ha detto che l’uso distorto dei permessi 104 può portare a un licenziamento per giusta causa. Inoltre, è possibile denunciare il dipendente per il reato di truffa ai danni dello Stato.
La legge non richiede un’assistenza continuativa: l’importante – sottolinea la Corte – è che gran parte della giornata venga utilizzata per prestare supporto al disabile. Non è necessario che vi sia una stretta correlazione tra gli orari lavorativi e quelli dell’assistenza.
L’utilizzo dei permessi per scopi personali è legittimo solo se marginale, relegato cioè a frazioni della giornata che non alterino la funzione dei permessi stessi. Quindi è lecito andare a fare la spesa, portare i figli a scuola o accompagnarli alle attività formative pomeridiane. Ma non è ammesso restare a casa per riposare, essendo necessario restare accanto al familiare assistito.
Sulla base di queste premesse la Corte ha ritenuto legittimo il licenziamento di una lavoratrice che aveva utilizzato i permessi per compiere attività personali, come riparazioni auto e acquisti, anziché assistere il nonno in una casa di cura. In un altro caso, un dipendente aveva sfruttato un giorno di permesso per partecipare a un torneo di FootGolf, dimostrando un evidente distacco dalle finalità assistenziali previste dalla legge.
Basta un singolo episodio di uso distorto dei permessi per giustificare il licenziamento in tronco: non è necessario attendere la reiterazione della condotta. Questo perché l’abuso dei permessi implica non solo una violazione delle condizioni poste dalla legge ma anche un onere ingiustificato per il datore di lavoro, che si basa sulla buona fede del lavoratore nell’utilizzo dei permessi per scopi legittimi.
Il lavoratore può contestare il licenziamento, ma dovrà fornire prove convincenti che il suo utilizzo dei permessi era conforme alle esigenze di assistenza del disabile. In assenza di tali prove, il licenziamento è considerato legittimo.
I precedenti della Cassazione
La Cassazione, ha più volte ricordato che il riconoscimento del beneficio è strettamente legato all’assistenza del disabile. Tale essendo la base del beneficio e in mancanza di specificazioni ulteriori da parte del legislatore, l’assenza dal lavoro per la fruizione del permesso deve porsi in relazione diretta con l’esigenza per il cui soddisfacimento il diritto stesso è riconosciuto, ossia l’assistenza al disabile. In particolare è stato evidenziato che nessun elemento, testuale o logico, consente di attribuire al beneficio in oggetto una funzione meramente compensativa o di ristoro delle energie impiegate dal dipendente per l’assistenza prestata al disabile. Tanto meno la norma consente di utilizzare il permesso per esigenze diverse da quelle proprie della funzione cui la norma è preordinata.
Il beneficio comporta un sacrificio organizzativo per il datore di lavoro, giustificabile solo in presenza di esigenze riconosciute dal legislatore (e dalla coscienza sociale) come meritevoli di superiore tutela.
Di conseguenza, ove il nesso causale tra assenza dal lavoro e assistenza al disabile manchi del tutto, non può riconoscersi un uso del diritto coerente con la sua funzione e dunque si è in presenza di un uso improprio ovvero di un abuso del diritto.
Quando si verifica l’uso distorto dei permessi secondo la giurisprudenza
L’uso distorto dei permessi ex lege 104/1992 si verifica quando il lavoratore utilizza i permessi per finalità diverse dall’assistenza al familiare disabile per cui sono stati concessi. La giurisprudenza è chiara nel ritenere che l’utilizzo dei permessi per scopi estranei costituisce un abuso del diritto e può giustificare il licenziamento per giusta causa.
Il permesso deve essere utilizzato per svolgere un’attività identificabile come prestazione di assistenza in favore del disabile. Se il lavoratore utilizza il permesso per attività personali o ricreative, si configura un abuso del diritto (Cass. Civ., Sez. L, n. 6468 del 12-03-2024).
La fruizione dei permessi per scopi diversi dall’assistenza al familiare disabile, come andare in vacanza o svolgere attività personali per gran parte della durata del permesso stesso, costituisce un comportamento oggettivamente grave che giustifica il licenziamento (Tribunale Ordinario Roma, sez. LV, sentenza n. 2858/2018; Tribunale Ordinario Napoli, sez. L3, sentenza n. 4143/2022; Cass. Civ., Sez. 6, N. 17102 del 16-06-2021; Tribunale di Trani, Sentenza n.1990 del 25 novembre 2023).
Anche se l’assistenza non deve coincidere esattamente con l’orario di lavoro, deve essere effettiva e apprezzabile. Se l’assistenza è prestata in modo marginale o non è prestata affatto, si configura un uso improprio dei permessi.