All’ex marito con più disponibilità l’obbligo di pagare il canone di locazione dell’immobile assegnato alla ex moglie in quanto genitore collocatario
La Cassazione torna ad occuparsi di problematiche economiche legate al divorzio nell’ordinanza n. 12058/2020, in cui conferma la decisione del giudice di seconde cure di eliminare l’obbligo del marito al mantenimento alla ex moglie che lavora, ma di gravarlo del pagamento dei canoni di locazione dell’immobile in cui abita la donna con le figlie, in quanto genitore collocatario.
La Corte d’Appello infatti riforma la decisione di primo grado resa nel giudizio di cessazione degli effetti civili del matrimonio e revoca l’assegno mensile di 600 euro per la moglie, lasciando a carico del marito le altre condizioni relative al mantenimento delle figlie e al pagamento dei canoni di locazione della casa assegnata alla ex.
L’ex marito insoddisfatto dall’esito del giudizio però ricorre in Cassazione sollevando i seguenti motivi di ricorso:
- Con il primo e il secondo contesta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 6 della legge n. 392/1978 in quanto il giudice dell’appello ha posto a suo carico il canone di locazione anche se la casa è stata assegnata alla moglie che vi abita con le due figlie, senza indicare le ragioni di tale decisione e senza tenere conto del reddito della ex.
- Con il terzo e il quarto invece denuncia la violazione e la falsa applicazione degli articoli 4 e 13 della legge sul divorzio n. 898/1970, perché il giudice ha ignorato le condizioni economiche delle parti e i fatti sopravvenuti. L’ex marito riferisce infatti che lo stipendio della ex moglie, da 1.619,00 euro è salito a 1800,00. La donna dispone inoltre di un appartamento di cui non paga il canone. Non solo, il giudice del gravame ha eliminato l’obbligo di corresponsione dell’assegno in favore della moglie a partire dal passaggio in giudicato della sentenza e non dalla domanda.
Ricorre in via incidentale anche la moglie, opponendosi al mancato riconoscimento dell’assegno di mantenimento in suo favore, visto che il marito è titolare di un reddito mensile di 6000 euro.
La Cassazione con l’ordinanza n. 12058/2020 respinge entrambi i ricorsi dei coniugi perché infondati. Per gli Ermellini il giudice dell’impugnazione non ha trascurato nessuno degli elementi allegati dalle parti.
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