Si può chiedere l’addebito nel divorzio? Indagini Tecniche Informatiche Agenzi IDFX Milano. Il coniuge che, dopo la separazione, scopre di essere stato tradito in passato quando era ancora sposato, può chiedere l’addebito in sede divorzile?

Si può chiedere l’addebito nel divorzio? Indagini Tecniche Informatiche Agenzi IDFX Milano.

Il coniuge che, dopo la separazione, scopre di essere stato tradito in passato quando era ancora sposato, può chiedere l’addebito in sede divorzile?

La violazione degli obblighi matrimoniali comporta la pronuncia di addebito, cioè la formale attribuzione della colpa della crisi coniugale. L’addebito ha conseguenze ben precise, comportando la perdita del diritto al mantenimento e all’eredità del coniuge. Con il presente articolo cercheremo di comprendere se si può chiedere l’addebito nel divorzio.

In buona sostanza, si tratta di capire se è possibile ottenere l’addebito non in sede di separazione ma successivamente, allorquando si avanza domanda di scioglimento del matrimonio, ad esempio perché solo dopo la pronuncia di separazione il coniuge ha scoperto essere stata commessa un grave violazione degli obblighi matrimoniali.

Si pensi ad esempio al marito che, dopo essersi separato, scopre causalmente di essere stato tradito dalla moglie molti anni prima, quando ancora erano sposati: in un’ipotesi del genere, l’acquisita consapevolezza del grave torto subito conferisce il diritto di chiedere l’addebito, direttamente e per la prima volta, in sede divorzile? Approfondiamo l’argomento.

Indice

* Cos’è l’addebito della separazione?

* Quali sono le conseguenze dell’addebito?

* Si può chiedere il divorzio con addebito?

* Mantenimento e assegno divorzile: qual è la differenza?

* Il coniuge con addebito può ottenere l’assegno divorzile?

Cos’è l’addebito della separazione?

L’addebito è una sanzione che il giudice mette a carico del coniuge che, col suo comportamento, ha causato la fine del matrimonio [1].

Da tanto si evince che l’addebito può aversi solo nel caso di separazione giudiziale, non anche quando si procede con la separazione consensuale, con la negoziazione assistita o con la separazione in Comune.

Quali sono le conseguenze dell’addebito?

L’addebito della separazione comporta la perdita del diritto al mantenimento e quella dei diritti successori sull’eredità dell’altro coniuge.

Ciò significa che il “colpevole” della separazione non avrà diritto all’assegno mensile anche qualora si trovi in una condizione economica nettamente inferiore all’altro coniuge.

A sopravvivere è solo il diritto a ricevere gli alimenti, che consistono in una prestazione economica inferire, sufficiente solamente al sostentamento della propria persona.

Inoltre, nel caso in cui il coniuge da cui si è separati dovesse morire, non si avrà diritto ad alcuna quota dell’eredità: l’addebito, infatti, comporta l’esclusione dalla successione, come se si fosse divorziati.

Si può chiedere il divorzio con addebito?

L’addebito si può chiedere solo in sede di separazione giudiziale e non anche in fase di divorzio.

Il perché è molto semplice: le conseguenze dell’addebito (perdita del mantenimento e dei diritti successori) sono già insite nella pronuncia divorzile, atteso che, con il divorzio:

* i coniugi perdono i diritti successori che, prima, vantavano l’uno verso l’altro. Il divorzio, infatti, scioglie definitivamente il vincolo coniugale, restituendo la libertà di stato e, quindi, la possibilità di risposarsi;

* il mantenimento previsto in sede di separazione viene sostituito dall’assegno divorzile, che si basa su presupposti diversi.

Quest’ultima affermazione merita un approfondimento.

Mantenimento e assegno divorzile: qual è la differenza?

Lo scopo del mantenimento successivo alla separazione è quello di assicurare al coniuge meno abbiente un tenore di vita sostanzialmente analogo a quello goduto in costanza di matrimonio.

Al contrario, i criteri in base ai quali viene fissato l’assegno divorzile prescindono dalla conservazione del tenore di vita: detta circostanza, infatti, si scontra in modo evidente con la natura stessa del divorzio, il quale segna la fine definitiva del matrimonio.

Secondo la legge [2], il giudice può imporre l’obbligo del pagamento dell’assegno divorzile a favore del coniuge che non gode di adeguati mezzi o che non può procurarseli per ragioni oggettive, solo se tiene in considerazione tutte le seguenti circostanze, rapportate alla durata del matrimonio:

* le condizioni dei coniugi,

* le ragioni della decisione,

* il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune;

* il reddito di entrambi.

Secondo la legge, quindi, la disparità economica tra i due ex coniugi non è motivo sufficiente per stabilire l’obbligo del pagamento: occorre infatti tenere conto del contributo, anche non economico, che ciascuno ha fornito per la costituzione e il mantenimento del nucleo familiare, contributo in ragione del quale, allo scioglimento dell’unione, uno dei due si sia trovato nella condizione di non potersi mantenere in modo autonomo.

Insomma: l’assegno divorzile spetta ogni volta che è dimostrato uno squilibrio reddituale riconducibile alle scelte di vita matrimoniale, tale da giustificare una compensazione o perequazione.

Il coniuge con addebito può ottenere l’assegno divorzile?

Quanto detto sinora significa che il coniuge a cui è stata addebitata la separazione può ugualmente sperare di percepire l’assegno divorzile – ricorrendone le condizioni sopra viste – attesa la funzione diversa a cui essi assolvono.

Secondo la giurisprudenza [3], però, ai fini dell’attribuzione dell’assegno divorzile il giudice deve tener conto anche dell’eventuale addebito pronunciato in sede di separazione.

Ciò significa che, almeno in teoria, al coniuge a cui è stata addebitata la separazione non è negato, in automatico, anche l’assegno divorzile, anche se le possibilità di vederselo attribuito sono ridotte.

Tanto è spiegato anche all’interno del seguente articolo: Addebito separazione: spetta l’assegno divorzile?

note

[1] Art. 151 cod. civ.

[2] Art. 5, l. n. 898/1970.

[3] Cass., n. 16796 del 21 giugno 2019.

 

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