Dove vedere reddito di una persona?
Separazione e divorzio: come sapere se mio figlio o la mia ex moglie lavorano?
Sei divorziato dalla tua ex moglie o ti sei separato dalla tua compagna con cui hai avuto un figlio. In tutti questi anni hai sempre pagato un assegno di mantenimento mensile che tuttavia ora inizia a pesarti economicamente. Hai il sospetto che lei e il ragazzo abbiano delle entrate ma che non ti abbiano detto nulla. Prima di fare il ricorso al giudice per chiedere l’annullamento dell’assegno di mantenimento vorresti essere sicuro delle informazioni che hai ricevuto. Pertanto ti chiedi dove vedere il reddito di una persona. C’è un modo per sapere se tuo figlio sta lavorando o se tua moglie sta ricevendo uno stipendio, senza ovviamente doverli consultare personalmente ed evitando che scoprano che tu stai indagando su di loro?
Qualcuno ti avrà di certo detto che per conoscere il reddito di una persona devi ricorrere a una agenzia di investigazioni private. Di certo queste possono darti qualche informazione in più rispetto a quelle che già hai, ma di certo non tutte sono a buon prezzo e, soprattutto, i costi variano in base alla complessità e alla durata delle indagini.
Ti do una notizia: esiste un modo per scoprire se una persona lavora o meno e questo sistema è stato riconosciuto (nel vuoto normativo) dalla giurisprudenza.
Difatti secondo i giudici, tu hai diritto a chiedere informazioni all’Agenzia delle Entrate anche prima di intraprendere la causa per la cessazione dell’assegno di mantenimento. Tutto ciò che devi fare è presentare una istanza. Di tanto ti parlerò meglio in questo articolo. Ma procediamo con ordine.
Indice
* Come sapere se una persona guadagna o sta lavorando?
* Che fare se l’Agenzia delle Entrate non risponde alla richiesta di visione degli atti?
Come sapere se una persona guadagna o sta lavorando?
Esiste un archivio, denominato Anagrafe Tributaria, che contiene tutti i dati reddituali dei contribuenti. Lo usa l’Agenzia delle Entrate per accertare eventuali evasioni fiscali ma, da qualche anno, è aperto anche ai privati che abbiano un legittimo interesse a conoscere le consistenze reddituali o patrimoniali di altri soggetti.
Così, ad esempio, chi vinca una causa contro un’altra persona e intende pignorarle i beni, può accedere all’Anagrafe Tributaria per verificare cosa il debitore ha intestato.
Allo stesso modo, può accedere all’Anagrafe tributaria il soggetto che paga il mantenimento all’ex coniuge o il genitore che versa gli alimenti ai figli. In tal modo può verificare se sussistono ancora i presupposti di “incapacità economica” che giustificano l’erogazione di tale sostegno.
Come chiarito dal Consiglio di Stato in più di una occasione (tra cui, la sentenza n. 19 del 2020 in Adunanza Plenaria [1]), l’Agenzia delle Entrate è tenuta a fornire l’accesso ai documenti amministrativi al soggetto che vi abbia interesse per esercitare un proprio diritto in via giudiziale. Ed è tenuta a farlo anche se non è ancora in corso un giudizio, ma proprio in vista di quest’ultimo. In altre parole, la pendenza di una lite è certamente un presupposto per valutare l’esistenza di un interesse legittimo ad accedere ai dati reddituali di un’altra persona, ma non è indispensabile.
Così, tanto per fare un esempio, se un genitore ha il sospetto che il proprio figlio stia lavorando ma non ha modo per provarlo, può fare richiesta di accesso agli atti amministrativi all’Agenzia delle Entrate, inoltrandola tramite PEC o raccomandata a/r o con istanza presentata a mani e protocollata. L’amministrazione ha 90 giorni di tempo per rispondere.
Con le informazioni fornite dal fisco sarà poi possibile valutare se agire per la revisione dell’assegno di mantenimento o meno.
Che fare se l’Agenzia delle Entrate non risponde alla richiesta di visione degli atti?
Contro il silenzio o il diniego è possibile fare ricorso al TAR. Tuttavia c’è un’altra possibilità. Il soggetto che chiede la revisione o la cancellazione del mantenimento può ugualmente proporre il ricorso al giudice per la revisione di tale obbligo, chiedendo poi che sia lo stesso giudice ad ordinare all’Agenzia delle Entrate la produzione di tale documentazione. È chiaro che, in questo caso, si fa un “salto nel vuoto” perché, nel caso in cui non vi dovessero essere i presupposti per la revisione del mantenimento, il ricorrente verrà condannato a pagare le spese processuali. Quindi sarà bene raggiungere un elevato grado di probabilità se non la certezza.
Qualora però il soggetto su cui si sta indagando percepisce redditi in nero (si pensi a un ragazzo che lavora da diversi mesi ma in modo irregolare), il ricorrente può chiedere al giudice che ordini gli accertamenti tramite la polizia tributaria: si tratterà quindi di delegare la Guardia di Finanza per verificare se sia in atto un’evasione fiscale.