Quando un lavoratore in malattia può essere licenziato? Il lavoratore in malattia può uscire di casa se non ritarda la guarigione.

Quando un lavoratore in malattia può essere licenziato?

Il lavoratore in malattia può uscire di casa se non ritarda la guarigione.

Anche il dipendente assente dal lavoro perché malato può essere licenziato. Ma ciò solo a condizione che la volontà del datore di lavoro non derivi dalla malattia in sé, ma da fattori estranei ad essa. Potrebbe dipendere da scelte organizzative interne all’azienda (ad esempio la cessazione della mansione) o da motivi disciplinari (una condotta gravemente colpevole del dipendente). In questo articolo chiariremo quando un lavoratore in malattia può essere licenziato. Proseguendo lo stesso tema, vedremo quanto tempo si può stare assenti dal lavoro. Non in ultimo comprenderemo se chi viene licenziato per malattia ha diritto alla disoccupazione. Ma procediamo per gradi.

Indice

* Quanti giorni di malattia servono per il licenziamento?

* Chi viene licenziato per malattia ha diritto alla disoccupazione?

* Quando, nonostante la malattia, non si può mai essere licenziati?

* Quando si può licenziare chi è in malattia

* Gli obblighi durante la malattia

* La prova per procedere al licenziamento

* Come viene stabilita la simulazione della malattia?

 

Quanti giorni di malattia servono per il licenziamento?

Finché dura la malattia, il dipendente ha diritto alla conservazione del posto di lavoro (con stipendio pagato dall’Inps), a meno che non superi il periodo massimo di assenze previsto dal contratto collettivo. Tale periodo, chiamato “comporto”, è normalmente di 180 giorni (ma il CCNL può prevedere un lasso temporale diverso).

Solo una volta scaduto il periodo di comporto (mai prima), il lavoratore può essere licenziato senza alcun’altra motivazione se non appunto l’eccesso di assenze.

Chi viene licenziato per malattia ha diritto alla disoccupazione?

L’assegno di disoccupazione, la cosiddetta NASPI, spetta a chi perde il posto non per sua volontà. Tra questi casi vi rientra anche il licenziamento per superamento del comporto, ossia per “eccessive assenze dovute a malattia”.

La risoluzione del rapporto di lavoro per superamento del comporto, infatti, non è riconducibile a una scelta del lavoratore. Dunque, a quest’ultimo spetta la disoccupazione.

Quando, nonostante la malattia, non si può mai essere licenziati?

Il periodo di comporto non si applica quando la malattia dipende da un infortunio sul lavoro causato dalla mancata adozione delle misure di sicurezza imposte dalla legge.

Secondo la Cassazione, peraltro, non è possibile applicare lo stesso periodo di comporto normalmente previsto al dipendente con una grave disabilità (si pensi al malato oncologico, soggetto a terapie e cure più intense). In questi casi, infatti, si verificherebbe una forma di discriminazione indiretta con conseguente diritto alla reintegra sul posto di lavoro. Leggi sull’argomento: chi ha un tumore può essere licenziato?

Quando si può licenziare chi è in malattia

Oltre al superamento del comporto, chi è in malattia può essere licenziato per:

* motivi disciplinari, ossia gravi violazioni commesse prima o durante la malattia stessa;

* motivi organizzativi o produttivi (cosiddetto “licenziamento per giustificato motivo oggettivo”), previa verifica della possibilità di ricollocare il dipendente in altre mansioni equivalenti o, in subordine, di livello inferiore compatibili con la sua formazione (cosiddetto repêchage).

Tra i motivi disciplinari possiamo indicare:

* falsa malattia;

* reiterata assenza alla visita fiscale e mancata disponibilità alla successiva visita ambulatoriale;

* mancato rientro in azienda alla scadenza del certificato medico;

* svolgimento, durante la malattia, di attività incompatibile con la malattia stessa o comunque tale da pregiudicare o rallentare la guarigione;

* svolgimento, durante la malattia, di attività in concorrenza con quella del datore di lavoro;

* comportamenti gravemente lesivi dell’azienda (ad esempio un commento negativo su un social nei confronti del datore di lavoro);

* accertamento (conclusosi durante la malattia) di condotte pregresse particolarmente gravi (ad esempio furto, insubordinazione, ecc.).

Anche in tali ipotesi al lavoratore spetta l’assegno di disoccupazione (NASPI).

Tra i motivi economici possiamo invece includere:

* la cessazione della mansione o la chiusura del ramo d’azienda;

* la riduzione del personale;

* la riorganizzazione interna con accorpamento delle mansioni;

* crisi strutturale (non stagionale) e calo del fatturato.

Gli obblighi durante la malattia

Il dipendente in malattia deve:

* comunicare immediatamente l’assenza al datore il giorno stesso o, al massimo, quello successivo secondo le forme indicate dal CCNL;

* sottoporsi a visita medica affinché il certificato sia trasmesso all’INPS;

* rimanere a casa durante le fasce orarie di reperibilità per la visita fiscale: dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19;

* non compromettere la guarigione con comportamenti che potrebbero rallentare o pregiudicare il rientro in azienda.

La prova per procedere al licenziamento

La Cassazione, con sentenza n. 12152/2024 del 6 maggio 2024, ha ribadito importanti principi in materia di onere della prova per il licenziamento.

La pronuncia stabilisce che, nel caso di licenziamento disciplinare intimato per una seconda attività svolta durante l’assenza per malattia, il datore di lavoro deve dimostrare o che la malattia era simulata oppure che le attività svolte erano potenzialmente in grado di pregiudicare o ritardare il rientro in servizio del dipendente. Se il datore non riesce a fornire tali prove, il licenziamento è considerato illegittimo.

Secondo la legge e la giurisprudenza, un lavoratore in malattia può svolgere attività compatibili con il suo stato di salute, purché queste non compromettano il suo recupero. La Cassazione chiarisce che la mera presenza di un’attività, anche se remunerativa, non è sufficiente a giustificare un licenziamento se non incide negativamente sulla guarigione del lavoratore.

Come viene stabilita la simulazione della malattia?

La simulazione di una malattia, ossia il fingere di essere malati per evitare il lavoro, deve essere dimostrata attraverso elementi certi se la visita fiscale non era stata effettuata o non aveva evidenziato la verità.

Per stabilire la legittimità del licenziamento, il datore di lavoro deve raccogliere e presentare prove che includano sia aspetti oggettivi (ad esempio, report medici, testimonianze, video) che soggettivi (le attività del dipendente).

fonteinternet

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