Prova in tribunale de messaggi vocali su WhatsApp  , Richiedi una consulenza Agenzia IDFOX Investigazioni dal 1991, tel 02344223

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L’audio della chat deve essere trascritto e depositato agli atti del processo. Se non disconosciuto dalla controparte esso vale come prova di un credito o dell’estinzione del credito.

Sempre più spazio, nelle aule di tribunale, ai messaggi WhatsApp. La giurisprudenza riconosce ormai valore di prova agli screenshot delle chat. Con esse si può, ad esempio, dimostrare un credito (e ottenere un decreto ingiuntivo nei confronti del debitore), un avvenuto pagamento (e, in tal caso, controbattere alle pretese del creditore), l’accordo tra ex coniugi sulle spese straordinarie per i figli o per i giorni di visita, la commissione di un reato (ad esempio la minaccia o la diffamazione). Ma che succede se, al posto del messaggio testuale, dovesse esserci un messaggio audio? Si possono utilizzare i messaggi vocali WhatsApp come prova in tribunale? Anche tale aspetto ha trovato una risposta nelle pronunce della più recente giurisprudenza, a dimostrazione di come la messaggistica istantanea, seppur non disciplinata dalla legge, possa comunque essere regolamentata con le norme già esistenti.

Cerchiamo dunque di fare il punto della situazione e di verifica come fare “entrare” in un processo un messaggio audio.

Indice

* I messaggi WhatsApp hanno valore legale?

* Il vocale WhatsApp ha valore di prova?

I messaggi WhatsApp hanno valore legale?

È possibile produrre, in processo, lo screenshot di una chat WhatsApp. Il suo valore è equiparato a quello delle “riproduzioni meccaniche” come le fotocopie o le fotografie. A riguardo, l’art. 2712 del codice civile stabilisce che:

«Le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime».

Il “disconoscimento” è l’atto con cui la parte contro cui viene prodotta una riproduzione meccanica (come foto, chat, email, screenshot) ne contesta la genuinità nel corso del giudizio in cui detta riproduzione viene prodotta.

In assenza di disconoscimento, la riproduzione forma “piena prova” dei fatti rappresentati, ossia ha lo stesso valore probatorio di una prova legale quale, ad esempio, un atto notarile o un altro atto pubblico.

Quando si parla però di “disconoscimento” non si intende una semplice e generica contestazione, una mera formula di stile: non basta dire “mi oppongo” oppure sostenere che lo screenshot possa essere stato alterato da un software di fotoritocco. Bisogna anche fornire elementi che possano convincere il giudice di tali sospetti.

Il disconoscimento quindi deve essere chiaro, circostanziato ed esplicito. La parte deve indicare specificamente in cosa consista la non conformità della riproduzione ai fatti o alle cose rappresentate (Cass. sent. n. 2607/2024, n. 12672/2023).

Ad esempio, se si contesta uno screenshot di una chat, non basta affermare genericamente “non riconosco lo screenshot”. È necessario specificare quali parti dello screenshot non corrispondono alla realtà, indicando eventuali alterazioni, omissioni o manipolazioni.

Il disconoscimento deve essere effettuato tempestivamente: in particolare deve avvenire nella prima difesa utile successiva alla produzione della riproduzione meccanica (Cass. sent. n. 7376/2024, sent. n. 34958 /2021, n. 5841/2023, n. 23213/2024).

Se il disconoscimento è valido, la riproduzione meccanica perde il valore di “piena prova” e diventa un semplice elemento di prova, liberamente valutabile dal giudice. Tuttavia, il giudice può comunque accertare la conformità della riproduzione all’originale attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni. Quindi, la contestazione circostanziata della riproduzione meccanica non esclude che il giudice possa comunque prenderla in considerazione.

Con riferimento quindi agli screenshot di WhatsApp è ben possibile presentarli in processo e, se la controparte non li contesta o li contesta genericamente, essi avranno valore legale: significa che vincoleranno il giudice a decidere secondo tale elemento e a non discostarsene.

Tuttavia, per evitare facili contestazioni è meglio adottare le seguenti precauzioni:

* stampare lo screenshot dinanzi a un notaio e chiedere l’autentica della firma sulla copia: essa varrà a dotare il foglio della “data certa”. In questo modo la controparte non potrà contestare il momento a cui si riferisce il messaggio;

* chiedere a un testimone di leggere il contenuto del messaggio in modo da integrare la prova dello screenshot con la testimonianza oculare di un terzo.

Il vocale WhatsApp ha valore di prova?

Come lo screenshot ha valore di prova legale se non disconosciuto, lo stesso discorso vale anche per il messaggio audio. Per quest’ultimo ovviamente non basterà lo screenshot ma sarà necessaria la trascrizione fatta da un perito (possibilmente iscritto nell’albo dei consulenti del tribunale) e firmata sotto giuramento.

A confermare tale interpretazione è stata più volte la giurisprudenza e, da ultimo, il Tribunale di Torre Annunziata con sentenza 3319, sezione Seconda, del 29.12.2024. Nel caso di specie, il vocale conteneva l’ammissione di un creditore di aver ricevuto il pagamento. In forza di tale prova pertanto il giudice ha annullato un decreto ingiuntivo e sollevato il debitore opponente dall’onere economico.

Anche in questo caso, se la controparte non contesta la genuinità del vocale WhatsApp, esso avrà pieno valore di prova e vincolerà il giudice nella decisione.

Fonte Internet

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