Investigatore Privato, Agenzia IDFOX Milano_Nel processo civile gli sms e le mail hanno piena efficacia di prova?

I fatti provati con email e sms sono validi? 

È da anni ormai che, nelle aule di giustizia, si discute se alle chat, agli sms, alle email e agli screenshot possa essere attribuito valore di prova in un processo civile o penale. Se per quest’ultimo però i giudici si sono subito dichiarati favorevoli, nel civile c’è stata qualche riluttanza. E ciò perché l’articolo 2712 del Codice civile stabilisce che le “riproduzioni meccaniche” – tra cui vengono appunto ricondotti sms, chat ed email – hanno valore solo se non sono disconosciute, in processo, dalla controparte.

Una recente sentenza del tribunale di Savona aggiunge un importante tassello a questa diatriba stabilendo che i fatti provati con email e sms sono validi. Cerchiamo di fare il punto della situazione.

Un sms o una chat possono essere prova?

Un illecito può essere provato anche attraverso le parole contenute in una chat, in un sms o in una email che, a tal fine, potrebbero entrare in un processo tramite lo screenshot.

L’articolo 2712 del Codice civile subordina però tale possibilità al mancato disconoscimento dell’autenticità di tale riproduzione da parte dell’avversario. In pratica, se colui contro il quale tale documento viene prodotto non si oppone, lo stesso acquista il valore di prova.

Ma la Cassazione ha anche detto che non basta una generica opposizione: va anche fornita una valida motivazione delle ragioni per cui lo screenshot – che tutti sappiamo poter essere modificato anche con un normale programma di photo editing – non corrisponde all’originale della chat.

Ecco quindi che, per dare valore di prova a quanto affermato in una discussione telematica, è necessario che questa sia prodotta in un processo e che la controparte non fornisca validi elementi di contestazione.

Che succede se viene contestata l’email o l’sms?

Il problema fondamentale delle email e degli sms è che non garantiscono la certezza del ricevimento da parte del destinatario, come invece succede con una raccomandata o una pec. Quindi, in assenza di un’attestazione che abbia pieno valore di prova circa il loro contenuto e la conoscenza acquisita dalla controparte, queste non possono fornire una dimostrazione certa dei fatti rappresentati.

Senonché la prova può essere acquisita anche in altro modo: ad esempio dal comportamento del ricevente che potrebbe aver risposto al messaggio o averlo inoltrato a terzi. Si pensi al licenziamento intimato con una email che venga prontamente contestato nel termine di 60 giorni, comportamento questo che attesta inequivocabilmente il fatto che il lavoratore abbia letto il messaggio, potendosi così difendere.

Il giudice può dare valore di prova a email, chat ed sms?

Il tribunale di Savona non fa che confermare quanto abbiamo appena detto: è vero che le chat, gli sms e le email non garantiscono certezza né in merito al loro contenuto, né con riferimento al ricevimento degli stessi; ed è anche vero che, se contestate dall’avversario, non possono avere il valore di prova. Tuttavia l’eventuale disconoscimento di tale conformità non impedisce al giudice di accertare la rispondenza all’originale anche attraverso altri mezzi di prova, compresi gli indizi (ossia le “presunzioni”).

Il che significa che, anche opponendosi alla produzione di un sms o di una chat, il tribunale potrebbe riconoscere ad essi valore di prova se confermati dagli altri elementi presenti in giudizio come ad esempio lo stesso comportamento tenuto dal destinatario.

Dunque, ove la contestazione (con questo specifico contenuto) vi sia stata, la riproduzione, pur perdendo il suo pieno valore probatorio, conserva tuttavia il minor valore di un semplice elemento di prova, che può essere integrato da ulteriori elementi.

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