Investigatore Privato, Agenzia IDFOX Milano_Molestie sessuali nel Metaverso: sono reato?

E’ perseguibile chi viola l’altrui sfera sessuale nel Metaverso? Il caso di Horizon Worlds in cui l’avatar di un’utente ha subito palpeggiamenti

Molestie sessuali online e loro punibilità

Nuove frontiere digitali, nuovi contesti in cui può esprimersi l’umana idiozia. Il caso di una donna vittima di molestie sessuali in un ambiente di realtà virtuale apre nuovi interrogativi nel mondo del diritto.

L’obiettivo è comprendere se comportamenti che sarebbero punibili nella realtà possano esserlo anche quando sono tenuti in contesti completamente digitali, virtuali, immateriali.

Il caso Horizon Worlds: utente “palpeggiata” nel Metaverso

Il caso incriminato si è verificato sulla piattaforma Horizon Worlds, afferente alla società Meta di Mark Zuckerberg (quello di Facebook, per intenderci).

Tale piattaforma ricrea un ambiente completamente virtuale, il cosiddetto Metaverso, in cui, grazie all’utilizzo di dispositivi di controllo dei movimenti e ad un visore, si guida il proprio avatar, cioè un personaggio che si muove all’interno di quell’ambiente virtuale, interagendo con gli altri personaggi, guidati da persone reali che fisicamente si trovano in altri luoghi distanti, anche dall’altra parte del mondo.

Ebbene, proprio questa interazione è sfociata in un episodio che, se fosse successo nel mondo reale, sarebbe qualificabile come palpeggiamento da parte di un avatar guidato da un uomo ai danni di un avatar guidato da una donna, con tanto di commenti sessisti da parte di altri utenti collegati.

La donna ha sporto denuncia, e al riguardo possono rilevarsi due conseguenze. Una di ordine giuridico: nel diritto statunitense, la fattispecie, benché avvenuta in ambiente virtuale, configura il reato di molestie sessuali e risulta, perciò, perseguibile.

L’altra di ordine più pratico: Meta, attraverso i suoi esponenti, si è scusata, ed ha prontamente introdotto una nuova funzione nel programma, chiamata Safe Zone, che impedisce, quando attivata, agli altri personaggi di avvicinarsi troppo al proprio avatar.

Il reato di molestie sessuali nel nostro ordinamento

Partiamo da quest’ultimo aspetto per evidenziare che la soluzione tecnica, per quanto apprezzabile, rischia di far ricadere sull’utente la responsabilità di non aver saputo evitare le eventuali molestie ricevute. Sarebbe, però, auspicabile che il programma impedisse in radice la possibilità che simili episodi possano verificarsi, senza richiedere alcuna attività da parte dell’utente.

Quanto al primo aspetto evidenziato, invece, che è quello che qui maggiormente interessa, va rilevato che il diritto italiano presenta delle particolarità che rendono un po’ più complicata la questione relativa all’inquadramento giuridico di un fatto del genere.

La mancanza di un effettivo atto materiale – manca il contatto fisico vero e proprio – impedisce, infatti, di ricondurre la fattispecie nell’ambito della violenza sessuale disciplinata e punita dall’art. 609-bis c.p.

Il nostro ordinamento, inoltre, non prevede, a differenza di altri, un autonomo reato di molestie sessuali.

Metaverso: necessità di una disciplina per i reati sessuali online

Ciononostante, un importante appiglio giuridico lo offre l’art. 660 c.p. e la sua interpretazione fornita, nel corso degli anni, dalla giurisprudenza.

Tale norma punisce il reato di molestie alla persona, intese come il comportamento con cui, in luogo aperto al pubblico, si arrechi ad altri molestia o disturbo per motivi meritevoli di rimprovero.

Ebbene, da questa generica definizione, relativa a comportamenti che possono anche non avere nulla a che fare con la sfera sessuale, la giurisprudenza ha provato ad elaborare la specifica figura delle molestie a sfondo sessuale, che, pur in mancanza dell’atto materiale del contatto fisico tipico della violenza sessuale, si sostanziano in espressioni volgari a sfondo sessuale o in atti di corteggiamento invasivo ed insistito (v. Cass. n. 2742/10).

Ebbene, una simile ricostruzione dovrebbe essere sufficiente a ricomprendere, o almeno a fornire l’aggancio per ricondurre nell’alveo delle molestie a sfondo sessuale – e quindi punire – anche quei comportamenti realizzati per mezzo di dispositivi elettronici nel contesto di ambienti virtuali.

Sul punto, però, sarebbe sicuramente opportuno – oltre che un auspicato progresso culturale da parte di tutti – un intervento del legislatore, anche comunitario, specificamente mirato a punire, senza possibilità di equivoci, simili comportamenti e a tutelare la dignità della persona e la sfera privata, massimamente quella sessuale, di ogni individuo, anche quando la stessa possa venire offesa o violata in ambienti completamente virtuali e digitali.

Perché immateriale non significa inesistente, e ciò che avviene online viene senza ombra di dubbio subito dall’individuo nella sua dimensione reale di persona fisica.

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