Mobbing: quali elementi lo determinano? Indagini Tecniche Informatiche Agenzi IDFX Milano. Il datore di lavoro è responsabile quando non adotta tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità e la salute del lavoratore

Mobbing: quali elementi lo determinano? Indagini Tecniche Informatiche Agenzi IDFX Milano.

Il datore di lavoro è responsabile quando non adotta tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità e la salute del lavoratore

 

Sul lavoro se sei vittima di comportamenti vessatori da parte di colleghi o superiori, oppure sei stato demnsionato e la tua professionalità viene sminuita di fronte a colleghi e clienti; insomma, quando ti rechi al lavoro sei in uno stato di ansia e frustrazione e ti chiedi se tutto ciò possa essere qualificato come mobbing, se un giudice potrebbe darti ragione qualora per questo motivo volessi fare causa all’azienda. Vediamo allora nel dettaglio cosa debba intendersi per mobbing, quali elementi lo determinano, affinché tu possa valutare se, nel caso concreto, si possa ragionevolmente agire per tutelare i tuoi diritti.

Indice

* Mobbing, straining e demansionamento

* Gli obblighi del datore di lavoro

Mobbing, straining e demansionamento

Nel corso del rapporto di lavoro, quando si subiscono comportamenti scorretti da parte di superiori e colleghi, si può parlare di mobbing, straining, oppure demansionamento, a seconda della gravità delle condotte poste in essere, di chi le pone in essere, del loro protrarsi nel tempo e di tutte le loro caratteristiche nel caso concreto.

Si parla infatti di mobbing quando il lavoratore è vittima di comportamenti vessatori e denigratori da parte dei propri superiori, volti a sminuirne e denigrarne la professionalità, a isolarlo dal contesto lavorativo, fino a costringerlo a rassegnare le dimissioni.

Tipici esempi di comportamento mobilizzante sono: la privazione degli strumenti di lavoro (quali, ad esempio, il telefono o l’auto aziendale), lo svuotamento di incarichi attraverso il demansionamento, il trasferimento immotivato e plurimo da un ufficio all’altro, l’impedire che il lavoratore possa partecipare a corsi e percorsi formativi che con gli consentano di acquisire professionalità, l’essere bersaglio di insulti e provocazioni di fronte a terzi, colleghi, fornitori e clienti.

Il protrarsi di queste condotte vessatorie, che si verificano nel tempo generalmente con carattere di sempre maggiore gravità, possono portare il lavoratore mobilizzato a risentirne, in particolar modo sul piano psicologico, mediante l’insorgere – ad esempio – di patologie ansioso depressive, che addirittura possono alterarne la normale vita sociale e le normali attività quotidiane.

Analogo nella sostanza al mobbing è lo straining, ossia quel comportamento vessatorio e denigratorio posto in essere, anziché dai propri superiori gerarchici, dai colleghi.

Diverso dal mobbing e dallo straining è invece il semplice dimensionamento, che si verifica mediante l’adibizione del lavoratore ad incarichi inferiori rispetto a quelli previsti per il livello di inquadramento contrattualmente concordato. In caso di dimensionamento, per il quale vige un espresso divieto di legge, il lavoratore subisce “solamente” uno svuotamento di incarichi e un potenziale danno alla professionalità, ma non anche condotte di carattere persecutorio, caratterizzanti invece il mobbing e lo straining, che si snodano non solo sul piano delle mansioni assegnate, ma più in generale coinvolgono direttamente la persona del lavoratore, il suo essere e la sua attività (generalmente intesa) all’interno dell’azienda e nei rapporti interni ed esterni ad essa.

Gli obblighi del datore di lavoro

Tra i principali obblighi del datore di lavoro, oltre al pagamento della retribuzione, troviamo il dovere di tutelare l’integrità psicofisica del lavoratore.

La legge prevede infatti espressamente che datore di lavoro debba fare tutto il possibile, in ragione degli specifici incarichi assegnati al dipendente, per tutelarne la sicurezza e la salute.

Ciò significa che l’azienda, non solo deve garantire al lavoratore un ambiente e delle modalità di svolgimento dell’incarichi assegnati tali da evitare che lo stesso possa subire un infortunio e dunque un danno fisico, ma altresì  deve evitare che costui subisca un danno morale e psicologico, dato dal comportamento dei propri superiori o, peggio, dei propri colleghi.

Il lavoratore vittima di mobbing può dunque agire nei confronti dell’azienda, al fine di ottenere la cessazione della condotta mobilizzante e il risarcimento del danno che da questa possa essere derivato, sia alla propria professionalità, che alla propria salute.

Affinché il mobbing possa essere giudizialmente riconosciuto è necessario che si concreti nelle condotte sopra descritte ed altresì che il giudice accerti, sulla base dei fatti allegati a sostegno della domanda, che datore di lavoro non ha adottato tutte le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, erano necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore.

In altre parole, per esserci mobbing, deve esserci un preciso nesso di causa tra il comportamento mobilizzante l’inerzia del datore di lavoro nel proteggere il dipendente il danno che quest’ultimo abbia perciò subìto.

 

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