Se la ex moglie non cerca occupazione l’assegno può essere eliminato o ridotto, ma non se aveva sacrificato le sue aspettative per agevolare la carriera del marito.
L’assegno di mantenimento non è, o non dovrebbe essere, una rendita parassitaria per continuare a vivere a carico dell’ex coniuge. Questo principio è stato affermato spesso dalla giurisprudenza, specialmente nelle pronunce più recenti; ma ogni volta bisogna ricorrere al giudice, mentre spesso il beneficiario dell’assegno è uno “scansafatiche”, che si culla sugli allori della cifra mensile percepita e non si dà da fare per trovare un’occupazione lavorativa. Così molti mariti, costretti a pagare praticamente vita natural durante, si chiedono: se la mia ex moglie non cerca lavoro, va mantenuta?
Per prima cosa va tenuto presente che molte donne sono rimaste a casa per anni durante il matrimonio, dedicandosi alla famiglia ed alla crescita dei figli. Per loro è molto difficile ricollocarsi sul mercato del lavoro, specialmente se non sono più giovani. Qui, però, ci concentriamo soprattutto su coloro che potrebbero ottenere un impiego, ma non si adoperano in tal senso e restano inerti: nonostante i titoli di studio posseduti o le capacità professionali conseguite, non presentano curriculum, non partecipano a concorsi e selezioni, non formulano proposte di nessun tipo ad eventuali datori di lavoro che potrebbero assumerle.
E intanto l’ex coniuge ogni mese continua a staccare l’assegno di mantenimento, nella misura inizialmente stabilita d’intesa tra le parti o dal giudice; che di solito è consistente, proprio in considerazione dello stato di disoccupazione del beneficiario, e, quindi, del suo bisogno economico. Sono proprio questi i casi in cui si pone in maniera forte la domanda: se l’ex moglie non cerca lavoro, va mantenuta? Vediamo.
Quando bisogna mantenere l’ex moglie?
Il marito deve mantenere l’ex moglie se e fino a quando c’è un rilevante divario economico tra i due ex coniugi. Questo squilibrio si misura in base alla disparità dei rispettivi redditi e patrimoni. Nella maggior parte dei casi, al momento della separazione o del divorzio, è il marito a percepire il reddito più alto, o l’unico reddito, se la moglie è casalinga. Allora, l’assegno di mantenimento viene attribuito per colmare questa sproporzione.
Tuttavia, nella determinazione dell’ammontare spettante c’è una profonda differenza tra l’assegno di mantenimento, che sorge a seguito della separazione coniugale, e l’assegno divorzile. Il primo emolumento è una “misura tampone”, che serve a garantire al beneficiario lo stesso tenore di vita di cui godeva durante il matrimonio;
invece l’assegno divorzile – che ha carattere più stabile, in quanto interviene dopo la cessazione definitiva del matrimonio – deve fornire un aiuto economico all’ex coniuge che non è in grado di mantenersi da sé, autonomamente, con le proprie fonti reddituali e patrimoniali. Ha, quindi, una funzione che la giurisprudenza, dal 2017 in poi, definisce «assistenziale, compensativa e perequativa».
Quando il mantenimento non viene riconosciuto o cessa
Il diritto a percepire l’assegno di mantenimento o divorzile sorge solo a favore dell’ex coniuge al quale la fine dell’unione coniugale non è stata addebitata (per condotte che hanno fatto crollare il rapporto, come l’infedeltà o la mancata assistenza): perciò, chi ha ricevuto la pronuncia giudiziale di addebito non può essere mantenuto.
Inoltre, dopo il divorzio, per avere diritto all’assegno occorre che il beneficiario si trovi in condizioni di inferiorità economica rispetto all’ex coniuge, al punto di non potersi mantenere da solo (come abbiamo visto, dopo il divorzio non si segue più il criterio del precedente tenore di vita). Infine, l’obbligo di corresponsione dell’assegno cessa definitivamente se il beneficiario si risposa o avvia una nuova convivenza di fatto con un altro partner (purché sia stabile e non occasionale).
Mantenimento ex moglie che non lavora: quando spetta?
C’è, poi, un requisito essenziale per poter percepire l’assegno, oltre alla disparità di reddito: chi vanta il diritto al mantenimento deve dimostrare di essere incolpevole della propria non autosufficienza economica. La legge sul divorzio dispone che l’assegno di mantenimento spetta in favore dell’ex coniuge che «non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive».
Dunque, il richiedente mantenimento deve dimostrare la propria «meritevolezza», che si verifica quando, per motivi di età avanzata o di salute, non è più in condizioni di lavorare, o quando ha cercato, inutilmente, di trovare un’occupazione remunerata, ma non vi è riuscito. Un’altra situazione frequente è quella della donna che ha perso contatti e legami con il mondo del lavoro, specialmente se il matrimonio è stato di lunga durata e in questo periodo la moglie si è dedicata esclusivamente alle incombenze domestiche. In sintesi, per avere diritto all’assegno l’incapacità dell’ex coniuge di mantenersi autonomamente non deve dipendere da pigrizia, cattiva volontà o inerzia.
Ex moglie che non cerca lavoro: ha diritto al mantenimento?
Applicando “alla rovescia” i criteri che abbiamo esaminato, l’ex coniuge non ha diritto al mantenimento se è in giovane età, in buona salute ed in possesso di un titolo di studio o qualifiche professionali adeguate: queste caratteristiche agevolano l’inserimento lavorativo (tranne che in zone economicamente depresse o in periodi di crisi occupazionale). Così chi richiede l’assegno deve dimostrare di essersi attivato in modo concreto e volenteroso per cercare un lavoro. Se non vi è riuscito, nonostante gli sforzi, non sarà colpa sua, e avrà comunque diritto al mantenimento.
Le più recenti pronunce della Corte di Cassazione ritengono che il mantenimento non spetta a chi, pur potendolo fare, non si è messo alla ricerca di un impiego. L’ultima ordinanza emessa dalla Suprema Corte ha aggiunto un importante tassello: l’ex moglie che non si è attivata per cercare un lavoro ha comunque diritto al mantenimento, dopo il divorzio, se durante il matrimonio si era occupata della famiglia e della crescita dei figli, così sacrificando le sue aspirazioni professionali.
Tuttavia, nella vicenda esaminata dai giudici di piazza Cavour, l’assegno divorzile è stato tagliato in maniera consistente rispetto alla cifra iniziale, ed è sceso da 1.050 euro a 300 euro mensili. Questa decisione è stata presa in considerazione del fatto che la protratta «inerzia» dell’ex moglie nella ricerca di un lavoro aveva compromesso la «finalità solidaristica» tra gli ex coniugi (che nel ragionamento svolto dalla Corte è alla base del riconoscimento dell’assegno divorzile); dunque, il ricorso proposto dall’ex marito per la riduzione dell’assegno di mantenimento è stato parzialmente accolto, con un abbattimento di più di due terzi rispetto all’importo originariamente stabilito.