Legittimità del controllo sui dipendenti mediante investi…
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Con ordinanza del 14 marzo 2023, la Sezione II Lavoro del Tribunale di Roma ha affrontato il tema delle condizioni di legittimità dei controlli difensivi, svolti mediante investigatore privato, nell’ambito di un procedimento disciplinare terminato con il licenziamento del dipendente.
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi
Cass. 22/9/2021, n. 25732
Cass. 11/6/2018, n. 15094
Cass. 21 settembre 2016, n. 18507
Cass. 3/11/2000, n. 14383
Trib. Venezia, 4/1/2021, n. 1
Trib. Velletri, 5/11/2020, n. 1186
Trib. Latina, 14/2/2012
Difformi
Non si rinvengono precedenti in termini
Con l’ordinanza in commento, la Sezione II Lavoro del Tribunale di Roma si è espressa circa le legittimità del licenziamento disciplinare irrogato a seguito dell’accertamento, mediante intervento di un investigatore privato, di illeciti disciplinari commessi dal dipendente.
In particolare, il Tribunale di Roma afferma che il datore di lavoro, laddove sospetti la perpetrazione di illeciti, può attivare conseguenti controlli, anche mediante il ricorso ad agenzie di investigazione. Infatti, come ribadito dall’ordinanza in commento: “il divieto, per il datore di lavoro, di ricorrere a controlli eseguiti tramite agenzia di investigazione privata, è limitato alla verifica dell’adempimento o dell’inadempimento, da parte del lavoratore, della sua prestazione lavorativa come tale o delle sue modalità di esecuzione”, mentre è legittimo a seguito (anche del solo sospetto) di commissione di illeciti.
La fattispecie
Nella fattispecie oggetto dell’ordinanza in commento, il ricorrente, adisce il Tribunale di Roma al fine di ottenere la declaratoria di illegittimità del licenziamento disciplinare comminato a seguito di controlli svolti sull’attività dello stesso da parte di un’agenzia investigativa.
In particolare, dall’attività investigativa, stimolata da alcune irregolarità riscontrate dall’azienda datrice, emergeva che il dipendente si allontanava frequentemente dal luogo di lavoro, anche per periodi prolungati di tempo, per lo svolgimento di attività personali, falsamente attestando gli orari di lavoro svolti e spesso indicando anche la falsa effettuazione di straordinari.
Sulla scorta di tale accertamento, la datrice avviava un procedimento disciplinare culminato nel licenziamento del dipendente.
Quest’ultimo impugnava il licenziamento sostenendo che:
1) la datrice avrebbe fatto abusivo ricorso al controllo attraverso investigatori privati;
2) i fatti contestati fossero inesistenti o comunque contestati tardivamente; e
3) le condotte rientrano tra quelle punibili con sanzione conservativa o comunque che la sanzione espulsiva fosse sproporzionata.
Il Tribunale rigetta il ricorso e afferma la legittimità del provvedimento espulsivo, soffermandosi in particolare sulle condizioni di liceità dei controlli difensivi.
Sulle condizioni di legittimità dei c.d. controlli difensivi
Secondo costante giurisprudenza, sono consentiti i controlli (anche tecnologici) posti in essere dal datore di lavoro finalizzati ad evitare comportamenti illeciti, in presenza di un fondato sospetto circa l’effettiva commissione dell’illecito, purché sia assicurato un corretto bilanciamento tra le esigenze aziendali e la tutela della dignità e della riservatezza del lavoratore, sempre che il controllo riguardi dati acquisiti successivamente all’insorgere del sospetto. Laddove queste condizioni non ricorrano, la verifica della utilizzabilità a fini disciplinari dei dati raccolti dal datore di lavoro andrà condotta alla stregua dell’
art. 4,
- n. 300/1970 (cfr. ex multis,
Cass. 22/9/2021, n. 25732).
In linea con questa impostazione, viene ritenuto legittimo il ricorso ad agenzie investigative, purché il relativo accertamento non sia mirato al controllo circa l’adempimento o meno dell’obbligazione contrattuale del lavoratore, essendo l’inadempimento stesso, al pari dell’adempimento, riconducibile all’attività lavorativa, sottratta alla suddetta vigilanza. Tale controllo deve, quindi, limitarsi agli atti illeciti del lavoratore non riconducibili al mero inadempimento dell’obbligazione (
Cass. 11/6/2018, n. 15094).
L’ordinanza in commento si allinea a questo principio sottolineando che i controlli effettuati in concreto:
– non erano relativi verifica dell’adempimento o meno, da parte del lavoratore, della sua prestazione lavorativa o alle relative modalità;
– erano mirati a verificare la realizzazione di comportamenti illeciti da parte del lavoratore, a seguito di giustificato sospetto, da parte del datore, circa la commissione di illeciti ancora in corso.
Stanti tali condizioni, il controllo effettuato mediante agenzia investigativa è legittimo e i dati così raccolti possono essere oggetto di sanzione disciplinare.
Accertata la legittimità delle modalità di raccolta dei dati, il Giudice riconosce come il provvedimento fosse da ritenersi anche tempestivo. Viene valorizzata, infatti, la difficoltà concreta nell’accertamento delle condotte, nonché la necessità per il datore di estendere i controlli per un periodo rilevante di tempo, trattandosi di condotte la cui gravità è apprezzabile soprattutto laddove ripetute e protratte.
Infine, viene rilevata anche la fondatezza delle condotte contestate e la gravità delle stesse (i.e., ripetute assenze ingiustificate e false attestazioni dell’orario di lavoro), tali da integrare una significativa violazione dei doveri di diligenza e fedeltà del lavoratore. Il ricorso del lavoratore viene, quindi, rigettato.