La dipendente ha la lombalgia, ma viene sorpresa dal detective mentre fa la cameriera al pub: il datore può licenziarla?
Il costo della vita è percettibilmente lievitato, dacché l’inflazione tuttora in atto ha drasticamente ridotto il potere d’acquisto di singoli e famiglie: in termini più semplici, gli stipendi sembrano non bastare più a garantire un effettivo sostentamento.
Ad accrescere la dose d’incertezza v’è, poi, il disaccordo tra le forze politiche in merito all’applicazione dell’art. 36 Cost., in ossequio al quale la retribuzione deve assicurare un’esistenza dignitosa: questa…continua Babele (salario minimo sì, salario minimo no) incrementa lo sconforto in capo ai Cittadini.
Ma se un lavoratore in malattia lavora la sera può essere licenziato? Se, dopo aver prodotto al datore un certificato attestante l’insorgenza di una lombalgia, viene sorpreso prendere le ordinazioni in un pub, rischia il posto di lavoro laddove si dichiari costretto a farlo per assicurarsi un pasto in più? Andiamolo a scoprire assieme!
Indice
* Il contratto di lavoro dipendente: quali doveri?
* Cos’è l’obbligo di fedeltà?
* Com’è tutelato il lavoratore malato?
* Lavoratrice con lombalgia sorpresa a far la cameriera altrove: va licenziata?
Il contratto di lavoro dipendente: quali doveri?
Per «lavoratore», secondo l’art. 2094 del Codice Civile, s’intende in quel soggetto che, dietro corrispettivo (la retribuzione), si obbliga a svolgere una determinata attività alle dipendenze e sotto la direzione di un’altra persona (sia essa un privato, un’azienda od una Pubblica Amministrazione), che prende il nome di datore.
Va poi osservato che l’art. 36 Cost., statuisce espressamente che il prestatore ha diritto ad una retribuzione che sia proporzionata tanto alla qualità, quanto alla quantità del lavoro prestato in favore d’altri, dimodoché egli, unitamente alla sua famiglia, possa vivere dignitosamente.
Leggendo in combinato disposto il tenore dei due articoli surrichiamati, ci si accorge con facilità che il contratto di lavoro dipendente ha natura sinallagmatica (cioè, è a prestazioni corrispettive): infatti, se, da una parte, il lavoratore deve profondere il massimo dell’impegno nell’eseguire la prestazione, dall’altro la parte datoriale è tenuta non solo a retribuirlo, ma anche a salvaguardarne l’integrità fisica e la dignità morale.
Cos’è l’obbligo di fedeltà?
Tra i doveri cui deve assolvere il lavoratore si annovera quello fedeltà: esso trova la sua fonte nell’articolo 2105 del Codice Civile, che impone al soggetto in questione di astenersi dal trattare – anche per conto di soggetti terzi – affari in concorrenza con l’azienda ove presta servizio, nonché dal diffondere notizie riservate della stessa: esemplificando, se Paul lavorasse come capo del personale di sartoria presso la fabbrica tessile VolaVola, giammai potrebbe mettersi d’accordo con Nora per confezionare abiti per conto di quest’ultima, né tantomeno riferire ad altri informazioni «top secret» inerenti all’organizzazione ed ai metodi produttivi della pasticceria ove presta servizio.
Se il prestatore contravviene a tale obbligo, il datore non solo potrà applicargli una sanzione disciplinare (che può identificarsi, nei casi di maggior gravità, nel licenziamento per giusta causa) [1].
Com’è tutelato il lavoratore malato?
Nell’ipotesi in cui il lavoratore accusi un qualsiasi malessere, per esempio una febbre od una lombalgia, avrà pieno diritto – informando tempestivamente il proprio datore – di restare a casa senza perdere il posto: si tratta, invero, di una «tutela forte» che fa da contrappeso alla debolezza che contraddistingue il soggetto in questione nell’ambito del rapporto lavorativo, poiché impedisce al «capo» di licenziarlo per il solo fatto di non poter svolgere la prestazione per un determinato intervallo temporale.
Esiste, tuttavia, un tempo massimo di non lavoro oltre il quale il recesso datoriale è possibile: trattasi del periodo di comporto, il quale, a tenore dell’art. 2110 c.c., è stabilito dalla Legge o dalla contrattazione collettiva.
Il dipendente ammalato, quindi, non solo dovrà avvisare prontamente il datore, ma anche trasmettere a quest’ultima il numero di protocollo del certificato rilasciatogli dal Medico di Base, ovvero da un suo omologo afferente al Servizio Sanitario Nazionale (SSN) – documento che viene poi trasmesso all’INPS – e, soprattutto, a rendersi reperibile per la visita medica di controllo [2], la quale ultima – tanto per i dipendenti del settore privato quanto per chi afferisce ad una Pubblica Amministrazione [3] – dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 17:00 alle 19:00, anche nei giorni festivi [4].
Adempiuti gli obblighi sinora descritti, al lavoratore saranno dovute, a seconda dei casi, la retribuzione od un’indennità [5].
Lavoratrice con lombalgia sorpresa a far la cameriera altrove: va licenziata?
Supponiamo che una lavoratrice, dopo aver trasmesso al datore un certificato attestante una condizione di lombalgia acuta con prognosi di tre giorni, vada pian pianino migliorando: per tal ragione, costei, con l’intento di portare a casa qualche soldino in più, prende accordi con il pub sito nei dintorni di casa, il cui titolare decide di impiegarla come cameriera notturna.
Ma un comportamento del genere è lecito, oppure no?
La giurisprudenza, con un recente arresto, ha rammentato che il prestatore di lavoro dipendente è obbligato, in ogni caso, ad astenersi da condotte suscettibili di pregiudicare la guarigione (ed il conseguente rientro in servizio) [6].
Il lavoro di sala all’interno dei ristoranti non si svolge certamente da seduti, richiedendo, al contrario, un enorme dispendio di energie: ne deriva, quindi, che la dipendente sorpresa a servire ai tavoli durante lo stato di malattia viene meno al dovere di correttezza e buona fede posto a carico di chiunque sia parte di un accordo contrattuale e, pertanto, va licenziata «in tronco».
Fonte i