La Consulta estende i confini della consulenza tecnica preventiva
La Corte afferma che la mancata applicazione della misura ex art. 696-bis c.p.c. a tutti i crediti derivanti da ogni atto o fatto idoneo a produrli in conformità all’ordinamento giuridico, dà luogo ad una differenziazione priva di ragionevole giustificazione
* Cosa prevede l’art. 696-bis c.p.c.
* La questione di legittimità costituzionale
* Che cosa ha detto la Corte Costituzionale
Cosa prevede l’art. 696-bis c.p.c.
Prima di passare all’esame della questione di legittimità posta all’attenzione della Consulta, di seguito si riporta una breve descrizione della consulenza tecnica preventiva di cui all’art. 696-bis c.p.c., avente ad oggetto l’accertamento e la determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni derivanti da contratto o da fatto illecito. Tale disposizione attribuisce, in particolare, al consulente tecnico nominato dal giudice il compito di promuovere la definizione concordata della lite. Se la conciliazione è raggiunta tra le parti, il giudice competente attribuisce all’accordo transattivo efficacia di titolo esecutivo.
In questo senso la consulenza tecnica preventiva assume natura e funzione di strumento di composizione bonaria della lite.
La questione di legittimità costituzionale
La vicenda prende avvio dal dubbio di legittimità costituzionale sollevato dal Tribunale di Bari in ordine all’art. 696-bis, primo comma, primo periodo c.p.c. “nella parte in cui non prevede che l’espletamento della consulenza tecnica in via preventiva possa essere richiesto ai fini dell’accertamento e della determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione, oltre che di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito, di obbligazioni derivanti da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico”. Ad avviso del rimettente, spiega il Giudice delle leggi, tale previsione “contrasterebbe con l’art. 3 Cost., in quanto, escludendo irragionevolmente detta ultima categoria di crediti – i quali, al pari di quelli nascenti dal contratto o dal fatto illecito, sono coessenziali alla «realizzazione del sistema dei diritti» -, si risolverebbe in «un’evidente aporia, o comunque in un’incoerenza interna dell’istituto”. Secondo il Tribunale rimettente sarebbe inoltre “violato l’art. 24 Cost., in quanto l’ingiustificata restrizione dell’ambito applicativo del procedimento ex art. 696-bis cod. proc. civ. soltanto ad alcune categorie di crediti inciderebbe negativamente «sulla pienezza del potere di agire in giudizio» dei titolari dei diritti esclusi, i quali restano privi di uno strumento alternativo all’ordinaria tutela giurisdizionale – nonché «ad essa eventualmente preordinato (laddove non sia raggiunta la conciliazione)» -, che ne consentirebbe una più pronta ed efficace realizzazione”.
Che cosa ha detto la Corte Costituzionale
La Consulta, investita della questione di legittimità costituzionale sopra rappresentata, con sentenza n. 222/2023 (sotto allegata), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 696-bis, primo comma, primo periodo, del codice di procedura civile nella parte in cui dopo le parole «da fatto illecito» non prevede «o da ogni altro atto o fatto idoneo a produrli in conformità dell’ordinamento giuridico», per le ragioni di seguito esposte.
Il Giudice delle leggi, dopo essersi soffermato sulla natura e sulla funzione dell’istituto di cui all’art. 696-bis c.p.c., ha anzitutto condiviso le conclusioni formulate dal Giudice rimettente, il quale aveva evidenziato l’impossibilità di “sperimentare una interpretazione costituzionalmente orientata che implichi l’espansione semantica o l’applicazione analogica della disposizione oggetto di censura”. In questo senso, prosegue la Corte, il “campo di applicazione privilegiato della consulenza conciliativa sarebbe, quindi, da individuarsi nelle liti relative alla esecuzione di contratti (…) ovvero in quelle in materia di responsabilità civile”.
Sulla scorta di quanto sopra rappresentato, nonché il ragione della natura e dalla funzione dell’istituto di cui all’art. 696-bis c.p.c., la Consulta ha dunque ritenuto che “la consulenza tecnica preventiva per i soli crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni di fonte contrattuale o da fatto illecito, e non anche per tutti i diritti di credito derivanti da ogni altro atto o fatto idoneo a produrli in conformità dell’ordinamento giuridico, secondo la indicazione fornita dall’art. 1173 cod. civ., dà luogo ad una differenziazione priva di una ragionevole giustificazione e alla violazione, in danno dei titolari dei crediti esclusi, della garanzia ex art. 24 Cost., cui non osta l’ampia discrezionalità del legislatore in ambito processuale, che pure questa Corte ha più volte affermato. 6.1.- Deve, pertanto, essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 696-bis, primo comma, primo periodo, cod. proc. civ., per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui dopo le parole «da fatto illecito» non prevede «o da ogni altro atto o fatto idoneo a produrli in conformità dell’ordinamento giuridico”.
Scarica pdf Corte Cost. n. 222/2023