La Cassazione: va punito «chi ha la piena consapevolezza del sinistro e delle sue potenzialità lesive per le persone coinvolte ma non si ferma dopo il colpo.»
Come ha avuto modo di ribadire la Cassazione in una recente sentenza, l’automobilista può essere punito non tanto per il colpo allo specchietto ma per il fatto di non essersi fermato a verificare se l’urto ha provocato qualche danno a chi si trovava a bordo dell’altra macchina. Non sarebbe la prima volta, infatti, che un piccolo incidente come quello rischia di trasformarsi in tragedia o, comunque, di causare delle lesioni. Vediamo qual è il ragionamento della Suprema Corte.
Urto allo specchietto: cosa dice il Codice della strada?
Non esiste una norma che parli in modo specifico di cosa succede nell’urtare lo specchietto di un’altra auto. Ma c’è un articolo del Codice della strada, il numero 189, che parla in modo inequivocabile di quello che un automobilista deve fare quando provoca un incidente, pur banale che possa sembrare, come un piccolo tamponamento o, appunto, un colpo a uno specchietto quando si va a una certa velocità.
Dice il Codice: «L’utente della strada, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, ha l’obbligo di fermarsi e di prestare l’assistenza occorrente a coloro che, eventualmente, abbiano subito danno alla persona».
Prima cosa, dunque: c’è l’obbligo di fermarsi sempre e comunque, anche quando «ci sembra» di non avere fatto dei grossi danni. Questo perché – come, infatti, precisa la norma – l’automobilista è tenuto ad assistere coloro che «eventualmente» abbiano subìto un danno. Quel «eventualmente» inserito dal Codice significa che chi si trova a bordo dell’altra macchina potrebbe o non potrebbe essersi fatto male ma che bisogna, comunque, fermarsi per verificarlo.
Più avanti si legge ancora: «Chiunque, in caso di incidente con danno alle persone, non ottempera all’obbligo di fermarsi, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Si applica la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a tre anni».
Urto allo specchietto: quando diventa reato?
Come abbiamo visto, il Codice prevede la reclusione per chi provoca un incidente e non si ferma a verificare se ci sono state delle conseguenze per le persone coinvolte e se hanno bisogno di assistenza. Non dice «incidente grave o «banale incidente», non usa aggettivi in questo caso la normativa. Parla di «incidente» e punto.
Ed è qui che la Cassazione ribadisce il concetto: urtare lo specchietto di un’altra auto e proseguire la corsa pensando di non avere causato un danno è reato. Lo diventa nel momento in cui si è consapevoli di avere colpito una parte di un altro veicolo ma si fa finta di niente, trascurando il fatto che, almeno in teoria, qualcuno avrebbe potuto farsi male. Si pensi, ad esempio, a chi guida d’estate con il finestrino abbassato e si vede arrivare in faccia lo specchietto in frantumi o – ancor peggio – il pezzo di vetro intero che si sgancia dal supporto. Oltre ad eventuali tagli sul viso, lo spavento può far fare al conducente qualche manovra azzardata che finisce per provocare un incidente ben più grave.
Pertanto, il reato scatta nel momento in cui chi ha provocato l’urto non si ferma, non tanto per avere colpito uno specchietto (per i danni materiali, infatti, si risponde con una sanzione amministrativa in quanto rientrano nella violazione al Codice della strada), ignorando quello che la sentenza definisce «la piena consapevolezza del sinistro e delle sue potenzialità lesive per le persone coinvolte». Non a caso, la Suprema Corte parla di «reato omissivo di pericolo, il cui elemento materiale consiste nell’allontanamento dell’agente dal luogo dell’investimento così da impedire o comunque ostacolare l’accertamento della propria identità personale, l’individuazione del veicolo investitore e la ricostruzione delle modalità dell’incidente».
In estrema sintesi: anche in caso di incidente apparentemente banale, come urtare lo specchietto di un’altra auto, è reato nel momento in cui chi l’ha provocato è consapevole del sinistro ma non si ferma, pur sapendo che, potenzialmente, può avere ferito qualcuno.