Investigatore Privato_Sentenze: reato di maltrattamenti in famiglia;

Sentenze: reato di maltrattamenti in famiglia; condotte vessatorie contro il coniuge non più convivente.

 

Condotte vessatorie

Le condotte vessatorie realizzate in caso di cessazione della convivenza con la vittima, sia nel caso di separazione legale o di divorzio, sia nel caso di interruzione della convivenza allorché si tratti di relazione di fatto, integrano il reato di maltrattamenti in famiglia e non anche quello di atti persecutori, allorché i vincoli di solidarietà derivanti dal precedente rapporto intercorso tra le parti non più conviventi, nascenti dal coniugio, dalla relazione more uxorio o dalla filiazione, permangano integri o comunque solidi ed abituali nonostante il venir meno della convivenza.

Cassazione penale sez. VI, 19/05/2021, n.30129

Maltrattamenti in famiglia o minaccia aggravata: casistica

Una minaccia proferita sotto casa de dell’ex coniuge in un contesto di grave acredine e conflittualità tra le parti, brandendo una spranga, considerata la relazione interpersonale esistente tra le parti e del turbamento psichico provocato nella p.o. spinta a chiedere l’intervento delle forze dell’ordine, configura il reato di cui all’art. 612 co. 2, non già il reato di maltrattamenti in famiglia.

Tribunale Napoli sez. V, 16/04/2021, n.3406

Maltrattamenti in famiglia e durata della convivenza dopo il divorzio

Il reato di maltrattamenti contro familiari o conviventi è configurabile nell’ipotesi in cui i maltrattamenti siano posti in essere dal marito nei confronti dell’ex moglie, non rilevando in sé e per sé la durata della convivenza tra i due dopo il divorzio, quanto piuttosto l’esistenza di una stabile relazione affettiva tra l’imputato e la persona offesa, relazione che ha creato reciproco affidamento e aspettative di assistenza, protezione e solidarietà.

Cassazione penale sez. VI, 22/02/2018, n.19868

Reato di maltrattamenti in famiglia: quando può configurarsi?

Il reato di maltrattamenti in famiglia è integrato anche quando non vi sia più la convivenza, laddove siano condotte violente minacciose idonee ad un regime di vita penoso.

Nel caso specie, il marito non solo aveva lasciato il lavoro, ingiuriato e minacciato di morte e la ex moglie cercandola vessandola nel luogo, vessandola ed umiliandola anche dinnanzi ai figli ai minori, ma l’aveva lasciata priva di sostentamento economico per sé e per i figli.

Tribunale Chieti, 13/09/2018, n.992

Divorzio: è configurabile il reato di atti persecutori o anche quello di maltrattamenti?

In materia di rapporti tra il reato di maltrattamenti in famiglia e quello di atti persecutori di cui all’art. 612 -bis, comma 2 cod. pen., è configurabile l’ipotesi aggravata del reato di atti persecutori (prevista dall’art. 612 -bis, comma secondo, cod. pen.) in presenza di comportamenti che, sorti nell’ambito di una comunità familiare (o a questa assimilata), ovvero determinati dalla sua esistenza e sviluppo, esulino dalla fattispecie dei maltrattamenti per la sopravvenuta cessazione del vincolo familiare ed affettivo, o comunque della sua attualità temporale.

Con la precisazione che ciò può valere, in particolare, in caso di divorzio, ravvisandosi viceversa il reato di maltrattamenti in caso di condotta posta in essere in presenza di una separazione legale o di fatto che non vale a porre nel nulla i doveri di rispetto reciproco, assistenza morale e materiale, e di solidarietà nascenti dal rapporto coniugale e in presenza di una situazione, diffusamente richiamata nell’ordinanza impugnata, caratterizzata dalle reiterate e abituali sofferenze fisiche e morali inferte dall’indagato alla moglie e dallo status di vessazione psicologica che ne è scaturito.

Cassazione penale sez. VI, 01/02/2017, n.10932

Configurabilità del reato di maltrattamenti

Con l’intervenuto divorzio, cui non segua – come nella specie non è seguita – alcuna ricomposizione di una relazione e consuetudine di vita improntata a rapporti di assistenza e solidarietà reciproche, deve ritenersi cessato ogni presupposto per la configurabilità del reato di maltrattamenti.

Cassazione penale sez. VI, 12/06/2013, n.50333

Protezione contro gli abusi familiari

Solo la celebrazione dell’udienza di comparizione davanti al Presidente ex art. 706 c.p.c. o ex art. 4 l. n. 898 del 1970 preclude l’accoglimento del ricorso per la protezione contro gli abusi familiari. Ne deriva che, ove tale udienza non si sia tenuta, la domanda prevista dall’art. 342 bis c.c. è senz’altro ammissibile, nonostante la contemporanea o la previa proposizione del ricorso per separazione personale o per divorzio.

Tribunale Bari, 18/07/2002

Riconoscimento della sentenza straniera

L’applicazione al rapporto controverso, da parte del giudice straniero, di una legge diversa da quella indicata dalle norme italiane di diritto internazionale privato non osta al riconoscimento della sentenza straniera, purché questa non sia contraria all’ordine pubblico; di questo principio è espressione l’art. 4 della convenzione italo-tedesca 9 marzo 1936 (resa esecutiva con l. 14 gennaio 1937 n. 106 e lasciata in vigore, per la materia matrimoniale, dall’art. 55 della convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, resa esecutiva con l. 21 giugno 1971 n. 804), secondo cui la non applicazione della legge di cittadinanza della parte non impedisce il riconoscimento della sentenza straniera che risulti egualmente fondata alla stregua di detta legge; può essere, pertanto, riconosciuta in Italia la sentenza tedesca che abbia sciolto un matrimonio tra cittadini italiani per maltrattamenti, non applicando – come vuole l’art. 17 preleggi – l’art. 3 della legge italiana di divorzio n. 898 del 1970, richiedente la condanna penale in conseguenza dei maltrattamenti, poiché detta sentenza tedesca è pur sempre fondata su cause gravi e obiettive, prefigurate dalla legge e sintomatiche di un irrimediabile disfacimento della comunione coniugale.

Cassazione civile sez. I, 28/07/1977, n.3361

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