Investigatore privato_Non commette stalking la suocera spiona

Per la Cassazione, il reato di atti persecutori non è integrato dalla condotta della suocera spiona e offensiva se la nuora prova solo fastidio o irritazione

Non basta la sensazione di fastidio o di mera insofferenza a realizzare l’evento necessario a integrare il reato di atti persecutori contemplato dall’art. 612 bis c.p. A precisarlo la Cassazione con la sentenza n. 2555/2021, emessa a chiusura della vicenda che si va a illustrare.

Il difensore di due anziani ricorre in Tribunale per chiedere il riesame dell’ordinanza con cui il G.i.p ha disposto nei confronti dei suoi assistiti la misura cautelare del divieto di avvicinamento alla persona offesa, per il reato di atti persecutori. Il Tribunale però rigetta l’istanza.

 

Insofferenza e fastidio non bastano per ritenere integrato il reato di stalking

 

L’avvocato della coppia non si arrende e ricorre in Cassazione in quanto il Tribunale, nel rigettare l’istanza di riesame, non ha motivato per quale ragione la condotta dell’anziana donna, accusata di pronunciare frasi ingiuriose nei confronti della nuora, residente al piano inferiore e di tentare di spiarla dalle finestre, è stata ritenuta capace d’ingenerare uno degli eventi contemplati dall’art. 612 bis c.p., che disciplina il reato di stalking, soprattutto alla luce dell’età avanzata e della disabilità dell’uomo.

Il mero fastidio o l’insofferenza per detti comportamenti infatti non paiono sufficienti a integrare gli eventi previsti dal reato di atti persecutori, che richiede, per la sua configurabilità, la causazione di un “un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.”

 

Quando è integrato il reato di atti persecutori

 

La Corte di Cassazione si pronuncia sul ricorso del difensore degli anziani suoceri accogliendolo, perché fondato, disponendo l’annullamento dell’ordinanza con rinvio per un nuovo esame.

Prima di dare la propria motivazione però ripercorre la vicenda, che ha inizio quando il figlio dei due anziani e la moglie si separano. Evento a cui segue il divieto di avvicinamento dell’uomo alla ex moglie e alle figlie. Situazione che indispettisce i due anziani genitori. La suocera, che abita nello stesso stabile della nuora, al piano superiore, ritenendo la ex nuora responsabile dei problemi giudiziari de figlio, inizia infatti a pronunciare frasi ingiuriose e minacciose nei suoi confronti e tenta di spiare i suoi movimenti dalla finestra.

Per la Cassazione il Tribunale però è incorso in evidenti errori di valutazione. Non ha infatti approfondito abbastanza la portata minacciosa e persecutoria delle frasi che la nuora ha udito dal proprio appartamento e che sarebbero state pronunciate dalla suocera, forse solo per sfogarsi.
Il Tribunale inoltre non ha appurato se le condotte attribuite agli anziani abbiano effettivamente e concretamente prodotto ansia o paura nella persona offesa in misura tale da modificare le sue abitudini.

La Cassazione ricorda infatti che il reato di atti persecutori è integrato quando cagiona alla persona offesa un grave e duraturo stato di ansia o di paura che deve essere ancorato a “elementi sintomatici di tale turbamento psicologico ricavabili dalle dichiarazioni della stessa vittima del reato, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall’agente ed anche da quest’ultima, considerando tanto la astratta idoneità a causare l’evento, quanto il suo profilo concreto in riferimento alle effettive condizioni di luogo e di tempo in cui è stata consumata.”

La Corte precisa inoltre come la prova nel nesso di causa tra atti persecutori e ansia o paura non è dimostrato dall’evento. Occorre provare specificamente e concretamente sia la condotta dell’agente che i mutamenti che questa ha prodotto nella vita della vittima.

Nel caso di specie non c’è stato nessun approfondimento sullo stato psicologico della ex nuora, considerato sussistente in re ipsa, solo sulla base dell’astratta idoneità delle condotte a provocare l’evento. Nessuna prova è stata fornita infatti sul suo stato d’ansia, precisando che non occorre dimostrare uno spato patologico, è infatti sufficiente provare che gli atti persecutori hanno avuto un effetto destabilizzante sulla serenità e sull’equilibrio psicologico della vittima. Conseguenze che in questo caso non si sono prodotte, visto che la nuora di fatto ha provato solo irritazione e insofferenza.

Il turbamento in sostanza, ai fini del reato di cui all’art. 612 bis c.p., deve essere grave e perdurante, ossia rilevante, non bastando la mera irritazione o un senso di fastidio a integrare l’evento tipico degli atti persecutori.

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