Investigatore Privato_Divorzio breve: tempi e procedimenti

Divorzio breve: tempi e procedimenti

Tecnicamente, il divorzio è un procedimento che decreta lo scioglimento definitivo del matrimonio civile o la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario. Più semplicemente, il divorzio segna la fine dell’unione coniugale e consente di riacquistare lo stato libero, ossia la possibilità di sposarsi nuovamente con il rito civile. Quindi, una volta pronunciata la separazione giudiziale con sentenza passata in giudicato o è stata omologata la separazione consensuale si può chiedere il divorzio.

Cosa vuol dire divorzio breve? Tale espressione fa riferimento principalmente alle tempistiche che devono intercorrere tra la separazione e il divorzio. In passato, per divorziare dovevano passare tre anni consecutivi. Oggi, invece, i tempi si sono notevolmente ridotti, in particolare occorrono:

  • 12 mesi: in caso di separazione giudiziale;
  • 6 mesi: in caso di separazione consensuale (o se da giudiziale si è trasformata in consensuale) oppure se i coniugi si sono separati in Comune o con la negoziazione assistita.

I suddetti termini iniziano a decorrere – in caso di separazione giudiziale o consensuale – dalla data della prima udienza in cui le parti sono comparse dinanzi al presidente del tribunale per il tentativo di conciliazione.

Se invece la separazione è avvenuta in Comune o con la negoziazione assistita, il termine di 6 mesi decorre, rispettivamente, dalla data dell’atto contenente l’accordo di separazione concluso dinanzi all’ufficiale di Stato civile e dalla data certificata nell’accordo di separazione raggiunto con l’assistenza degli avvocati.

modalità con cui chiedere il divorzio. Possiamo distinguere:

  •  il divorzio consensuale: se tutti e due i coniugi si accordano sul mantenimento, sull’assegnazione della casa familiare, sull’affidamento dei figli minori, ecc. La procedura prevede il deposito di un ricorso congiunto in tribunale. I coniugi verranno poi convocati in udienza per il tentativo di conciliazione che, se fallisce, porterà il giudice a omologare l’accordo;
  •  il divorzio giudiziale: nel caso in cui i coniugi non riescano a trovare un’intesa, uno dei due può depositare il ricorso in tribunale e chiedere il divorzio. In pratica, si tratta di una vera e propria causa, dai tempi abbastanza lunghi, in cui il giudice è chiamato ad accertare che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può più essere mantenuta o ricostituita.

Tuttavia, i coniugi hanno facoltà di non andare dal giudice, ma di optare per la negoziazione assistita da avvocati o per una dichiarazione in Comune davanti all’ufficiale di Stato civile.

Lo strumento della negoziazione prevede che i coniugi, con l’assistenza di un avvocato per parte, raggiungano un accordo per regolamentare i loro rapporti. L’accordo va trasmesso al pubblico ministero, il quale può concedere il nulla osta oppure rigettarlo se rileva delle irregolarità. In quest’ultimo caso, le parti possono trovare un’intesa o procedere in tribunale.

Se invece si vuole andare ancora più spediti e risparmiare un po’ di soldi, allora c’è un’altra possibilità: il divorzio davanti all’ufficiale di Stato civile. In questo caso, non sono necessari gli avvocati, ma è sufficiente che i coniugi dichiarino al sindaco la volontà di divorziare. Entro trenta giorni, gli stessi saranno riconvocati per confermare la loro volontà.

Attenzione però: tali procedure alternative, seppur veloci ed economiche, sono riservate esclusivamente alle coppie sposate che non abbiano figli minorenni o maggiorenni incapaci o portatori di handicap ovvero economicamente non autosufficienti. Inoltre, il divorzio dinanzi all’ufficiale di Stato civile è ammesso a condizione che la dichiarazione non contenga patti di trasferimento patrimoniale.

Divorzio breve: quali conseguenze?

Una volta pronunciato il divorzio, come già detto, cessano gli effetti del matrimonio e gli ex coniugi riacquistano lo stato libero.

Quanto ai figli, i genitori devono provvedere al loro mantenimento, alla loro educazione e alla loro istruzione in base al proprio reddito.

Inoltre, l’ex moglie perde il diritto di utilizzare il cognome del marito. Tuttavia, se dimostra che tale utilizzo è legato ad un interesse meritevole di tutela per sé o per i figli, allora può essere autorizzata dal giudice a continuare a usarlo (pensa, ad esempio, all’ex moglie pediatra che è conosciuta nell’ambiente professionale con il cognome del marito). Ma non è tutto.

All’ex coniuge economicamente più debole può essere riconosciuto l’assegno divorzile, una quota del Tfr e la pensione di reversibilità dell’altro. Tutti questi diritti si perdono qualora il beneficiario contragga un altro matrimonio o raggiunga l’indipendenza economica.

 

Articolo precedente
Investigatore Privato_I genitori devono controllare pc e smartphone dei figli adolescenti
Articolo successivo
Investigatore Privato_L’ex moglie è depressa: ha diritto all’assegno divorzile
Menu