Non mandare troppi messaggi: anche i comportamenti assillanti a distanza rientrano nel reato di molestie.
È possibile presentare una denuncia per messaggi WhatsApp tutte le volte in cui si è vittima di un comportamento petulante e ossessivo, quando il testo ha un contenuto minaccioso o talmente asfissiante da determinare uno stato di ansia o di timore nel destinatario. In questi casi, scattano tre diversi reati: quello di molestie, quello di minaccia e quello di stalking.
In realtà, più che di denuncia bisogna parlare di querela. Anche se i due atti hanno il medesimo contenuto, dal punto di vista processuale la differenza è notevole: la querela vale per i reati perseguibili ad istanza di parte mentre la denuncia per quelli procedibili anche d’ufficio.
Vediamo meglio come comportarsi in tali frangenti.
Denuncia per messaggi WhatsApp: il reato di molestie
L’articolo 660 del Codice penale condanna con l’arresto fino a 6 mesi o con l’ammenda fino a 516 euro chiunque, tramite il telefono, per petulanza o altro biasimevole motivo, molesta o disturba qualcuno.
Si è posto il problema se tale norma potesse applicarsi anche in caso di invio di sms, mms e messaggi WhatsApp o tramite altre chat. Il dubbio è sorto perché le norme penali non possono essere interpretate in via analogica: il dato letterale è quindi essenziale e definisce l’unica condotta punibile.
La Cassazione però ha di recente esteso l’applicazione del reato di molestie anche ai messaggi tramite cellulare. Questo perché scopo dell’art. 660 del Codice penale è tutelare la quiete pubblica e non la libertà di comunicazione del destinatario del telefono. Pertanto rientrano, nell’ambito delle turbative realizzate tramite telefono, tutte le condotte che si connotano per l’elevato carattere di invasività nella sfera del ricevente. Ne deriva, allora, che qualunque tipo di messaggio telefonico o telematico (e, pertanto, anche le chat che sfruttano la rete Internet) è idoneo a integrare il reato di molestie, in quanto immediatamente percepibile dal destinatario.
Per la stessa ragione, in passato, la Cassazione ha escluso che l’invio assillante di e-mail potesse configurare il reato di molestie atteso che le stesse non vengono immediatamente rilevate dal destinatario se non accedendo all’app ed, inoltre, possono anche essere cestinate direttamente senza essere lette.
Denuncia per messaggi WhatsApp: la minaccia
Anche un solo messaggio può integrare il reato di minaccia se il suo contenuto è idoneo a intimorire un destinatario medio. Il male minacciato deve dipendere dal mittente e non da terzi o dal caso; pertanto, scrivere “ti auguro di morire” non è reato ma lo è “ti ucciderò”; non lo è neanche l’sms con la scritta “spero tu possa ammalarti e soffrire” ma lo è “ti faccio male”.
Denuncia per messaggi WhatsApp: lo stalking
La più grave delle condotte che si possono realizzare tramite il cellulare è lo stalking. Questo reato si verifica tutte le volte in cui, a prescindere dal numero di messaggi – che comunque deve essere reiterato – la vittima subisce un forte stress emotivo, o quando è portata a temere per l’incolumità propria o dei propri cari o quando è costretta a cambiare le proprie abitudini di vita (cambiare strada per tornare a casa, cambiare numero di telefono e così via). Lo stalking quindi si identifica, piuttosto che nella condotta del reo, per le conseguenze che quest’ultima ha determinato sulla vittima.
Come si presenta la querela?
La denuncia-querela può essere presentata direttamente dalla vittima o, se minorenne, dai suoi genitori.
La denuncia-querela per messaggi WhatsApp può essere presentata presso il comando più vicino della polizia postale, della polizia di Stato o dei Carabinieri. In ultimo, è possibile presentare l’atto presso la Procura della Repubblica.
Lo screenshot fa prova
La prova può essere fornita tramite gli screenshot, ormai ammessi nel processo sia civile che penale per dimostrare la condotta illecita.
Le indagini e il processo
A seguito del deposito dell’atto di denuncia-querela partiranno le indagini che possono protrarsi da sei mesi a un anno. Dopodiché il pm, raccolte le prove, formulerà un capo di imputazione e chiederà il rinvio a giudizio dell’indagato. Nel caso venga accolto si passa al processo vero e proprio.
Il risarcimento del danno
Alla vittima è consentito costituirsi parte civile nel processo penale a mezzo di un avvocato per chiedere una condanna provvisionale al risarcimento, da quantificare successivamente poi dinanzi al giudice civile in un autonomo e ulteriore giudizio.