Investigatore privato_Assegno divorzile alla ex che ha fatto rinunce per la famiglia

Per la Cassazione, l’assegno di divorzio va riconosciuto alla ex che ha fatto sacrifici per la famiglia perché la misura ha anche una funzione perequativo-compensativa

L’assegno divorzile ha una funzione assistenziale ma anche perequativo – compensativa per compensare le rinunce fatte durante il matrimonio dal coniuge più debole economicamente.

Nella vicenda posta all’attenzione della Cassazione, la Corte di Appello ha negato l’assegno di divorzio alla ex moglie perché non ha fatto corretta applicazione dei principi suddetti e ha trascurato di considerare il sacrificio delle aspettative di carriera della moglie e l’apporto della stessa alla vita familiare e alla formazione dei patrimoni singoli e di quello comune.

Questo quanto emerge dalla lettura dell’ordinanza della Cassazione n. 35706/2021.

La vicenda processuale

La Corte di Appello riforma in parte la decisione di primo grado e nega alla ex moglie, ritenuta economicamente autosufficiente, il diritto all’assegno di divorzio, ritenendo irrilevante comunque, ai fini della decisione, quanto emerso dalla relazione investigativa da cui è emersa la relazione della donna con un terzo.

Travisate le prove sull’autonomia economica

La donna nel ricorrere in Cassazione contro la decisione del giudice dell’impugnazione solleva i seguenti motivi:

  • con il primo rileva la nullità della sentenza perché la Corte ha ritenuto erroneamente utilizzabili ai fini del decidere i documenti nuovi prodotti dall’ex nel giudizio di secondo grado;
  •  con il secondo lamenta la negazione del diritto all’assegno a lei spettante per il contributo dato alla conduzione della famiglia e alla formazione del reddito comune e di ciascuno;
  •  con il terzo invece contesta alla Corte di non avere tenuto conto, travisando i documenti prodotti, del fatto che la stessa non è più giovanissima, avendo compiuto 46 anni e di avere difficoltà nel reperire una nuova occupazione sia a causa della crisi del settore dell’abbigliamento che del contesto di appartenenza.

Assegno divorzile per rinunce e contributo alla vita familiare

La Corte rigetta il primo motivo del ricorso perché infondato, ma accogliendo i restanti, dispone la cassazione della sentenza rinviando a una diversa composizione della Corte di Appello competente che deve pronunciarsi anche sulle spese del giudizio di legittimità.

La Cassazione chiarisce che il primo motivo è infondato perché il rito camerale per l’appello delle sentenze di separazione e divorzio è caratterizzato dalla sommarietà e semplicità delle forme con conseguente ammissibilità di produzione documentale fino all’udienza di precisazione delle conclusioni con rispetto del contraddittorio e del diritto di controparte di eccepire la produzione tardiva, contestazione che nel caso di specie non è stata presentata.

Fondati invece il secondo e il terzo motivo perché l’assegno di divorzio ha funzione assistenziale, ma anche perequativo compensativa in virtù del principio costituzionale di solidarietà e che prevede il riconoscimento di un contributo al coniuge richiedente, non in misura da garantire l’autosufficienza, ma che tenga conto di quanto fatto per la famiglia e delle aspettative professionali sacrificate.

La forza equilibratrice dell’assegno non deve garantire lo stesso tenore di vita goduto durante il matrimonio, ma deve riconoscere il ruolo e il contributo dato dal coniuge più debole economicamente anche alla formazione del reddito familiare e personale. Principi di cui però la Corte di Appello non ha fatto applicazione.

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