Investigatore Privato_Assegno di divorzio: quando rileva il tenore di vita

La Cassazione spiega le ragioni per le quali in casi particolari il tenore di vita vale ancora per parametrare l’assegno di divorzio

Il tenore di vita rileva se in una causa, ratione temporis, non sono applicabili i principi sanciti dalle famose sentenze della Cassazione del 2017 e delle Su del 2018. La Corte d’Appello che deve decidere in sede di rinvio infatti, deve attenersi ai principi indicati dalla Cassazione, per cui, se per il tempo in cui si è svolta la vicenda, i nuovi principi che abbandonano il tenore di vita non si possono applicare, la Corte di merito non può attenersi al nuovo orientamento giurisprudenziale. Questo quanto emerge dall’ordinanza della Cassazione n. 39174/2021.

La vicenda processuale

La Corte di Appello di Milano, pronunciatasi in sede di rinvio disposto dalla Cassazione, riconosce in favore di una ex moglie un assegno di divorzio commisurato al tenore di vita goduto dalla stessa in costanza di matrimonio. Un assegno che è stato quantificato in misura superiore ai 3000 euro mensili riconosciuti in sede di separazione.

Principi delle Sezioni unite sull’assegno di divorzio

Nel ricorrere in Cassazione il marito denuncia la violazione di legge in cui la Corte di Appello è incorsa in quanto la stessa, contravvenendo all’orientamento giurisprudenziale sancito dalla SU n. 18287/2018 non ha confrontato le condizioni economiche dei due coniugi.

Dalla dichiarazione dei redditi della moglie del 2017 emerge infatti che la stessa è proprietaria di diversi immobili, due dei quali con elevata rendita catastale, che percepisce plusvalenze finanziarie che superano i 600.000 euro e che è titolare di un patrimonio ingentissimo.

Il ricorrente viceversa dichiara di risultare titolare di tre unità immobiliari di valore catastale inferiore rispetto agli immobili della ex moglie e che percepisce un reddito mensile di 22 mila euro, importo ben inferiore rispetto a quanto percepito quando in favore della moglie era stato riconosciuto un mantenimento mensile di 3000 euro.

Per il ricorrente la SU n. 18287/2018 ha abbandonato il concetto della natura assistenziale dell’assegno divorzile sottolineandone finalità più coerenti con il principio di autoresponsabilità e di solidarietà post coniugale.

Tenore di vita: alla causa le nuove regole non sono applicabili

La Cassazione premette di dover decidere in base al principio di diritto sancito in precedenza e che ha vincolato il giudice del rinvio, anche se nel frattempo sono intervenuti mutamenti giurisprudenziali.

Precisazione fondamentale perché al caso di specie non sono applicabili i principi enunciati prima dalla Cassazione n. 11504/2017 e poi dalla SU n. 1828772018, che hanno abbandonato il tenore di vita come criterio per quantificare l’assegno di divorzio, una volta riconosciutane la spettanza al richiedente.

La sentenza con cui la Cassazione, nella presenta causa, ha disposto il rinvio alla Corte d’Appello ha sancito infatti che, in linea con l’orientamento allora vigente e nel rispetto dell’art. 5 comma 6 della legge sul divorzio, per verificare il diritto all’assegno occorre tenere conto dei seguenti elementi: inadeguatezza dei mezzi del richiedente di conservare lo stesso tenore di vita goduto durante il matrimonio, condizioni dei coniugi, contributo di entrambi alla vita familiare e alla formazione del patrimonio singolo e comune, reddito di entrambi e durata del matrimonio.

Nel ricorrere in Cassazione il marito ha contestato alla Corte di Appello di non avere tenuto conto:

  •  delle condizioni reddituali di entrambi,
  •  del suo reddito al netto delle imposte fiscali, che lo riducevano a poco più di 13.000 euro al mese e non a 21.000,00 come affermato dalla decisione;
  •  dell’ingente patrimonio immobiliare e mobiliare della ex moglie, ben superiore al proprio;
  •  dell’intestazione di beni e somme elevatissime alla ex, considerate come capacità di guadagno e risparmio dello stesso, non per procedere a una comparazione delle risorse dei coniugi.
  •  e di avere al contrario, tenuto conto del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, che ha condotto al riconoscimento di un mantenimento in sede di separazione di 3000 euro mensili, salito a 3200 per l’ assegno di divorzio;

Tale motivo però per la Cassazione è manifestamente infondato e inammissibile.

I giudici della Corte di Appello si sono infatti attenuti a quanto sancito nella sentenza di rinvio, apprezzando i redditi dell’obbligato del 2017 in un giudizio di comparazione con la condizione della ex moglie. Il tenore di vita è stato applicato come “tetto massimo della misura dell’assegno ferma la funzione di moderazione e diminuzione finanche di azzeramento, della somma in astratto considerata, svolta dai criteri indicati nell’art. 5 della legge n. 898/1970, là dove la conservazione del primo, assicurato dal matrimonio, finisca per risultare incompatibile con gli elementi concorrenti alla quantificazione.”

I giudici non hanno fatto altro che valorizzare la capacità reddituale dell’obbligato desumendola dalla dazione della somma alla moglie, dall’intestazione alla stessa di diversi immobili, dal pagamento del mutuo della casa, dai 23.000 euro mensili corrisposti per il mantenimento della famiglia, dallo svolgimento di attività in ruoli di responsabilità e dall’acquisita posizione imprenditoriale raggiunta e mantenuta.

Le condizioni della separazione sono state quindi utilizzate solo come punto di partenza per la quantificazione dell’assegno di divorzio, non sono state “copiate” ai fini della determinazione dell’assegno divorzile. La Corte ha tenuto conto infatti, a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, del fattore temporale e dei cambiamenti intervenuti. La Corte infine non ha trascurato altri importanti fattori coma l’età della donna, nata nel 1961, il mancato svolgimento di attività lavorativa e all’apporto dato alla famiglia, visto che si è occupata sempre della casa e della famiglia come previsto dai ruoli tradizionali.

Per la Cassazione quindi il ricorso va rigettato perché la decisione impugnata si inserisce “pienamente nei canoni segnati dall’art. 5, comma 6, della legge n. 898/1970 per i contenuti, ratione temporis, applicabili.”

 

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