Non è indispensabile l’addebito della separazione per risarcire il coniuge tradito.
Negli anni la giurisprudenza si è soffermata in diverse occasioni sulle conseguenze dell’infedeltà nei rapporti tra i coniugi. L’art. 143 c.c. precisa come dal matrimonio derivi l’obbligo reciproco alla fedeltà, oltre che all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione.
Il tradimento può anche essere motivo di addebito della separazione qualora la relazione sia naufragata per colpa del coniuge fedifrago, in pratica qualora il giudice accerti che il suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio (cfr. art. 151 c.c.) abbia assunto specifica efficienza causale nella determinazione della crisi coniugale.
Quando l’infedeltà fa scattare il risarcimento del danno
La giurisprudenza di legittimità si è spinta al punto da riconoscere al coniuge tradito un vero e proprio risarcimento del danno. In particolare, è stato spiegato come i doveri che derivano ai coniugi dal matrimonio, quali quelli previsti dall’articolo 143 c.c. in tema di collaborazione, coabitazione, assistenza e fedeltà (i primi tre estesi alle unioni civili dall’art. 1, comma 11, L. n. 76/2016), abbiano natura giuridica vera e propria.
Pertanto, ove la relativa violazione cagioni la lesione di diritti costituzionalmente protetti, vi saranno gli estremi dell’illecito civile e ciò potrà determinare il risarcimento dei danni non patrimoniali ex art. 2059 c.c., ma a tal fine non sarà necessario l’addebito della separazione.
Infatti, la mera violazione dei doveri matrimoniali, o anche la pronuncia di addebito della separazione, non possono di per sè e automaticamente integrare una responsabilità risarcitoria.
Lesione di un diritto fondamentale della persona
La giurisprudenza ha precisato, inoltre, che il risarcimento di tale danno può essere effettuato solo nel caso in cui venga violato un diritto fondamentale di rango costituzionale, quale la dignità della persona, e la violazione sia di particolare gravità, essendo posta in essere con modalità insultante, ingiuriosa ed offensiva.
Coerentemente con tale assunto e con specifico riferimento al danno non patrimoniale da adulterio, la Suprema Corte ne ha sancito la risarcibilità, a condizione che sia avvenuta una lesione di un diritto inviolabile della persona, costituzionalmente protetto, e sempre purché la lesione superi la soglia della tollerabilità.
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