Il danno alla persona comprende tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali che possono essere causati a un essere umano, tra cui il danno biologico, il danno esistenziale e il danno morale
Danno alla persona: cosa comprende
Il danno alla persona è una categoria di danno che comprende il danno patrimoniale e quello non patrimoniale.
Il primo comprende il danno emergente (perdita economica) e il lucro cessante (mancato guadagno), il secondo i danni alla salute, ai diritti inviolabili dell’uomo e in generale al bene vita.
Il diritto all’integrità psicofisica della persona, in tutti gli ambiti in cui l’individuo esplica la propria personalità, è infatti diritto primario ed inviolabile tutelato dagli artt. 2, 3, 29 e 32 Cost.
In passato il danno non patrimoniale era compreso rigidamente nell’art. 2059 c.c. Oggi invece, grazie alla evoluzione dottrinale e giurisprudenziale, che ha dato una lettura costituzionalmente orientata della suddetta disposizione codicistica, la risarcibilità del danno non patrimoniale è più ampia.
L’evoluzione del danno non patrimoniale
Il danno non patrimoniale di cui all’art. 2059 c.c. e di cui al comma 2 dell’art. 185 c.p. ha il suo precedente legislativo nell’art. 38 del codice penale Zanardelli del 1889, quale danno derivante da un delitto che offende l’onore della persona e della famiglia e nell’art. 7 del codice di procedura penale del 1913, che estende il danno ai reati contro la persona e a quelli che offendono la libertà individuale, l’onore della persona o della famiglia, l’inviolabilità del domicilio o dei segreti.
La dottrina precedente al 1930 sottolinea che l’ansia, l’angoscia, le sofferenze fisiche o psichiche, essendo effimere e non durature, non sono compensabili con equivalenti monetari. Nei lavori preparatori al codice civile ancora vigente il danno non patrimoniale viene concepito come un altro effetto dell’illecito, ovvero un danno-conseguenza, al pari di quello patrimoniale.
La giurisprudenza successiva al codice civile vigente, identifica in genere il danno non patrimoniale con l’ingiusto turbamento dello stato d’animo del soggetto offeso, conseguente a un fatto reato. La dottrina invece lo riconduce alla sofferenza fisica o psichica.
Nel rispetto di questi orientamenti, l’art. 2059 c.c. sancisce che i danni non patrimoniali, identificati con i soli danni morali soggettivi, devono essere risarciti solo nei casi determinati dalla legge, sottraendoli alla disciplina dell’art. 2043 c.c.
Da allora, le discussioni dottrinarie e giurisprudenziali sul danno non patrimoniale, precedenti l’entrata in vigore del codice civile del 1942, non si sono mai sopite.
Il revirement della Corte Costituzionale
Nel tempo accanto al danno patrimoniale e al danno non patrimoniale, si è delineato il danno biologico (o danno evento del fatto lesivo della salute), termine che evoca il bene giuridico, tutelato dall’art. 32 Cost.
Il danno biologico, precisamente, ha il suo riconoscimento giuridico, come autonoma voce di danno risarcibile, con la sentenza n. 184/1986, che lo colloca all’interno dell’art. 2043 c.c. Prima di questo riconoscimento infatti il danno viene concepito come perdita economica – patrimoniale, non come perdita di diritti inviolabili dell’individuo. Esso pertanto viene risarcito solo se l’evento dannoso provoca una perdita economica o si identifica con un reato. La Corte Costituzionale con la sentenza n. 184/86 prevede quindi il cumulo tra tre voci di danno: patrimoniale, morale e biologico (tertium genus).
Riconoscendo però rilevanza alla persona come valore fondamentale e costituzionalmente tutelato, la Consulta non può limitare la tutela risarcitoria alle sole ipotesi di reato. In questa tutela si deve includere anche il diritto alla salute, in quanto diritto primario della persona, dalla cui lesione discende il riconoscimento del risarcimento del danno. Il fondamento giuridico di questo riconoscimento si colloca negli artt. 2 e 3 della Costituzione, che tutelano la persona in ogni sua espressione, ma anche nell’art. 32, che tutela il diritto alla salute e nel principio generale del neminem laedere, che trova il suo fondamento nell’art. 2043 c.c. e nell’intero ordinamento giuridico.
Il danno biologico però, anche quando viene collocato all’interno dell’art. 2043 c.c. non trova pace, tanto è vero che è dovuta intervenire ancora la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 372/1994, per spostarlo nell’art. 2059 c.c., dove ancora oggi riposa.Con questo spostamento si supera così la limitazione della categoria dei danni non patrimoniali alla sola figura del danno morale soggettivo e l’art. 2059 c.c. finisce per accogliere ogni altra ipotesi di ingiusta lesione di valori della persona costituzionalmente garantiti, da cui discendono pregiudizi non valutabili economicamente.
All’interno del danno non patrimoniale trova ospitalità anche il danno alla salute iure proprio, riconosciuto ai parenti della vittima, mentre resta ancora privo di disciplina il danno morale, non riconducibile ad una fattispecie di reato.Per questo passo ulteriore di deve aspettare un altro sconvolgimento dell’impostazione tradizionale del danno non patrimoniale, che si verifica a partire dall’anno 2003, con la lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c.
Le sentenze del 2003 della Cassazione
All’inizio del 2000, dopo diverse pronunce della magistratura di merito (tra cui, Trib. Torino 8.8.1995) all’interno del sistema risarcitorio entra anche il “danno esistenziale”, quale “lesione di diritti di rilevanza costituzionale”. Utilizzando il varco offerto dall’art. 2 Cost., la S.C. afferma l’importante principio per cui la tutela risarcitoria deve essere estesa a “tutti i danni che almeno potenzialmente ostacolano le attività realizzatrici della persona umana” (Cass. n. 7713/2000), ammettendo l’autonoma risarcibilità del danno esistenziale ex art. 2043 c.c. (Cass. n. 9009/2001).
In pratica questa ampia categoria deve ricomprendere “le sottocategorie del danno biologico di natura psicofisica e le altre ipotesi risarcitorie diverse dalla tutela del diritto alla salute (Corte Conti, n. 10/2003). In questo modo, al danno biologico viene affiancato il danno esistenziale, il quartum genus per la tutela dei diritti garantiti costituzionalmente e diversi da quello alla salute.
In questo quadro si collocano i cambiamenti del 2003, anno in cui viene sciolto il legame tra danno patrimoniale e reato. La sentenza n. 233/2003 della Corte Costituzionale, afferma, infatti, che l’art. 2059 c.c. deve essere interpretato nel senso che il danno non patrimoniale, in quanto riferito all’astratta fattispecie di reato, è risarcibile anche nell’ipotesi in cui, in sede civile, la colpa dell’autore del fatto risulti da una presunzione di legge. Tale sentenza finisce così per ricondurre il danno alla persona nel quadro di un sistema bipolare del danno patrimoniale e non patrimoniale.
La lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c. però non deve condurre, come afferma la S.C a un incremento generalizzato e a duplicazioni delle poste di danno, Essa deve rappresentare più che altro un mezzo per colmare le lacune ancora presenti nella tutela risarcitoria della persona, che va quindi ricondotta al sistema bipolare del danno patrimoniale e di quello non patrimoniale. Quest’ultimo comprensivo in particolare del danno biologico in senso stretto, del danno morale soggettivo come tradizionalmente inteso e dei pregiudizi diversi ed ulteriori (danno esistenziale), conseguenti alla lesione di un interesse costituzionalmente protetto.
Scomposizione del danno non patrimoniale in diverse tipologie che però, secondo la Suprema Corte, non impedisce un’unica valutazione equitativa di tutti i danni non patrimoniali espressa da un’unica somma di denaro comprensiva di tutte le proiezioni dannose del fatto lesivo.
L’unitarietà del danno non patrimoniale: le sentenze del 2008
L’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c., proposta dalle sentenze del 2003 è confermata dalle Sezioni Unite nel novembre 2008. Le stesse riconducono in un’unica categoria onnicomprensiva di danno non patrimoniale personalizzato, il danno biologico, esistenziale e morale, anche se i termini sono ancora utilizzabili a fini descrittivi.
Le S.U. però inibiscono richieste pretestuose, emulative, speculative, speciose e duplicatorie. Questo orientamento richiede, per questo un più rigoroso onere allegatorio e probatorio, una precisa individuazione dei danni subiti, secondo il loro contenuto e la loro emersione fattuale, con la precisazione che il richiamo ai valori costituzionali non può operare rigidamente, perché ogni valore subisce l’influenza dell’evoluzione sociale e, quindi cambia nel tempo. Rimane, fermo, ad ogni modo, che il risarcimento deve essere integrale e non suscettibile di duplicazioni.
Il sistema bipolare: danno patrimoniale e non patrimoniale
Nell’attuale sistema bipolare si distingue, quindi, il danno patrimoniale da quello non patrimoniale, analizziamoli separatamente.
Il danno patrimoniale o danno conseguenza, di semplice accertamento, è la lesione al patrimonio valutabile in termini monetari, ossia è il pregiudizio di natura economica, rilevabile mediante una comparazione del patrimonio anteriormente e successivamente al verificarsi del fatto dannoso e si scompone nelle seguenti sottocategorie:
- “danno emergente”: somma di denaro necessaria per ripristinare lo status quo ante l’evento che ha comportato il danno;
- “lucro cessante”: mancato guadagno di una somma di denaro che l’evento dannoso impedisce di realizzare. Danno che si proietta nel futuro e costituisce conseguenza probabile, imputabile all’evento dannoso, valutabile su base prognostica, ossia in base a presunzioni semplici.
Il danno non patrimoniale, invece, afferente a beni immateriali (quali la vita affettiva, la salute, l’onore, il prestigio, il nome, ecc.), ossia a beni della vita che non possono essere oggetto di quantificazione economica, è definito come il danno conseguente alla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica.
Trattasi di una categoria onnicomprensiva, che comprende ogni tipo di pregiudizio all’integrità dell’individuo in tutti i suoi aspetti dinamico-relazionali, sia che venga allegato come danno fisico alla salute (art. 32 Cost.), che come danno da peggioramento della qualità della vita, lesione del diritto alla serenità e tranquillità familiare (art. 2, 29 e 30 Cost.), alla reputazione, all’immagine, al nome, alla riservatezza e in generale lesione dei diritti inviolabili della persona, incisa nella sua dignità, così come garantiti dagli artt. 2 e 3 Cost.