Investigatore Privato, Agenzia Investigativa IDFOX_La separazione consensuale

La separazione dei coniugi

La separazione consensuale è il procedimento che consente ai coniugi di separarsi di comune accordo stabilendo anche le condizioni economiche e l’affidamento dei figli

 

Cos’è la separazione consensuale

La separazione consensuale è, quindi, lo strumento che la legge mette a disposizione dei coniugi che intendono separarsi di comune accordo e che hanno perciò stabilito insieme i diritti relativi al patrimonio, all’assegno di mantenimento per il coniuge più debole e i figli, all’affidamento della prole e all’assegnazione della casa coniugale.

L’accordo, che coinvolge tutti gli aspetti, viene stipulato in privato con l’assistenza di uno o due avvocati (a seconda che i coniugi abbiano deciso di farsi assistere in maniera comune o meno), ma per divenire efficace deve essere omologato dal Tribunale con apposito provvedimento.

Tra le forme di separazione dei coniugi che ancora oggi si svolgono all’interno delle aule di giustizia, la separazione consensuale è sicuramente quella privilegiata dall’ordinamento e preferibile rispetto a quella giudiziale non solo per l’immaginabile minore conflittualità che si viene normalmente ad instaurare fra le parti (peraltro con notevoli riflessi positivi anche in merito ai rapporti con gli eventuali figli), ma anche perché presenta forme procedurali decisamente più snelle e rapide.

 

Normativa di riferimento

La separazione consensuale, per quanto riguarda i suoi aspetti sostanziali è disciplinata dall’art. 158 del codice civile, mentre è l’art. 711 del codice di procedura a dettare le regole procedurali. Vediamo cosa dicono le due norme.

L’art 158 intitolato “Separazione consensuale” dispone che: “1. La separazione per il solo consenso dei coniugi non ha effetto senza l’omologazione del giudice. 2. Quando l’accordo dei coniugi relativamente all’affidamento e al mantenimento dei figli è in contrasto con l’interesse di questi il giudice riconvoca i coniugi indicando ad essi le modificazioni da adottare nell’interesse dei figli e, in caso di inidonea soluzione, può rifiutare allo stato l’omologazione.”

L’art. 711 c.p.c, intitolato anch’esso “Separazione consensuale” ne disciplina il procedimento, dettando le seguenti regole: “Nel caso di separazione consensuale previsto nell’articolo 158 del c.c., il presidente, su ricorso di entrambi i coniugi, deve sentirli nel giorno da lui stabilito e procurare di conciliarli nel modo indicato nell’articolo 708. 2. Se il ricorso è presentato da uno solo dei coniugi, si applica l’articolo 706 ultimo comma. 3. Se la conciliazione non riesce, si dà atto nel processo verbale del consenso dei coniugi alla separazione e delle condizioni riguardanti i coniugi stessi e la prole. 4. La separazione consensuale acquista efficacia con l’omologazione del tribunale, il quale provvede in camera di consiglio su relazione del presidente. 5. Le condizioni della separazione consensuale sono modificabili a norma dell’articolo precedente.”

Dalle norme si possono ricavare le seguenti regole e fasi della separazione consensuale:

* la separazione per avere efficacia deve essere omologata dal giudice;

* l’omologazione può essere rifiutata se nell’accordo non si tutelano gli interessi dei figli;

* la separazione consensuale si presenta con ricorso;

* nell’udienza presidenziale si tenta di riconciliare la coppia;

* fallita la conciliazione si da atto del consenso dei coniugi sulle condizioni che hanno indicato nell’accordo sui figli e sui loro rapporti;

* le condizioni della separazione possono essere modificate tramite un procedimento in camera di consiglio.

 

Il procedimento

La procedura di separazione consensuale inizia con il deposito di un ricorso presso la Cancelleria del Tribunale ove almeno una delle parti ha la residenza o il domicilio.

L’organo competente può, così, formare il fascicolo d’ufficio, nel quale vengono raccolti, oltre al ricorso stesso, anche tutti i documenti che i coniugi ritengono opportuno allegare, tra i quali necessariamente, si segnala, le dichiarazioni dei redditi degli ultimi anni e la copia per sunto dell’atto di matrimonio.

L’udienza di comparizione

Conclusi tali adempimenti, il Presidente del Tribunale fissa l’udienza alla quale devono comparire personalmente i coniugi allo scopo di esperire il tentativo obbligatorio di conciliazione degli stessi.

Il Presidente del Tribunale, a tal fine, ascolta i due coniugi, prima separatamente e poi congiuntamente, come previsto dall’articolo 708 del codice di procedura civile; in questa sede, inoltre, egli può adottare gli eventuali provvedimenti che ritiene necessari ed urgenti.

Nel caso in cui si raggiunga la conciliazione, viene redatto un apposito verbale e la procedura di separazione ha termine. Qualora, invece, le parti persistano nella volontà di separarsi, il Presidente procede all’emanazione del decreto di omologazione delle condizioni indicate nel ricorso.

 

I tempi

Da tale momento, inizia a decorrere il termine di sei mesi per poter chiedere il divorzio.

Soffermiamoci ora, schematicamente ma più nel dettaglio, su alcuni dei predetti passaggi:

 

Come si propone la domanda di separazione consensuale

Una volta che i due coniugi hanno trovato un completo ed esaustivo accordo su ciò che concerne la loro separazione, essi, per il tramite dell’avvocato o degli avvocati che li hanno assistiti, devono presentare un ricorso presso la Cancelleria del Tribunale competente indirizzandolo al Presidente dello stesso. Il ricorso deve contenere tutti i termini dell’accordo raggiunto, ad esso vanno allegati tutti i documenti che vengono richiesti dall’ufficio per la procedura e in esso deve comparire la richiesta di fissazione dell’udienza per la comparizione di entrambe le parti.

Entro cinque giorni dal ricevimento del ricorso il Presidente è tenuto a stabilire la data dell’udienza in cui esaminerà il caso.

 

La competenza sulla domanda di separazione consensuale

L’articolo 706 del codice di procedura civile prevede come regola generale quella in forza della quale la domanda di separazione si propone al giudice del luogo in cui il coniuge convenuto ha la residenza o il domicilio. In caso di separazione consensuale, quindi, occorrerà fare riferimento al tribunale del luogo dell’ultima residenza comune dei coniugi.

NB: Secondo le previsioni dell’art. 706 c.p.c., se il coniuge convenuto è residente all’estero o risulta irreperibile, la domanda si propone al tribunale del luogo di residenza o domicilio del ricorrente, e, se anche questi è residente all’estero, a qualunque tribunale della Repubblica.

 

La fase presidenziale

Dopo un esame sommario del ricorso presentato, il Presidente del Tribunale fissa la data dell’udienza a cui dovranno presenziare entrambi i coniugi personalmente.

Le parti saranno assistite dai propri difensori o dal proprio difensore comune, anche se in questa fase sono il marito e la moglie ad assumere il ruolo predominante.

Infatti, durante l’udienza presidenziale, il magistrato deve innanzitutto appurare se sia possibile che i due coniugi possano addivenire a una conciliazione. Solo una volta stabilito che è impossibile riappacificare le parti, viene redatto un verbale di udienza che indica che la coppia è decisa a separarsi e riporta il contenuto dell’accordo che i due coniugi hanno stipulato.

Il fascicolo viene quindi trasmesso al collegio che dovrà emettere i provvedimenti di omologa.

 

Il contributo unificato per la separazione consensuale

La separazione consensuale con ricorso congiunto dei coniugi in Tribunale, ai sensi dell’art 711 c.p.c, richiede il pagamento del contributo unificato di € 43,00.

Nulla invece è dovuto a titolo di spese forfettarie, dalle quali il procedimento è esente.

 

I documenti necessari

Abbiamo visto che l’accordo di separazione si occupa di disciplinare le condizioni personali dei coniugi, gli aspetti economici e patrimoniali e le modalità di affidamento e mantenimento dei figli. L’accordo può anche disporre il trasferimento di proprietà di beni mobili o immobili.

Al ricorso per la separazione, che deve essere firmato da entrambi i coniugi, devono essere allegati i seguenti documenti, per permettere al giudice di valutare l’accordo intervenuto tra le parti:

  • l’estratto autentico dell’atto di matrimonio, che deve essere rilasciato dal Comune in cui i coniugi si sono sposati;
  • il certificato di residenza dei coniugi e il certificato dello stato di famiglia a uso separazione, che è esente dall’imposta di bollo;
  • la copia delle ultime tre dichiarazioni dei redditi dei coniugi, se ci sono figli minori;
  • il modello Istat debitamente compilato;
  • la copia di un documento di identità di entrambi i coniugi;
  • la nota di iscrizione a ruolo e il contributo unificato di € 43,00.

A questi documenti se ne possono aggiungere di ulteriori, in base al contenuto dell’accordo di separazione, se utile a documentare quanto indicato.

 

L’omologazione

Terminata la fase presidenziale, l’accordo che i due coniugi hanno stipulato viene infatti sottoposto al giudizio collegiale dei magistrati, chiamato giudizio di omologazione.

Nel caso dal matrimonio siano nati figli che sono ancora minori l’accordo viene sottoposto anche al Pubblico Ministero perché apponga il suo visto.

 

Accordi successivi all’omologazione

In taluni casi può accadere che, dopo l’omologa, i coniugi raggiungano ulteriori accordi inerenti alla loro separazione, che si occupano di aspetti dei quali nel ricorso non era stato fatto cenno.

Tali patti vengono spesso riprodotti in clausole integrative rispetto ai patti omologati, sulla validità delle quali, tuttavia, non vi è una posizione univoca. Anzi: molto diffusa è l’opinione secondo la quale essi, per essere efficaci, debbano essere specificamente omologati.

 

Accordi sull’affidamento dei figli

Se dal legame tra i due coniugi sono nati figli, l’accordo di separazione non può trascurare di adottare i relativi provvedimenti, tenendo conto che la responsabilità genitoriale grava su entrambi i coniugi e che i figli hanno diritto a mantenere un rapporto equilibrato sia con la madre che con il padre.

La legge n. 54/2006 ha infatti sancito il principio della bigenitorialità, apportando importanti modifiche al regime precedente. La regola ad oggi è infatti l’affidamento condiviso, l’eccezione invece è rappresentata dall’affidamento esclusivo, che può essere disposto solo se lo richiede l’interesse superiore del minore (ad esempio se ci sono precedenti di abusi).

A sancire il principio della bigenitorialità è l’art. 337 ter c.c., che lo qualifica come diritto dei figli a mantenere un rapporto continuativo ed equilibrato con entrambi i genitori, ma anche con i rispettivi ascendenti e parenti. Ogni genitore inoltre deve occuparsi della cura, dell’educazione, dell’istruzione, dell’assistenza morale e materiale dei figli.

Il giudice, quando una coppia si separa e ci sono figli, deve agire nel loro interesse morale e materiale. Stabilisce le modalità di affidamento, il collocamento, tempi e modi del diritto di visita del genitore non collocatario e in che modo e misura ogni genitore deve occuparsi della prole. In casi particolari può disporre l’affidamento familiare e poiché i provvedimenti che riguardano i minori sono oggetto di particolare attenzione, una volta assunti il giudice li trasmette al pubblico ministero e al giudice tutelare.

 

La responsabilità genitoriale

La responsabilità genitoriale prevede che le decisioni relative ai figli (istruzione, educazione, salute, scelta della residenza abituale) debbano essere prese di comune accordo. In caso di forte disaccordo la decisione viene rimessa al giudice. Questo non significa che per ogni singola decisione i genitori debbano consultarsi, il giudice può infatti stabilire che per le decisioni ordinarie essi possano operare separatamente. Qualora i coniugi non si attengano alle condizioni concordate e sulle quali il giudice si è espresso attraverso l’omologa, costui può sempre intervenire affinché vengano modificate.

 

Il mantenimento economico dei figli

I genitori devono inoltre mantenere i figli (anche maggiorenni ma non ancora sufficienti economicamente) in proporzione al loro reddito e devono in via generale ascoltare i minori prima di prendere dei provvedimenti che li riguardino.

Ovviamente le parti, nel ricorso per la separazione consensuale, possono accordarsi sulle modalità ed entità rispettive del mantenimento dei figli. In questo caso essi devono tenere conto dei principi fissati dall’art. 337 ter che al comma 4 detta la regola generale del mantenimento dei figli a carico di ciascuno in base alle diverse possibilità economiche e individua i parametri a cui attenersi:

* le esigenze attuali del figlio;

* il tenore di vita goduto dallo stesso quando conviveva con entrambi i genitori;

* il tempo che trascorre con la madre e il padre;

* le risorse economiche dei genitori;

* il valore economico dei compiti di cura e domestici di ogni genitore.

Se il minore viene collocato in modo paritario presso ogni genitore non significa che il genitore con maggiori possibilità economiche non debba contribuire al mantenimento in misura superiore.

 

Il mantenimento dei figli maggiorenni

Anche i figli maggiorenni che non hanno ancora raggiunto una loro indipendenza economica hanno diritto al mantenimento da parte dei genitori. Dovere che può venire meno solo se la condizione di non autosufficienza non dipenda da un’inerzia del giovane o dal rifiuto di offerte lavorative.

 

Accordi sull’assegnazione della casa coniugale

La separazione personale dei coniugi produce come riflesso patrimoniale lo scioglimento della comunione legale tra i coniugi. Per cui, se entrambi sono comproprietari della casa destinata ad abitazione familiare, dovranno trovare un accordo per stabilire chi, tra i due, continuerà ad abitare nell’immobile destinato a casa familiare. Occorre tuttavia tenere presente che l”assegnazione della casa coniugale è influenzata dal perseguimento del primario interesse dei figli, come prevede la regola sancita dall’art. 337 sexies del Codice Civile.

Ne consegue che, in assenza di figli, se la casa è di proprietà esclusiva di uno solo dei coniugi, l’abitazione verrà assegnata al legittimo proprietario, in caso invece di comproprietà, saranno i coniugi, di comune accordo e tenendo conto degli accordi economici complessivi a chi dei due spetterà il diritto di abitare nella casa coniugale.

 

La revisione delle condizioni di separazione

In ogni caso, il contenuto dell’accordo di separazione consensuale può essere modificato anche dopo l’omologazione a condizione che intervengano nuove circostanze di fatto che giustifichino il cambiamento (è il caso ad esempio in cui sono cambiate le condizioni economiche di una delle parti).

La domanda può essere proposta da un singolo coniuge o da entrambi e può avere ad oggetto la rettifica o la revoca sia dei provvedimenti che dispongono sugli aspetti economici sia di quelli relativi all’affidamento dei figli.

 

La riconciliazione

Il fatto che l’accordo di separazione consensuale sia stato omologato non impedisce, poi, neanche l’eventuale riconciliazione delle parti: giuridicamente, infatti, questa ha l’effetto di far cessare la separazione legale.

Ci si riferisce, più nel dettaglio, ad una ripresa della convivenza e alla volontà (manifestata anche tramite tale decisione) di ricomporre il rapporto coniugale.

Non possono tuttavia essere considerati indici di conciliazione i comportamenti non idonei a manifestare un simile intento, come la sola coabitazione, le visite agli amici comuni, la consuetudine di riunirsi nel weekend o durante durante i fine settimana.

 

La negoziazione assistita

In alternativa alla separazione consensuale in Tribunale, i coniugi che intendano separarsi di comune accordo hanno due ulteriori possibilità: quella di ricorrere alla negoziazione assistita da due avvocati e quella di separarsi autonomamente dinanzi al sindaco.

La negoziazione assistita è un accordo che si raggiunge all’esito di una procedura conciliativa condotta dalle parti, con l’assistenza di due avvocati e con l’impegno di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere i loro rapporti in maniera amichevole.

Tale accordo, va concluso in forma scritta ed è sottoscritto dagli avvocati che ne attestano la conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico e che certificano l’autenticità delle firme dei coniugi.

Se rispetta questi elementi, esso produce gli stessi effetti della separazione omologata dal Tribunale.

Tuttavia, è prima necessario sottoporre l’accordo al vaglio del PM (regolamentato in maniera più stringente se ci sono figli minori) e poi trasmetterlo allo stato civile per le necessarie annotazioni.

 

La separazione in comune

La separazione in Comune avviene dinanzi al Sindaco, mediante separate dichiarazioni che i coniugi (anche senza l’assistenza dell’avvocato) rendono a tale soggetto quale ufficiale dello stato civile.

In tal modo, tuttavia, non è possibile concludere patti di trasferimento patrimoniale.

La procedura davanti al Sindaco, peraltro, non è possibile quando i coniugi abbiano figli comuni minorenni o maggiorenni ma non autosufficienti economicamente, incapaci di intendere e di volere o portatori di handicap.

 

Costo della separazione consensuale

La separazione in Comune senza l’assistenza di avvocati, tra i vari tipi di separazione consensuale, è la più economica. In questo caso infatti si sostiene il solo costo della marca da bollo da 16 euro.

In caso di negoziazione assistita, poiché è necessaria l’assistenza del legale, il costo è variabile, per questo è opportuno chiedere sempre un preventivo di spesa. Le stesse considerazioni devono essere fatte anche quando si ricorre al Tribunale per procedere alla separazione consensuale. I costi anche in questo caso sono molto variabili. Sul costo dell’assistenza fornita dal legale infatti incide la complessità dell’accordo da raggiungere, a cui aggiungere le spese vive della procedura, come il pagamento del contributo unificato.

Decisamente e sicuramente più costoso è invece il procedimento di separazione giudiziale, trattandosi di una vera e propria causa legale che richiede un lavoro più impegnativo da parte degli avvocati che assistono i coniugi.

Tra i procedimenti di separazione analizzati, quello in Comune non è solo il più economico, ma anche il più rapido. La separazione consensuale in Tribunale invece, in genere, ha una durata massima di 6/7 mesi, più rapida è invece la separazione con negoziazione assistita.

 

Fac-simile ricorso separazione consensuale

Una formula per la presentazione del ricorso con l’indicazione della documentazione necessaria per il deposito è disponibile nella sezione dei formulari giuridici a questa pagina Formula ricorso per la separazione consensuale scaricabile in formato .docx e pdf.

Nella sezione formulari è disponibile anche il modello di ricorso per la separazione giudiziale dei coniugi in formato .docx e pdf.

 

La Cassazione sulla separazione consensuale

Ecco alcune delle più interessanti sentenze della Cassazione in materia di separazione consensuale:

 

Cassazione n. 41232/2021

L’assegno di mantenimento a favore del coniuge, fissato in sede di separazione personale consensuale in omologa di accordo che non ne preveda la decorrenza, è dovuto, sia pure a condizione che l’omologa intervenga e non disponga diversamente, fin dal momento del deposito del ricorso per separazione e non solo dalla data di pronuncia dell’omologa.

Cassazione n. 17908/2019

Le attribuzioni patrimoniali dall’uno all’altro coniuge concernenti beni mobili o immobili, in quanto attuate nello spirito degli accordi di sistemazione dei rapporti fra i coniugi in occasione dell’evento di separazione consensuale, sfuggono sia alle connotazioni classiche dell’atto di “donazione” vero e proprio, e dall’altro, a quello di un atto di vendita; tali attribuzioni svelano una loro “tipicità”, la quale, di volta in volta, può colorarsi dei tratti della obiettiva “onerosità”, ai fini della più particolare e differenziata disciplina di cui all’art. 2901 c.c., in funzione della eventuale ricorrenza, nel concreto, dei connotati di una sistemazione “solutorio-compensativa” più ampia e complessiva, di tutta quella serie di possibili rapporti aventi significati (o eventualmente, solo riflessi) patrimoniali, i quali, essendo maturati nel corso della (spesso anche lunga) quotidiana convivenza matrimoniale, per lo più non si rendono perciò sempre – guardati con sguardo retrospettivo immediatamente riconoscibili come tali.

Cassazione n. 6145/2018

La situazione di intollerabilità della convivenza può dipendere dalla condizione di disaffezione e distacco spirituale anche di uno solo dei coniugi, e, pertanto, il Tribunale è tenuto a pronunciare la sentenza non definitiva di separazione (scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio) quando la causa sia, sul punto, matura per la decisione, facendo ad essa seguito la prosecuzione del giudizio per le altre statuizioni. Tale pronuncia non definitiva costituisce uno strumento di accelerazione dello svolgimento del processo che non determina un’arbitraria discriminazione nei confronti del coniuge economicamente più debole, sia perchè è sempre possibile richiedere provvedimenti temporanei ed urgenti, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 4, peraltro modificabili e revocabili dal giudice istruttore al mutare delle circostanze, sia per l’effetto retroattivo, fino al momento della domanda, che può essere attribuito in sentenza al riconoscimento dell’assegno di divorzio; pertanto, deve reputarsi manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della L. n. 898 del 1970, art. 4, comma 9, (nel testo sostituito della L. n. 74 del 1987, art. 8), sollevata in riferimento agli artt. 2, 29 e 111 Cost.

Cassazione n. 1747/2016

In sede di separazione consensuale, è possibile che i coniugi prevedano l’adempimento dell’obbligo di mantenimento dell’uno da parte dell’altro anche attraverso l’alienazione ad effetti differiti di una cosa altrui.

Cassazione n. 16909/2015

La separazione consensuale è un negozio di diritto familiare il cui contenuto essenziale è rappresentato dal consenso reciproco a vivere separati, dall’affidamento dei figli e, ove ne ricorrano i presupposti, dall’assegno di mantenimento. Esso ha poi un contenuto eventuale, che trova solo occasione nella separazione e che è rappresentato da accordi patrimoniali autonomi conclusi dai coniugi in relazione all’instaurazione di un regime di vita separata.

 

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