Investigatore Privato, Agenzia Investigativa IDFOX_La promessa di matrimonio

Con la promessa di matrimonio, ex artt. 79-81 c.c., i nubendi manifestano la volontà di contrarre matrimonio anche se tale dichiarazione non li obbliga alla celebrazione

La promessa di matrimonio, anche se ha origini arcaiche, è disciplinata dal codice civile agli articoli 79, 80 e 81 perché in base a quanto sancito dall’art. 29 della Costituzione, la famiglia, per il nostro ordinamento, si fonda sul matrimonio. Questi tre articoli nel tempo non hanno subito modifiche, neppure quando è intervenuta la Riforma del Diritto di Famiglia nel 1975. La formulazione elastica delle disposizioni ne ha permesso infatti l’applicabilità nonostante il mutamento dei costumi sociali.

Il codice civile, per quanto riguarda la promessa di matrimonio, si occupa di disciplinarne le conseguenze giuridiche, precisando all’art. 79 che “la promessa di matrimonio non obbliga a contrarlo né ad eseguire ciò che si fosse convenuto per il caso di non adempimento”.

Dalla lettera della norma si evince in sostanza che la dichiarazione contenuta nella promessa non può avere carattere vincolante, poiché la libertà matrimoniale (scegliere di sposarsi o meno) rappresenta nel nostro ordinamento un diritto fondamentale della persona, quindi la volontà di contrarre matrimonio deve rimanere libera, spontanea e non coartata.

Da qui la previsione di una disciplina specifica relativa alle conseguenze derivanti dal mancato rispetto della promessa, ovvero dalla mancata celebrazione delle nozze.

Tipologie di promessa di matrimonio

Si possono rintracciare due tipologie di promessa matrimoniale, la promessa di matrimonio semplice e la promessa solenne, cui sono legati effetti e conseguenze differenti nel caso in cui alle stesse non seguano le nozze.

Promessa di matrimonio semplice

La promessa semplice (cd. fidanzamento ufficiale) è un atto, anche unilaterale, privo di particolari forme o requisiti con il quale si manifesta la volontà di unirsi in matrimonio. Questo tipo di impegno si qualifica pertanto come mero fatto sociale dal quale sorge in capo ai futuri coniugi unicamente un dovere di tipo morale a contrarre matrimonio.

Promessa di matrimonio solenne

L’art. 81 del codice civile disciplina invece la promessa solenne di matrimonio che può effettuarsi in due modalità:

1) con un impegno assunto vicendevolmente da persone di maggiore età, o dal minore ammesso a contrarre matrimonio, espresso in forma scritta (atto pubblico o scrittura privata);

2) con la richiesta di pubblicazione di matrimonio secondo le modalità previste dall’art. 93 c.c.

Promessa di matrimonio in comune o in chiesa

La promessa di matrimonio, da non confondere con le promesse che gli sposi si scambiano durante il rito nunziale, può essere fatta in comune o in Chiesa. Con la promessa di matrimonio si rende ufficiale il passaggio dallo stato di fidanzati a quello di promessi sposi.

Promessa di matrimonio in comune: quali documenti?

Il luogo deputato a ricevere la promessa di matrimonio è il Comune e precisamente l’Ufficio dello Stato civile o l’Ufficio Matrimoni. Per procedere con la promessa di matrimonio è necessario predisporre prima tutta la documentazione necessaria:

* documento d’identità dei promessi sposi;

* modulo di richiesta per la pubblicazione di entrambi;

* nulla osta al matrimonio se i promessi sposi sono cittadini stranieri;

* la marca da bollo per le pubblicazioni (e i prossimi alle nozze sono stranieri occorre la marca da bollo per la legalizzazione, un’altra ed eventuale marca da bollo può essere necessaria se la richiesta di matrimonio viene rivolta a un altro Comune).

Attenzione, perché se uno o entrambi gli sposi contraggono seconde nozze occorre produrre anche la copia integrale dell’atto di matrimonio precedente con tanto di annotazione della sentenza di scioglimento di matrimonio e della sentenza e la copia integrale dell’atto di matrimonio precedente, con l’annotazione a margine della sentenza della Sacra Rota se il matrimonio religioso precedente è stato annullato.

Attenzione, non è necessario che siano presenti entrambi, se uno dei due si trova impossibilitato a presenziare, può conferire delega all’altro, allegando alla delega il proprio documento d’identità.

Verificata la documentazione l’ufficiale dello stato civile dà lettura degli articoli, fa sottoscrivere l’atto, dopodiché si procede con le pubblicazioni, che possono essere effettuate in due Comuni diversi se i futuri sposi sono originari di due entri comunali differenti.

Trascorso il tempo delle pubblicazioni, se nessuno si oppone alle nozze, gli sposi possono celebrarle con rito civile in Comune o in Chiesa. Anche in questo caso seguono le pubblicazioni. Concluse il periodo delle stesse viene rilasciata l’attestazione di avvenuta pubblicazione.

Promessa di matrimonio in Chiesa

La promessa di matrimonio in Chiesa si distingue da quella in Comune perché gli sposi in questo caso devono produrre il certificato che attesta la frequentazione e la validità del corso prematrimoniale, il certificato della compiuta comunione, il certificato della cresima e il documento con cui si manifesta il consenso religioso al matrimonio, che viene rilasciato all’esito del “processetto matrimoniale” che consiste in una serie di domande con cui si accerta la serietà delle intenzioni dei futuri sposi.

Quanto tempo prima va fatta la promessa di matrimonio

La promessa di matrimonio va eseguita preferibilmente due mesi prima delle nozze, precisando che si tratta di una formalità che, a differenza delle nozze vere e proprie, non richiede la presenza di testimoni. Tempi più lunghi, in genere attorno ai sei mesi, sono invece necessari se gli sposi sono stranieri. Possono infatti volerci tempi più lunghi per chiedere e ottenere i documenti necessari alle nozze.

Effetti e conseguenze della promessa di matrimonio

Pur non obbligando i nubendi a contrarre matrimonio, la scelta dell’uno o dell’altro tipo di promessa non è indifferente dal punto di vista giuridico patrimoniale.

Restituzione dei doni

Se alla promessa semplice non fa seguito il matrimonio, il codice civile all’art. 80 prevede che il promittente possa chiedere la restituzione dei doni fatti a causa della promessa, proponendo domanda entro un anno dal giorno del rifiuto di celebrare il matrimonio o della morte di uno dei promittenti.

I doni da restituirsi sono quelle attribuzioni a titolo gratuito, valide ed efficaci, evidentemente giustificate dal fidanzamento/futuro matrimonio (es. anello di fidanzamento).

I doni sono vere e proprie donazioni

Doni che, come precisato dalla Cassazione n. 29980/2021: “non sono equiparabili né alle liberalità in occasione di servizi, né alle donazioni fatte in segno tangibile di speciale riconoscenza per i servizi resi in precedenza dal donatario, né alle liberalità d’uso, ma costituiscono, appunto, vere e proprie donazioni, come tali soggette ai requisiti di sostanza e di forma previsti dal codice (Cass. n. 1260-94). Fermo restando, naturalmente, che la eventuale modicità del donativo, da apprezzare oggettivamente in relazione alla capacità economica del donante (v. pure Cass. n. 7913-01), fa sì che, in taluni specifici casi, il trasferimento possa perfezionarsi legittimamente, tra soggetti capaci, in base alla mera tradito (…) Considerare infatti semplici liberalità d’uso le donazioni tra fidanzati comporterebbe – come già sottolineato – un’interpretazione estremamente riduttiva del diritto alla restituzione dei doni sancita dall’art. 80 cod. civ., a fronte invece dell’essere la ratio della restituzione non correlata, in detta norma, al semplice valore dei beni donati, quanto piuttosto alla eliminazione di tutti i possibili segni di un rapporto che non è giunto a compimento, e che è opportuno rimuovere per quanto possibile.”

Risarcimento danni per spese sostenute

La promessa solenne ha conseguenze patrimoniali più ampie poiché, oltre all’obbligo di restituzione, obbliga chi rifiuta il matrimonio a risarcire all’altra parte il danno per le spese fatte e per le obbligazioni contratte a causa della promessa (ad es. abito da sposa, bomboniere, preparativi per la cerimonia, ricevimento, anticipo sull’affitto della casa degli sposi, ecc.).

La domanda di risarcimento può essere proposta dalla parte che non ha impedito il matrimonio entro un anno dal giorno del rifiuto, che corrisponde al giorno in cui si ha la certezza del mancato rispetto della promessa fatta. Non spettano invece i danni non patrimoniali perché l’istituto non rientra tra i fatti illeciti contemplati dall’art. 2043 c.c.

Il giusto motivo che esclude il risarcimento

Il codice fa salva la possibilità della parte che rifiuta il matrimonio di provare che il suo comportamento sia legato ad un “giusto motivo” che esclude il risarcimento.

Si ritiene che i giusti motivi di rifiuto siano quelli previsti dall’art. 122, III comma, codice civile, che giustificano l’impugnazione del matrimonio, oppure generalmente i fatti che se fossero stati conosciuti o si fossero verificati prima della promessa avrebbero impedito all’interessato di prestarla (es. infedeltà, precedenti riprovevoli, tendenza al gioco o al bere, ecc.).

La giurisprudenza però ha individuato ulteriori giusti motivi in grado di escludere il risarcimento del danno, come una condizione lavorativa precaria, se la promessa è stata subordinata alla presenza di un lavoro stabile.

In caso di promessa a scopo di seduzione spetta il risarcimento?

Dubbio se il risarcimento spetti o meno quando la promessa di matrimonio viene fatta per poter ottenere la dedizione sessuale dell’altro. Per una parte della giurisprudenza il risarcimento spetta se la promessa è lo strumento di cui si avvale il promittente, che fin dall’inizio deve sapere che ha intenzione di mantenerla e se tra la promessa e la dedizione sessuale c’è nesso di causa.

Altra parte invece non ritiene che spetti il risarcimento in caso di promessa fatta solo a scopo seduttivo perchè in base ai valori socio-culturali della società moderna non si configura alcuna lesione del diritto all’integrità morale e alla libertà personale della persona sedotta. Non esistono infatti leggi che impongono la lealtà e la buona fede in relazione alle condotte sessuali. Nessuna norma nè precetto generale verrebbero violati, per cui nessuna responsabilità potrebbe condurre a un obbligo risarcitorio.

 

 

 

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