Investigatore Privato, Agenzia IDFOX Milano_Omessa comunicazione al padre del concepimento

Il diritto alla paternità: la madre deve informare il compagno del fatto di essere incinta o di avere avuto un bambino sempre che sappia o possa sapere l’identità del padre e che non vi siano pregiudizi per il figlio.

Immaginiamo che una coppia non sposata si lasci quando lei è già incinta. La donna però non ha detto al compagno di essere incinta: gli ha cioè nascosto la propria gravidanza temendo che il padre potesse un giorno inserirsi nell’educazione del bambino, vietarle magari di trasferirsi in un’altra città e compromettere la sua libertà nel rapporto col nascituro. Ebbene, cosa rischia la madre in caso di omessa comunicazione al padre del concepimento? Può quest’ultimo un giorno ottenere un risarcimento del danno per essersi visto negare la possibilità di conoscere e riconoscere il proprio figlio, di crescerlo, di amarlo, di avere con lui quel rapporto che ogni Costituzione tutela e garantisce?

Sul punto è già intervenuta la Cassazione. Alla Corte è stato chiesto se esista una norma che obblighi la madre a comunicare al partner la propria gravidanza o se invece questa è libera di non comunicargli la nascita del bambino.

Chiaramente, ci stiamo riferendo alle situazioni in cui non vi sono stati episodi di violenza domestica: se l’uomo infatti dovesse essere stato denunciato per reati commessi ai danni della donna, in particolare quello di maltrattamenti in famiglia, non vi sarebbe dubbio che la donna possa allontanarsi da casa e, temendo per l’educazione del figlio, non dire nulla a quest’ultimo.

Dovere della madre di comunicare al padre la gravidanza

La Suprema Corte ha detto che non esiste un’esplicita disposizione normativa che imponga alla madre di comunicare la propria gravidanza al padre. Il legislatore ha cioè “dimenticato” di inserire tale obbligo tra quelli dei genitori. Né la si può evincere dal dovere legale, in capo al padre naturale, di riconoscere sempre il proprio figlio.

Ciò nonostante – prosegue la Cassazione – un simile dovere è comunque implicito nell’ordinamento. Sicché, si può ritenere illecito il comportamento della madre che nasconde la gravidanza al padre. «Illecito» però solo nella misura in cui si provi che questa l’ha fatto con dolo o colpa, ossia sapendo o potendo ben conoscere l’identità del padre.

Quindi, se la madre, avendo avuto rapporti non protetti con un uomo, è poi risultata incinta ha il dovere di comunicare a quest’ultimo la propria gravidanza, così come quest’ultimo ha a sua volta poi il dovere di riconoscere il figlio come proprio e mantenerlo – insieme alla madre, e ciascuno in proporzione alle proprie capacità economiche – finché il giovane non diventa autonomo economicamente.

Dicevamo che non esiste una legge che ponga, in capo alla madre, il dovere di comunicare il concepimento al padre; ma secondo la Cassazione tale norma si può evincere dall’articolo 2043 del Codice civile a norma del quale «Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno». E qui il «danno ingiusto» consiste certamente nella negazione della paternità e del diritto/dovere ad esercitare le proprie attribuzioni di genitore.

Quindi, a fronte di tale pregiudizio, al padre spetta il risarcimento del danno non patrimoniale nei confronti della madre.

Eccezioni al dovere di comunicare la gravidanza al padre

La Cassazione poi fa un’ulteriore precisazione: l’obbligo di comunicare al padre lo stato di gravidanza può trovare un limite nel caso in cui vi sia un «apprezzabile interesse del nascituro»: si pensi alla madre che sfugga ad un uomo violento, a un ricercato oppure che celi la propria gravidanza dopo essere stata violentata.

Come anticipato, restano altresì esclusi i casi in cui la donna, incolpevolmente, non conosca l’identità del padre.

Il principio di diritto

In sintesi, nella sentenza in commento, viene formulato il seguente principio «La condotta della madre che abbia omesso di comunicare al padre del nascituro l’avvenuto concepimento, se posta in essere con dolo o colpa, può integrare gli estremi di una responsabilità civile, ex art. 2043 c.c., poiché suscettibile di arrecare un pregiudizio, qualificabile come danno ingiusto, al diritto del padre naturale di affermare la propria identità genitoriale. Nel caso di specie, la S.C. rigetta la domanda risarcitoria del padre, sul presupposto che questi ha sempre negato il riconoscimento del figlio, e le condotte successive non hanno dimostrato né la relazione con la madre, né il desiderio di essere genitore».

Il danno da occultamento del figlio

La Corte di Cassazione, nella sentenza in commento, si è pronunciata sul diritto alla genitorialità del padre leso dal comportamento doloso della madre che, omettendo di comunicare al primo l’avvenuto concepimento, gli ha impedito di esercitare il proprio diritto alla genitorialità, da intendersi come riflesso del diritto all’identità personale.

L’importanza che tale sentenza riveste nel panorama giurisprudenziale italiano, dunque, deve ravvisarsi nella particolare attenzione che essa pone sul diritto alla genitorialità. Infatti, nella maggior parte dei casi, i giudici si sono trovati ad affrontare la questione concernente il diritto del minore a crescere in un sano contesto familiare e ad essere accudito da entrambi i genitori ma non quella relativa al diritto del genitore ad esplicare il suo status genitoriale nei confronti del figlio.

Il diritto che viene leso è quello alla genitorialità.

Orbene, se quindi una persona ha diritto ad esercitare sin dalla procreazione il ruolo di genitore, esplicando la propria personalità attraverso questo « nuovo » status, l’altro genitore deve tempestivamente informarlo della nascita del figlio.

Al momento della nascita, dunque, sulla madre incombe, secondo il condivisibile approdo giurisprudenziale in commento, un diritto-dovere di informare il padre dell’evento procreativo, in modo da porlo in condizione di esplicare il suo diritto alla genitorialità.

Tale dovere di informazione non potrebbe neanche considerarsi limitato o escluso nel caso in cui la madre stessa non sappia di quale uomo sia figlio il concepito: in tal caso, infatti, la donna dovrebbe assolvere ai predetti obblighi informativi nei confronti di tutti gli uomini rispetto ai quali nutra il dubbio.

Pertanto, una volta assodato che, in capo alla madre, sussiste l’obbligo di informare il padre della nascita del figlio non si può che condividere l’ulteriore conclusione sostenuta dalla Suprema Corte, secondo cui, pure in assenza di una specifica prescrizione normativa impositiva di tale obbligo, l’omessa informazione dell’avvenuto concepimento vada qualificata come condotta illecita in quanto, in astratto idonea, ove non giustificata da un oggettivo apprezzabile interesse del nascituro a non avere rapporti con il genitore, ad arrecare un pregiudizio al padre naturale che si è visto preclusa la possibilità di esplicare la propria identità personale, attraverso lo svolgimento della figura genitoriale.

Articolo precedente
Investigatore Privato, Agenzia IDFOX Milano_Mobbing e stalking: quali rapporti?
Articolo successivo
Investigatore Privato, Agenzia IDFOX Milano_Cosa succede se tampono una macchina in divieto di sosta?
Menu