Molte coppie separate o divorziate non si rendono conto che il diritto alla bigenitorialità è stabilito in favore dei figli, non dei genitori. Purtroppo, molte madri e tanti padri non sono collaborativi e si oppongono, con vari pretesti, alle visite e agli incontri tra i figli e l’altro genitore che, dopo la separazione o il divorzio, è andato a vivere altrove. Nei casi più gravi, la situazione degenera e c’è chi, approfittando della convivenza quotidiana, cerca di mettere il figlio contro il genitore lontano, tentando di escluderlo definitivamente dai rapporti affettivi.
Così i bambini e i ragazzi coinvolti in queste penose situazioni subiscono continui martellamenti psicologici; diventano “figli contesi” e possono riportare gravi traumi psicologici, con ripercussioni destinate a proseguire anche in età adulta. Ma se una madre ostacola il rapporto tra padre e figlio, cosa rischia?
La giurisprudenza è piuttosto severa in queste situazioni: sono numerose le pronunce che hanno revocato l’affidamento condiviso dei figli e, talvolta, hanno anche dichiarato la decadenza dalla responsabilità genitoriale nei confronti del genitore che ha ostacolato i rapporti e le frequentazioni con l’altro genitore. Inoltre, alle parti lese – che in questi casi sono sia il genitore escluso sia il bambino al quale è stato precluso il rapporto affettivo con lui – viene riconosciuto il risarcimento del danno.
Diritto alla bigenitorialità e affidamento dei figli dopo la separazione dei genitori
I figli hanno il diritto di mantenere un rapporto sereno e costante con i propri genitori: è il loro diritto alla bigenitorialità. Dopo la separazione coniugale, questa esigenza è ancor più accentuata, perché la fine del legame di coppia provoca inevitabilmente un trauma alla prole.
Nelle decisioni sull’affidamento dei figli, i giudici tengono prioritariamente conto della necessità del bambino di sviluppare la propria personalità con l’apporto e il contributo affettivo di entrambi i genitori, che dunque devono continuare a partecipare alla vita dei figli durante la loro crescita. L’affidamento può essere condiviso o esclusivo; in ogni caso, deve garantire la possibilità di frequentazione dei figli minori con entrambi i genitori.
Di regola, all’esito della separazione e del divorzio si sceglie l’affidamento condiviso, in modo da garantire al figlio una crescita equilibrata con l’apporto sia del padre sia della madre. Con l’affidamento condiviso la responsabilità genitoriale viene esercitata da entrambi i genitori. Inoltre, il giudice decide il luogo in cui i figli minori continueranno a vivere; di solito, essi – fermo restando l’affido congiunto – vengono «collocati» presso la madre, alla quale viene assegnata la casa familiare, per evitare loro l’ulteriore trauma dello spostamento.
Diritto di visita: che succede se viene ostacolato?
In caso di disaccordo tra i genitori, il giudice che pronuncia la separazione o il divorzio stabilisce anche il diritto di visita in favore del genitore non collocatario (che solitamente è il padre), disponendo le modalità, i periodi e gli orari di frequentazione.
A volte, però, accade che le madri ostacolino l’esercizio del diritto di visita, rendendo così più difficoltoso il rapporto tra il figlio e l’ex coniuge, che è anche il padre del bambino. Le condotte attraverso cui si manifesta questo comportamento sono svariate, così come i motivi che le determinano (astio, risentimento, vendetta, ecc.). I figli diventano così strumentalizzati e manipolati.
A questo punto, il genitore escluso può rivolgersi al tribunale che ha disposto la separazione o il divorzio, lamentando la situazione, esponendo dettagliatamente i fatti accaduti e chiedendo l’adozione dei provvedimenti opportuni per ristabilire i propri diritti. Il giudice ha un ventaglio di opzioni, elencate dall’art. 709 ter del Codice di procedura civile, che comprende:
– l’ammonimento del genitore inadempiente;
– la revoca dell’affidamento condiviso, con il conseguente affidamento esclusivo del figlio ad un solo genitore; questo avviene quando l’altro genitore è apparso inadeguato a svolgere i suoi compiti educativi, o quando la sua condotta è tale da costituire serio pregiudizio per la crescita serena ed equilibrata del minore;
– la decadenza dalla responsabilità genitoriale nei confronti del genitore colpevole di aver ostacolato i rapporti del figlio con l’altro genitore; è il provvedimento estremo, adottato quando la condotta ostruzionistica risulta particolarmente grave e non sono praticabili altri rimedi per ripristinare il rapporto tra il figlio ed il genitore escluso;
– il risarcimento dei danni arrecati al figlio ed al genitore con il quale la condotta ostativa dell’altro aveva precluso i rapporti;
– una sanzione amministrativa pecuniaria (da un minimo di 75 euro ad un massimo di 5.000 euro, in base alla gravità della violazione).
Madre ostacola i rapporti del figlio col padre: una vicenda concreta
Applicando i criteri che abbiamo descritto, una recentissima sentenza della Corte d’Appello di Roma ha dichiarato la perdita della responsabilità genitoriale a carico di una madre divorziata che aveva ostacolato per anni i rapporti del figlio con il padre, arrivando ad inventare malattie inesistenti pur di tenere il minore accanto a sé (questo comportamento è chiamato scientificamente «sindrome di Münchhausen»).
La donna aveva così cercato di instaurare una «pericolosa simbiosi» costruendo un «rapporto patologico» con il ragazzo, un adolescente che aveva raggiunto i 17 anni di età ed era cresciuto isolato e con gravi problemi psicologici. Tutto ciò è risultato «gravemente controproducente per il corretto sviluppo psico-fisico del minore». Perciò, i giudici capitolini hanno anche disposto il risarcimento dei danni (15mila euro al padre e 25mila euro al figlio), ed hanno disposto la trasmissione degli atti alla procura della Repubblica per valutare la possibilità di adottare una misura di protezione per il figlio.