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Dlgs 231/2001 società: la cancellazione della società non estingue l’illecito

La Cassazione inverte il proprio pensiero rispetto alla pronuncia del 2019 in cui aveva affermato l’estinzione dell’illecito amministrativo

La cancellazione della società non estingue l’illecito di cui all’art. 25 septies del D.lgs. 231/2001. E’ quanto affermato dalla quarta sezione penale della Cassazione con la recente sentenza n. 9006/2022.

La vicenda

Il dipendente di una S.r.l., durante l’orario di lavoro, cadeva da un’altezza superiore ai 3 metri, riportando plurime fratture. Venivano rinviati a giudizio i legali rappresentanti della società, per il reato di cui all’art. 590 c.p. – per aver omesso di dotare il lavoratore di idonee attrezzature di sicurezza – e il medesimo ente, per l’illecito di cui all’art. 25 septies D.lgs. 231/2001 in relazione al reato di lesioni colpose.

Dopo la condanna, sia in primo che in secondo grado, ricorrevano per cassazione i legali rappresentanti e la stessa società, quest’ultima lamentando la mancata pronuncia di estinzione dell’illecito, dal momento che era intervenuta medio tempore la cancellazione dal registro delle imprese, equiparabile alla morte fisica delle persona.

Il Procuratore Generale chiedeva l’annullamento della sentenza, limitatamente alla conferma della condanna della società, richiamando una pronuncia di legittimità della Sezione II, la n.41082 del 10-09-2019.

La pronuncia del 2019

In premessa, la S.C. prende atto dell’esistenza del precedente del 2019, secondo cui “in tema di responsabilità da reato degli enti, l’estinzione fisiologica e non fraudolenta dell’ente (nella specie cancellazione della società a seguito di chiusura della procedura fallimentare) determina l’estinzione dell’illecito previsto dal d.lgs. 8 giugno 2001 n.231 , ricorrendo un caso assimilabile alla morte dell’imputato”.

In tale precedente, il Consesso chiosa come tale soluzione interpretativa sia dovuta al fatto che il decreto legislativo in parola disciplina “solo le vicende inerenti la trasformazione dell’ente, ovvero la fusione o la scissione (art. 70 d.lgs. n.231 del 2001), ma non la sua estinzione, che dunque non può che essere trattata applicando le regole del processo penale (art.35 d.lgs. n.231 del 2001)”.

L’inversione di rotta del 2022

Gli Ermellini, tuttavia, dissentono dalla pronuncia del 2019, non condividendo il parallelismo estinzione dell’ente/morte della persona per duplici ragioni:

a) le cause estintive dei reati sono numerus clausus, non estensibile;

b) il legislatore fa un preciso riferimento alle cause estintive degli illeciti (art. 8 D.lgs. 231/2001) e alle pronunce di non doversi procedere (art.67 D.Lgs 231/2001);

c) le Sezioni Unite, con la sentenza n.11170/2014, hanno stabilito che “il fallimento della persona giuridica non determina l’estinzione dell’illecito amministrativo”- non si comprenderebbe, quindi, perché uguale ragionamento non possa applicarsi anche alla mera cancellazione dal registro delle imprese-;

d) il richiamo operato dal legislatore alle norme processuali relative all’imputato non è indiscriminato ma solo “in quanto compatibili”.

In definitiva, ad un attento esame di tutte le disposizioni vigenti, nessuna norma autorizzerebbe a ritenere scomparsa la responsabilità dell’ente per il solo effetto della cancellazione del medesimo.

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