La questione merita una più attenta riflessione perché sono stati confusi concetti tra loro differenti: quello della donazione e quello del legato. Facciamo un po’ di chiarezza sul punto.
Quando bisogna restituire le donazioni in vita?
Le donazioni fatte da una persona quando era ancora in vita possono essere contestate dagli eredi, dopo la sua morte e non oltre 10 anni da essa, solo se questi ha lasciato ai familiari più stretti una quota inferiore di quella loro riservata dalla legge (la cosiddetta «quota di legittima»).
Gli eredi che possono contestare la donazione sono chiamati «eredi legittimari» e sono unicamente il coniuge e i figli (o, in assenza dei figli, i genitori).
Se, dunque, uno degli eredi legittimari dovesse accorgersi che, alla divisione del patrimonio ereditario, la sua quota di legittima è stata lesa potrebbe mettere in discussione il testamento e le donazioni fatte dal defunto quando ancora era in vita. Sicché, il beneficiario della donazione dovrà restituire il bene che aveva ricevuto a suo tempo dal defunto.
Tale azione può, come detto, essere esercitata non già quando il donante è ancora in vita ma solo dopo la sua morte ed entro massimo 10 anni dall’apertura della successione. L’erede legittimario che assuma di essere stato leso dovrà però considerare le eventuali donazioni che anch’egli abbia ricevuto dal defunto prima che questi morisse, perché anche queste concorrono al calcolo della quota di legittima spettategli.
Chi risponde dei debiti del defunto?
A rispondere dei debiti del defunto sono solo i suoi eredi, ossia coloro che, chiamati alla successione, fanno la cosiddetta «accettazione dell’eredità». Prima dell’accettazione dell’eredità nessun familiare può essere oggetto delle pretese dei creditori del defunto.
Dall’erede bisogna distinguere la figura del legatario: colui cioè che non subentra in una quota dell’intero patrimonio del defunto ma che, col testamento, riceve solo uno specifico bene da questi. I legatari non rispondono dei debiti del defunto, benché abbiano comunque preso parte, in qualche modo, alla spartizione del relativo patrimonio. Ne rispondono solo se i creditori non siano riusciti a far valere le proprie pretese nei confronti degli eredi e pur sempre nei limiti del valore del bene ricevuto in legato.
Chi riceve una donazione risponde dei debiti del defunto?
Chi riceve una donazione non può mai rispondere dei debiti del defunto, in alcun caso. In questo è possibile ravvisare la profonda differenza tra l’istituzione di un erede o di un legatario da un lato e il beneficiario della donazione dall’altro.
Vero però è che se il donante ha eseguito la donazione in vita per sfuggire ai creditori ed evitare che questi potessero pignorare il bene in questione, tale trasferimento può essere revocato dai creditori stessi entro 5 cinque anni dalla trascrizione del rogito nei pubblici registri immobiliari. È la cosiddetta azione revocatoria. Ma una volta decorsi i cinque anni, la donazione si “solidifica”: diventa cioè definitiva e non comporta alcun rischio per il donatario.
Cosa rischia il donatario alla morte del donante?
Il donatario, alla morte del donante, rischia solo di subire l’azione di riduzione (o «lesione della legittima») intrapresa dagli eredi legittimari del defunto (coniuge, figli o genitori) nel caso in cui questi non abbia rispettato le relative quote di legittima. Ma non può mai subire un’azione di rivalsa da parte dei creditori o degli stessi eredi che, proprio in virtù di tale veste, si siano trovati a dover far fronte alle pretese dei creditori del defunto.