Ci sono voluti due anni ma alla fine è stato possibile ricostruire il percorso che il virus del Covid ha fatto per arrivare in Italia e in Europa.
Una ricostruzione appena pubblicata in tutto il mondo dalla rivista scientifica Nature, secondo la quale il Sars-CoV2 è filtrato dall’Oriente in Veneto e in Lombardia tra gennaio e febbraio 2020.
A quei tempi, si legge sul rapporto di Nature proposto dal Corriere della Sera, il virus è arrivato in Italia in due forme diverse, il che significa che c’è stato un doppio tipo di contagio. Queste prime forme, giunte in contemporanea, sono state identificate come B in Veneto e come B.1 in Lombardia.
La prima forma, cioè quella B, è rimasta circoscritta nell’area del Nordest fino ad estinguersi. Diverso, invece, il destino della B.1 che, dalla Lombardia, ha iniziato a dilagare in tutto il Paese. Si sostiene, in questo modo, che sia stato il focolaio lombardo a contagiare il resto dell’Italia, a cominciare da Veneto, Friuli, Emilia-Romagna, Marche, Lazio, Puglia e Abruzzo. Qui, il virus è mutato in B.1.1 e si è allargato altrove, da Nord a Sud (ancora Veneto e Lombardia le Regioni più castigate) fino a sbarcare in Sardegna.
Non trascorre molto tempo prima di isolare l’ultima variante del virus partito dalla Lombardia, la B.1.1.1, rintracciata in Piemonte nei giorni in cui il Governo Conte chiudeva l’Italia in un duro lockdown durato un paio di mesi. La decisione di Palazzo Chigi facilitò l’isolamento della nuova variante ma, ormai, il danno era stato fatto. In Italia e, successivamente, in Europa.
Secondo Nature, dunque, il coronavirus è partito dalla Cina, è arrivato nel Nord Italia e si è diffuso in Europa: sarebbe stato questo il percorso seguito dal Covid più di due anni fa. La rivista scientifica, infatti, sostiene che «l’Italia può essere considerata il primo e uno dei maggiori incubatori per la diffusione dell’epidemia in Europa e negli Stati Uniti e l’analisi dell’epidemiologia molecolare sin dalle prime fasi nel nostro Paese è di particolare interesse per svelare i primi passi evolutivi del virus al di fuori della Cina e i suoi adattamenti in Occidente».
Su quali basi vengono fatte queste affermazioni? Il lavoro degli scienziati – riporta il Corriere – si è basato sui primissimi passaggi evolutivi del virus, definiti dai ricercatori «lignaggi ancestrali», e cioè forme genetiche che il Sars-CoV2 aveva all’inizio, nelle fasi più vicine alla sua «nascita». Visto che il coronavirus ha mediamente due mutazioni per mese, è possibile (per quanto complicato) andare a ritroso per tracciare una mappa geografica degli «spostamenti», ricostruendo le prime tracce che quel virus col genoma molto esteso e in continuo cambiamento ha lasciato in un certo momento storico e in un certo luogo.