Investigatore Privato, Agenzia IDFOX Milano_Diritto all’oblio: cosa si intende

Diritto all’oblio: la cancellazione dei dati personali deve intendersi come la totale e definitiva eliminazione di ogni copia o riproduzione oppure nella anonimizzazione degli stessi, senza possibilità di re-identificazione

 

Cosa bisogna intendere per oblio

Il fiume dell’Oblio, nella mitologia classica, il Lete, era uno dei fiumi del mondo dei morti, le cui acque cancellavano ogni ricordo in chi vi si immergeva.

Oggi la parola “Oblio” viene accostata al Diritto a essere dimenticati o meglio al Diritto di un individuo a essere dimenticato dalla collettività e, in particolare, a non essere più menzionato in relazione a fatti che lo hanno riguardato in passato e che erano stati oggetto di cronaca dove il soggetto non era descritto o rappresentava eventi o fatti lusinghieri.

Il diritto all’oblio, con varie declinazioni, tocca molteplici normative nazionali e sovranazionali:

All’art. 2 della Costituzione che riconosce i diritti inviolabili dell’uomo (il diritto all’immagine e alla reputazione), l’art. 3 che garantisce la “pari dignità sociale” di tutti i cittadini ed infine l’art. 21 della Costituzione che garantisce il diritto alla libertà di espressione del pensiero (compreso il diritto di cronaca) entro alcuni limiti;

Nella Carta dei Diritto Fondamentali dell’Unione Europea all’art.7 “Rispetto della vita privata e della vita familiare” che recita: domicilio e delle sue comunicazioni> e all’art 8 “Protezione dei dati di carattere personale” della Carta, ove al co. 1 recita «Ogni persona ha diritto alla protezione dei dati di carattere personale che la riguardano»;

All’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo la quale dispone che ogni persona «ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza» e al conseguente art. 10 ove si specifica che la libertà di espressione può essere sottoposta a restrizioni necessarie «alla protezione della reputazione o dei diritti altrui» oppure «per impedire la divulgazione di informazioni riservate …».

All’art. 16 del TFUE regolamenta la protezione delle persone fisiche sul trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione e di tutti gli Stati membri, nell’esercizio delle competenze che rientrano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione;

La Direttiva 95/46, che disciplinava il diritto alla cancellazione dei dati personali seme dal quale nasce l’attuale art. 17 del GDPR;

La Direttiva (UE) 2016/680 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, entrata in vigore il 5 maggio 2016, relativa alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio, recepita in Italia nel maggio 2018, col Decreto Legislativo 18 maggio 2018, n. 51 regolamenta il trattamento dei dati da parte delle autorità di polizia e agevola la cooperazione transfrontaliera nella lotta contro la criminalità e il terrorismo;

Il Regolamento (UE) 2016/679 relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati, ove all’art. 17 GDPR rubricato <<Diritto alla cancellazione («diritto all’oblio»)>> che recita: <<L’interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che lo riguardano senza ingiustificato ritardo e il titolare del trattamento ha l’obbligo di cancellare senza ingiustificato ritardo i dati personali, se sussiste uno dei motivi seguenti:…>>”;

Il diritto alla riservatezza tutelato dall’abrogato decreto legislativo n. 196 del 2003 Codice della privacy, oggi aggiornato dalla legge n. 160/2019, dal D.L. n. 53/2019, dal D.M. 15 marzo 2019 e dall’attuale decreto legislativo n. 101/2018 oggi in vigore;

Le Linee Guida n. 5/2019 dell’European Data Protection Board che illustrano e chiariscono serie di criteri, in tutto sono 13, orientativi per le autorità garanti nazionali chiamate a gestire i reclami riguardanti richieste di deindicizzazione;

Infine, ma non meno importante, l’art. 595 del codice penale “diffamazione”, che protegge la reputazione di ogni persona fisica.

Il diritto all’oblio e il diritto alla cancellazione

La cancellazione dei dati personali deve intendersi come la totale e definitiva eliminazione di ogni copia o riproduzione oppure nella anonimizzazione degli stessi, senza possibilità di re-identificazione.

La Cassazione a Sez. Unite con sentenza n. 19681 del 2019 ha ricondotto “la deindicizzazione nel quadro di una classificazione che considera il medesimo come una delle tre possibili declinazioni del diritto all’oblio: le altre due sono individuate nel diritto a non vedere nuovamente pubblicate notizie relative a vicende in passato legittimamente diffuse, quando è trascorso un certo tempo tra la prima e la seconda pubblicazione e quello, connesso all’uso di internet e alla reperibilità delle notizie nella rete, consistente nell’esigenza di collocare la pubblicazione, avvenuta legittimamente molti anni prima, nel contesto attuale”.

Il titolare del trattamento dei dati personali ha l’obbligo di procedere alla cancellazione automatica dei dati quando ne ricorrono le condizioni e indipendentemente dall’esercizio dell’interessato (Considerando 39), così come l’interessato, senza formalità predefinite (Considerando 59), ricorrendo alcune condizioni, può richiedere la cancellazione dei dati personali al titolare del trattamento.

L’art. 17 co 3 del GDPR stabilisce che non si procede alla cancellazione, “nella misura in cui il trattamento sia necessario” elencando una serie di motivi apparentemente in conflitto con quanto riportato nei paragrafi precedenti, ad esempio se il trattamento sia necessario all’esercizio del diritto alla libertà di espressione e di informazione.

Deindicizzazione dei link (o de-listing) dai motori di ricerca

La deindicizzazione deve riguardare l’identità digitale dei soggetti interessati che si sentono disturbati o importunati dal riemergere di vecchie notizie fornendo una rappresentazione della loro identità personale ormai non più attinenti alla loro vita attuale.

La digitalizzazione di tutti i grandi e piccoli fatti di cronaca riportati dal giornale locale o dal quotidiano a tiratura nazionale fa sì che la notizia circoli sulle pagine web delle testate per anni (con annesso archivio storico prima solo cartaceo e consultabile da pochi soggetti), rendono disponibili a tutti i fruitori del web l’accesso agli articoli pubblicati ipoteticamente per sempre.

La indicizzazione automatica attuata dai motori di ricerca attraverso i loro algoritmi riesce a rendere le notizie fruibili attraverso una semplice ricerca inserendo il nome del soggetto interessato dall’utente “una query” (o keyword, parola chiave). Il motore di ricerca visualizza una lista di risultati (SERP, Search Engine Results Pages, ovvero pagine dei risultati del motore di ricerca) mettendo a disposizione degli utenti una copia cache delle pagine indicizzate.

Il rinvenimento di notizie personali con una semplice ricerca in rete su tutti quei fatti che hanno coinvolto un soggetto anche molti anni addietro sono vissuti come una ingerenza nella sfera privata, ecco perché l’interessato può chiedere al motore di ricerca di avvalersi del c.d. diritto all’oblio con una richiesta di deindicizzare della notizia che lo riguarda.

L’attività svolta dai motori di ricerca di trovare “informazioni pubblicate o inserite da terze parti sul Web e indicizzarle in modo automatico, nel memorizzarle temporaneamente e, infine, nel mettere a disposizione degli utenti di internet secondo un determinato ordine di preferenza, deve essere qualificato come <<trattamento di dati personali>>, ai sensi dell’art 2, lettera b), qualora tali informazioni contengano dati personali, e il gestore di detto motore di ricerca deve essere considerato come il <<responsabile>> del trattamento summenzionato, ai sensi dell’art 2, lettera d), della stessa direttiva (corte giust. Google Spain e Google)”.

L’attività del motore di ricerca consiste nel reperimento d’informazioni presenti in rete, nella indicizzazione, nella memorizzazione e nell’offerta al pubblico delle medesime e integra il trattamento dei dati personali.

La deindicizzazione dei link dai motori di ricerca che riguardano vicende passate salvaguarda l’identità personale del soggetto dalla divulgazione di informazioni potenzialmente lesive in ragione della perdita di attualità delle notizie.

La richiesta di deindicizzazione fatta dall’interessato al motore di ricerca è un’attività che consiste nel far escludere il nominativo del soggetto richiedente tra i risultati riportati della ricerca su fatti ed eventi che potenzialmente sono ora lesivi della persona coinvolta, la notizia di cronaca rimane presente in rete e continua ad essere raggiungibile per conservare anche la memoria storica di avvenimenti benché nefasti, ma si rinviene con una ricerca più complessa, più lunga e articolata con una combinazione di parole più specifiche.

Utilizzando il metodo di deindicizzazione della notizia questa non si cancella dalla rete e conseguentemente dal mondo dell’informazione digitale, ma continua a resta disponibile nel sito web di origine.

Il motore di ricerca fornisce sempre una risposta alla ricerca, ma non più partendo dal nome dell’interessato.

Diversamente i protagonisti di vicende di cronaca nera, anche dopo diversi anni, vedono il proprio nome e la propria immagine fotografica associata ad eventi nefasti indipendentemente dalla conclusione della vicenda nei loro confronti (ad esempio di assoluzione o condanna già scontata) del fatto narrato nell’articolo, nel blog o nel filmato giornalistico si vedrebbero addebitati quei fatti passati come eventi ancora attuali senza un giustificato motivo o un reale interesse per la collettività.

La deindicizzazione diviene un rimedio dell’era digitale atto ad evitare che un soggetto sia associato dal motore di ricerca ai fatti di cui internet continua e continuerà a conservare memoria, pertanto tale strumento deve aiutare l’interessato a non essere facilmente trovato nel mare magnum della memoria virtuale adattando il the right to be let alone in right not to be found easily.

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