Quando è dovuto l’assegno di mantenimento all’ex coniuge professionista che ha uno studio e dei clienti.
Per ottenere l’assegno divorzile, ciò che conta, oltre alla disparità di reddito tra i due ex coniugi, è anche l’oggettiva e incolpevole impossibilità, per quello più “povero”, di potersi mantenere da solo.
Ma quando c’è una “potenzialità lavorativa”, ossia una capacità di produrre reddito, i giudici tendono a negare qualsiasi mantenimento. Ed allora la domanda torna (di nuovo) spontanea: l’ex moglie avvocato ha diritto agli alimenti?
Ex moglie con abilitazione professionale: ha diritto al mantenimento?
Secondo la Corte, l’agognata abilitazione all’esercizio della professione forense può rivelarsi un boomerang in caso di divorzio per la richiesta dell’assegno. E difatti, i giudici supremi hanno respinto il ricorso di una donna che, all’indomani della separazione con il marito, pretendeva da questi gli alimenti.
Tuttavia, la domanda è stata rigettata poiché la donna «risultava da tempo abilitata alla professione forense ed iscritta al relativo Albo, oltre che alla Cassa previdenziale di pertinenza». La donna aveva conseguito l’abilitazione pochi mesi dopo la cessazione della convivenza.
Per i giudici, se anche i dati acquisiti non fornivano un «quadro sufficiente a dimostrazione di quanti e quali redditi le derivassero da tale attività professionale, in ogni caso, la sua non avanzata età, in uno con l’assenza di fattori impeditivi del concreto ed operativo esercizio (mai peraltro allegata, dedotta e dimostrata dalla ricorrente/appellata), portavano ragionevolmente ad escludere la sussistenza di ragioni oggettive di ostacolo alla capacità della donna di procurarsi mezzi “adeguati” al proprio sostentamento».
Quando l’ex moglie ha diritto al mantenimento
Per comprendere il ragionamento dei giudici è necessario ripercorrere le linee guida che portano i tribunali a riconoscere all’ex moglie gli alimenti.
Innanzitutto, è necessario che vi sia una disparità di redditi tra i due coniugi. Se questi infatti presentano una situazione economica pressoché equivalente, nessuno dei due dovrà mantenere l’altro.
In secondo luogo, è necessario che il coniuge con il reddito più basso non sia in grado di mantenersi da solo. Se infatti, pur in presenza della suddetta disparità, il coniuge più svantaggiato dispone comunque di uno stipendio che gli consente l’indipendenza e l’autosufficienza (si pensi a un lavoro di insegnante), il mantenimento non è dovuto.
In terzo luogo, è necessario che tale situazione di dipendenza economica dell’uno dall’altro non sia “colpevole”, non dipenda cioè da inerzia nella ricerca di opportunità lavorative. Ragion per cui il coniuge richiedente l’assegno dovrà dimostrare di non avere ciò che i giudici chiamano “potenzialità reddituale”. Deve quindi avere un’età avanzata, oppure una condizione di salute che gli impedisce di dedicarsi a un’occupazione, o di aver cercato un posto ma di non esserci riuscito. Ecco perché le donne giovani, con un titolo professionale e un “pacchetto clienti” seppur minimo non possono ambire all’assegno divorzile, avendo già tutto ciò che serve per rendersi autonome: formazione, abilitazione, studio, capacità reddituali.
In presenza di tali requisiti, è possibile ottenere gli alimenti dall’ex. Ma anche qui non è possibile aspirare a grosse cifre: secondo la Cassazione, pur in presenza di un coniuge benestante, il richiedente avrà diritto solo ad un importo che gli consenta di condurre una vita decorosa, ma non anche pari a quella dell’ex. In buona sostanza, l’assegno di mantenimento non deve garantire il mantenimento dello stesso tenore di vita di cui si godeva in costanza di matrimonio.
Ex moglie casalinga: ha diritto al mantenimento?
Tutto ciò di cui abbiamo appena parlato incontra un’eccezione: quando risulta che l’ex moglie, d’accordo con il marito, ha rinunciato (in tutto o in parte) alla propria carriera per dedicarsi alla casa e alla famiglia (ad esempio badando ai figli), ha allora sempre diritto a un mantenimento proporzionato al reddito dell’ex (il quale si è potuto dedicare al lavoro, e quindi si è arricchito, proprio in ragione di tale sacrificio).
Ex moglie avvocato o professionista: le spettano gli alimenti?
Nel caso di specie, la Cassazione ha ritenuto che non sussistessero i presupposti per chiedere l’assegno di divorzio, posta appunto la potenzialità reddituale dell’ex moglie avvocato. E lo stesso discorso può ovviamente essere fatto anche per qualsiasi altro tipo di professionista.
Mentre, con riferimento al contributo personale ed economico dato da ciascun coniuge alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ognuno e di quello comune”, l’apporto dell’ex al ménage domestico non poteva essere considerato “significativo”, sia per il fatto che ella «non ha prodotto reddito, essendosi dedicata agli studi universitari, sia per la breve durata del rapporto matrimoniale, pari ad appena tre anni, sia per la mancanza di figli e sia perché l’ex marito trascorreva fuori casa gran parte del tempo per via del lavoro».
In definitiva, per la Cassazione, la donna «era libera di organizzare la giornata a proprio piacimento. Piuttosto era stato l’ex marito a consentire all’ex moglie di dedicarsi agli studi universitari durante la vita coniugale, attendendo costantemente al proprio lavoro per garantire un reddito alla famiglia, cosicché ella aveva potuto conseguire la laurea ed esercitare, conseguentemente, la professione legale, con acquisizione di una posizione reddituale superiore alla sua».
Quando l’ex moglie professionista ha diritto al mantenimento
Il fatto di essere una professionista, munita di titolo e di studio, non garantisce sempre di ottenere gli alimenti. Si pensi al caso in cui l’ex coniuge ha sì il titolo, ma non uno studio, né ha esercitato l’attività per molti anni a causa della scelta – condivisa con l’altro coniuge – di badare alla famiglia. Si pensi a una donna che è commercialista o avvocato ma ha preferito svolgere lavori saltuari e comunque senza alcun impegno, avendo piuttosto interesse a dedicarsi ai figli e alla casa. In una situazione del genere – ha sottolineato in passato la Cassazione – sussiste il diritto al mantenimento.
Scatta dunque l’assegno divorzile per l’ex moglie professionista che non ha mai esercitato. Specie se non ha abbastanza soldi per aprire un suo studio professionale.
Pesa quindi la storia matrimoniale: bisogna accertare il rapporto fra le scelte adottate dalla coppia – ad esempio, la decisione della donna di dedicarsi a crescere i figli – e la situazione economica di chi chiede il contributo quando il vincolo si scioglie.