Come si fa il calcolo del risarcimento danni? Danni patrimoniali e non patrimoniali: distinzione, prova e tutela dei diritti del danneggiato.

Come si fa il calcolo del risarcimento danni?

Danni patrimoniali e non patrimoniali: distinzione, prova e tutela dei diritti del danneggiato.

Se hai subito un infortunio o sei stato vittima di un illecito (sia esso di natura civile o penale), vorrai agire contro il responsabile per far valere i tuoi diritti. Ti chiederai, pertanto, quanto gli puoi chiedere e se ci puoi guadagnare. Per stabilire come si fa il calcolo del risarcimento danni devi però seguire le regole fissate dalla legge e dalla giurisprudenza. Si tratta di criteri molto precisi, rivolti a evitare un indebito arricchimento da parte della vittima. Scopo del risarcimento è infatti eliminare il danno e le perdite subite, non invece consentire un lucro.

Per stabilire come si calcola il risarcimento dobbiamo tenere presente che esistono diverse categorie di danni, ciascuna delle quali segue regole diverse. Ne parleremo meglio qui di seguito.

Indice

* Quali sono i danni risarcibili?

* Come si calcola il danno emergente?

* Come si calcola il lucro cessante?

* Come si calcola il danno biologico?

* Come si calcola il danno morale?

* Come si calcola il danno esistenziale?

Quali sono i danni risarcibili?

Di norma si distinguono i danni risarcibili in due macro categorie:

* danni patrimoniali: quelli che determinano una perdita economica (sia in termini di spese sostenute che di mancato guadagno);

* danni non patrimoniali: quelli che implicano una compromissione fisica o psicologica, oppure una sofferenza della vittima.

Nell’ambito della categoria dei danni patrimoniali si distingue poi tra:

* danno emergente: sono le spese sostenute per eliminare gli effetti dell’illecito. Ne sono un esempio: il costo di riparazione dell’auto incidentata, l’imbianchino per ritinteggiare una parete macchiata dall’umidità, il fisioterapista per la riabilitazione a seguito di un incidente, il chirurgo plastico dopo uno sfregio al viso, le spese mediche e farmaceutiche. Un altro esempio tipico è il caso di un’operazione chirurgica mal riuscita a causa di negligenza medica, che costringe il paziente a sostenere le spese per un successivo intervento correttivo. Questo tipo di danno riguarda quindi le spese effettivamente sostenute per riparare il danno subito;

* lucro cessante: è la perdita di potenziali guadagni futuri che il danneggiato avrebbe conseguito se non avesse subito il danno. Si verifica quando il danneggiato, a seguito dell’atto illecito, non può svolgere la propria attività lavorativa. Si pensi a una persona che, svolgendo l’attività di agente di commercio, non abbia potuto concludere una serie di affari durante la convalescenza; o alla diminuzione di introiti per un professionista danneggiato da una notizia falsa circolata sul suo conto; o alla perdita economica dell’autore di un’opera che è stata plagiata e diffusa indebitamente.

Nell’ambito invece della categoria dei danni non patrimoniali si distingue tra:

* danno biologico: è la perdita di funzionalità del corpo, che può essere momentanea (ad esempio un braccio ingessato, uno stato di depressione, ecc.) o definitiva (ad esempio la compromissione di un’articolazione alla spalla, l’amputazione di un arto, ecc.). Il danno biologico viene definito come la lesione dell’integrità psicofisica. È tanto più elevato quanto più giovane è l’età della vittima, dovendo questa, specie in caso di invalidità definitiva, far i conti per più tempo con la sofferenza della menomazione;

* danno morale: è la sofferenza a seguito dell’illecito, che può consistere in un dolore interiore e psicologico (come ad esempio può essere per il proprietario di un cane investito da un’auto o un giovane che subisce la perdita del padre a seguito di incidente stradale) o fisico (si pensi a chi è costretto a subire un forte dolore per una frattura scomposta o sia obbligato a operarsi a un’anca);

* danno esistenziale: consiste in un peggioramento della qualità della vita del soggetto derivante dalla compromissione dei valori della sua esistenza, compromissione che pregiudica la sua personalità. Si pensi a un agente della polizia che, subendo una ferita da arma da fuoco all’inguine, perda la capacità di avere figli.

Fatte queste distinzioni, possiamo finalmente comprendere come si calcola il risarcimento del danno.

Come si calcola il danno emergente?

Il criterio di calcolo del danno emergente è il più facile: basterà fornire tutte le prove delle spese sopportate o i preventivi per quelle ancora da affrontare. Ad esempio, la fattura dell’officina o la parcella del chirurgo per eliminare una cicatrice dal volto.

Ci deve essere una stretta consequenzialità tra il danno e la condotta illecita. Chi aveva la macchina già incidentata non potrà pretendere che il responsabile dell’incidente paghi l’intero rifacimento della fiancata già distrutta in precedenza.

Il risarcimento del danno emergente è determinato dal giudice in base alla perdita patrimoniale che la parte lesa deve comprovare. In pratica, il magistrato decreta che chi ha provocato il danno è obbligato a compensare la parte danneggiata per l’importo del patrimonio che questa ha perso.

Tuttavia, ci possono essere situazioni in cui non è possibile quantificare esattamente l’entità del danno. In questi casi, il giudice procederà a una liquidazione equitativa del danno, stabilendo una cifra ritenuta giusta. È fondamentale, però, che la perdita patrimoniale sia documentata in modo attendibile e basata su motivazioni solide.

Inoltre, poiché il risarcimento non può determinare un arricchimento della vittima, quando il costo della riparazione supera enormemente il valore che aveva l’oggetto danneggiato al momento del sinistro, il magistrato liquiderà il danno sulla base di quest’ultimo valore, seppure inferiore.

Come si calcola il lucro cessante?

Il lucro cessante presenta maggiori difficoltà, dovendosi ricostruire un reddito in via presuntiva, che non si è mai realizzato. Non è sufficiente il confronto con le precedenti dichiarazioni dei redditi. Bisognerà mostrare, ad esempio, i contratti in corso e l’impossibilità di darvi esecuzione.

Prima di procedere alla quantificazione del danno da lucro cessante, è essenziale valutare le implicazioni del danno stesso.

Un primo aspetto riguarda l’impossibilità di utilizzare un bene fondamentale per generare reddito (si pensi al professionista che non possa usare il telefono perché la compagnia non gli attiva la linea in tempi ragionevoli).

Un secondo aspetto concerne le ripercussioni sul mancato svolgimento di accordi contrattuali futuri, che possono includere la perdita o la riduzione della capacità lavorativa o della possibilità di fornire prestazioni di assistenza.

Per la determinazione del lucro cessante, la Corte di Cassazione ha fornito linee guida nella sua sentenza n. 11759 del 15 maggio 2018, differenziando il calcolo a seconda della tipologia di lavoratore coinvolto:

* per il lavoratore dipendente: il calcolo si basa sul reddito da lavoro, incrementato dalle entrate esenti e dalle deduzioni fiscali applicabili;

* per il lavoratore autonomo: si considera il reddito netto più elevato dichiarato nei tre anni precedenti. Tale reddito è quello considerato ai fini dell’IRPEF. In questo caso, il giudice focalizzerà la sua attenzione sulla base imponibile, piuttosto che sul reddito effettivamente percepito.

Come si calcola il danno biologico?

Esaminiamo ora il danno biologico, considerato la principale categoria di danno non patrimoniale. Come abbiamo visto, esso consiste in una lesione all’integrità psico-fisica dell’individuo. Per quanto riguarda la liquidazione di tale danno, è necessario riferirsi alle apposite tabelle di valutazione redatte dai vari Tribunali italiani. Tra queste, le tabelle milanesi sono le più note e utilizzate. Queste determinano la misura del danno sulla base di alcuni parametri:

* l’età del soggetto danneggiato;

* i punti di invalidità permanente assegnati tramite perizia medico-legale;

* i giorni di incapacità temporanea dovuti al danno biologico.

La scelta di elevare le tabelle milanesi a parametro di riferimento è stata motivata dalla necessità di un criterio uniforme per il risarcimento del danno biologico, considerato il valore supremo della salute, garantito anche dalla Costituzione.

Il Tribunale di Milano aggiorna annualmente le tabelle milanesi, fornendo criteri aggiornati per la valutazione del danno. Questo aggiornamento è fondamentale, come ribadito da una ulteriore sentenza della Corte di Cassazione (n. 33770 del 19 dicembre 2019), secondo la quale il giudice deve riferirsi all’ultima tabella pubblicata dal Tribunale di Milano al momento della liquidazione del danno.

Come si calcola il danno morale?

Il danno morale si riferisce alla sofferenza psichica o fisica che una persona subisce a causa di un atto illecito commesso da altri. Questo tipo di danno può derivare sia da lesioni fisiche, il cui caso è correlato al danno biologico, sia da traumi psichici, come quelli provocati da un prolungato soggiorno in strutture ospedaliere.

Data la difficoltà di quantificare con esattezza il danno morale, spetta al giudice determinare l’ammontare del risarcimento. Lo farà in via equitativa, ossia sulla base di quanto gli appare giusto in base al caso concreto. Nel fare ciò,  egli deve considerare la serietà delle sofferenze subite dalla vittima, la gravità del comportamento illecito e altri elementi rilevanti del caso specifico. Questi fattori contribuiscono a definire un risarcimento che sia giudicato equo e adeguato alle circostanze.

Proprio per la difficoltà di individuare un preciso danno morale, il magistrato deve riconoscere il danno morale solo se l’illecito integra:

* un reato;

* una violazione di un diritto costituzionale.

La Cassazione ha precisato che i piccoli fastidi della vita quotidiana non possono giustificare un risarcimento del danno morale (un tacco rotto in una mattonella, un taglio di capelli sbagliato, ecc.).

Come si calcola il danno esistenziale?

Il dibattito giurisprudenziale ha lungamente discusso la legittimità del danno esistenziale, evidenziando la sua necessità per la protezione di diritti riconosciuti a livello costituzionale. L’articolo 2059 del Codice civile sottolinea che tutti i danni, compresi quelli non patrimoniali, sono risarcibili se ledono valori e beni tutelati dalla Costituzione.

In particolare, la sentenza n. 10414 del 2016 della Corte di Cassazione chiarisce che il danno biologico, il danno morale e il danno dinamico-relazionale (definito anche esistenziale), che implica un peggioramento delle condizioni di vita quotidiane, sono tutti pregiudizi non patrimoniali distinti e risarcibili.

Fonte internet

 

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