Assegno di divorzio alla ex: il lavoro nero non conta

Per la Cassazione, non rileva che la moglie dopo la separazione abbia lavorato in nero, rileva la sua disoccupazione e le rinunce fatte per la famiglia

Corretta per la Cassazione (n. 37571/2021) la decisione di riconoscere alla ex moglie un assegno mensile di 1200 euro e alle due figlie minori 700 euro per il loro mantenimento. Questo perché lui abita nella casa di famiglia, mentre lei deve pagare un canone mensile di 500 euro, lui è commerciante di mobili e lei è disoccupata, lui ha ammesso che la donna si è sempre occupata degli oneri della vita familiare, mentre lui no. L’assegno ha funzione perequativa, compensativa e assistenziale per cui non rileva che la donna dopo la separazione ha lavorato in nero, a rilevare ai fini della attribuzione e quantificazione dell’assegno è anche il sacrificio della stessa a realizzarsi professionalmente e a conquistarsi un’autonomia professionale e il fatto che la stessa ora è disoccupata anche perché deve occuparsi delle figlie.

La vicenda processuale

Il Tribunale, dichiarato il divorzio, dispone che il marito debba corrispondere alla ex moglie 1200 euro al mese a titolo di assegno di divorzio e 350 euro ciascuno in favore delle due figlie. La decisione viene confermata in sede di appello.

Esagerato l’assegno per la ex e le figlie

L’ex marito obbligato ricorre in Cassazione perché la Corte di Appello nel confermare l’assegno di divorzio in favore della ex moglie non ha considerato le condizioni economiche delle parti, la sproporzione delle rispettive situazioni economiche e il fatto che la ex moglie, nata nel 1973 potrebbe ancora lavorare visto che è stata licenziata solo due anni prima dal suo lavoro di commessa in una panetteria.

Con il secondo invece contesta alla Corte di non aver ammesso le prove testimoniali richieste in primo grado senza motivare sul punto e senza tenere conto, alla luce delle rispettive situazioni reddituali, dell’impossibilità per lo stesso di mantenersi con l’importo che residua dopo il pagamento della somma da corrispondere alle figlie e alla ex moglie.

Assegno alla ex che dopo la separazione ha lavorato in nero

La Cassazione respinge le doglianze dell’ex, dichiarando il ricorso inammissibile.

Gli Ermellini rilevano infatti come in realtà la decisione ha già preso in considerazione le rispettive condizioni economiche delle parti. E’ emerso infatti che la ex non ha redditi propri, così come le figlie adolescenti, che il ricorrente percepisce una somma mensile di 1900,00 euro e vive nella casa coniugale, mentre la donna deve sostenere un esborso mensile per il canone di locazione di 500 euro al mese.

La decisione quindi deve essere confermata perché conforme ai principi sanciti dalla Cassazione, che ha riconosciuto all’assegno divorzile una funzione assistenziale, perequativa e compensativa.

La Corte di Appello, alla luce dei suddetti criteri, ha pertanto deciso correttamente in quanto il ricorrente, commerciante di mobili, ha riconosciuto che la ex moglie ha sempre avuto maggiori oneri nella conduzione della vita familiare e che la stessa ha rinunciato alle sue aspirazioni anche per occuparsi delle figlie, mettendo da parte la sua realizzazione professionale e una sua autonomia economica. Non rileva che la moglie, dopo la separazione, ha lavorato in nero all’insaputa dell’ex marito e che in passato ha ricoperto il ruolo di commessa in un panificio. Ciò che conta è che la donna al momento è disoccupata anche perché si occupa interamente delle figlie.

Inammissibile il secondo motivo perché finalizzato a ottenere l’ammissione di capitoli di prova generici e non decisivi, che la Corte ha ritenuto irrilevanti ai fini del decidere.

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