A quale genitore il giudice affida i figli con la separazione? Agenzia Investigativa IDFOX Milano

A quale genitore il giudice affida i figli con la separazione?

Come vengono affidati i figli in caso di separazione, chi decide l’affidamento del figlio e quando questo viene dato al padre.

Sia in presenza di una coppia sposata che di conviventi, quando interviene la separazione è necessario prendere alcune fondamentali decisioni in merito ai figli: con chi andranno a vivere? Chi deciderà per loro finché sono minorenni? Chi contribuirà alle spese per il loro mantenimento? Queste decisioni possono essere assunte dai genitori di comune accordo. Ma se l’accordo stenta a intervenire, non c’è altra strada che ricorrere al tribunale. Ma a quale genitore il giudice affida i figli con la separazione?

Sappiamo che la legge non fa distinzione di sesso e che, quando si tratta di definire il genitore collocatario (quello cioè con cui i bambini andranno a vivere), deve valutare senza pregiudizio sia le capacità della madre che del padre.

L’esperienza però ci offre una realtà completamente diversa, in cui quasi il 90% delle separazioni si chiudono con la collocazione dei figli presso la madre e l’affidamento condiviso. Come mai? Cerchiamo di fare il punto della situazione.

Indice

* Che differenza c’è tra collocamento e affidamento?

o Collocamento

o Affidamento

* Come si stabilisce presso chi collocare il figlio?

* Quanto conta la volontà del figlio nella collocazione?

Che differenza c’è tra collocamento e affidamento?

Separazioni e divorzi possono portare a decisioni difficili, soprattutto quando si tratta di stabilire la cura dei figli minori. Due concetti chiave in questo ambito sono collocamento e affidamento, spesso confusi tra loro.

Collocamento

Il collocamento indica la residenza abituale del figlio. Di norma, in Italia, il collocamento è prevalentemente presso la madre, anche se la legge non indica una preferenza di genere. La scelta dovrebbe infatti basarsi sul genitore più idoneo a garantire la crescita serena e stabile del bambino, tenendo conto di diversi fattori:

* capacità genitoriali: competenze e attitudini nell’accudire il figlio;

* disponibilità di tempo: capacità di dedicare tempo al bambino;

* relazione con il figlio: affettività e legame con il bambino.

Non vengono presi a riferimento elementi come la stabilità economica (questo perché, in caso di indisponibilità del genitore collocatario, sarà l’altro a dover contribuire con l’assegno mensile) e la disponibilità di un’abitazione (anche in questo caso il giudice può assegnare la casa di proprietà dell’ex al genitore collocatario).

Affidamento

L’affidamento riguarda la responsabilità genitoriale, ossia il potere di educare e istruire il figlio. In Italia, l’affidamento è quasi sempre condiviso, a meno che non vi siano gravi motivi che lo impediscano.

L’affidamento condiviso significa che entrambi i genitori, anche se non convivono più, conservano il diritto e il dovere di:

* prendere decisioni importanti sulla vita del figlio (scuola, salute, educazione religiosa);

* mantenere un rapporto significativo con il bambino.

In alcuni ed eccezionali casi, il giudice può disporre un affidamento esclusivo a uno solo dei genitori, se l’altro genitore:

* è stato dichiarato decaduto dalla potestà genitoriale.

* ha maltrattato o abusato del figlio.

* ha gravi problemi di salute mentale o dipendenze.

Leggi Quando c’è l’affido esclusivo al padre?

È importante ricordare che ogni caso è diverso e necessita di una valutazione specifica da parte del giudice. Un avvocato esperto in diritto di famiglia può fornire supporto e consulenza per tutelare i diritti dei figli e trovare la soluzione migliore per il loro benessere.

Come si stabilisce presso chi collocare il figlio?

Quando un giudice deve decidere con chi andranno a vivere i figli in caso di separazione o divorzio dei genitori, deve seguire una regola fondamentale. Questa regola è stabilita dalla legge e dice che la decisione deve essere presa pensando esclusivamente a ciò che è meglio per i bambini, sia dal punto di vista morale che materiale. In altre parole, il giudice deve scegliere il genitore che sembra più capace di limitare i problemi causati dalla fine del matrimonio e di garantire che i bambini crescano nel modo migliore possibile.

La scelta di questo genitore non è casuale, ma si basa su una valutazione attenta e previsionale delle capacità di entrambi i genitori di crescere i loro figli da soli, dopo la separazione o il divorzio. Questa valutazione prende in considerazione diversi aspetti: come ogni genitore si è comportato nel passato nel suo ruolo di mamma o papà, quanto è stato affettuoso, attento, comprensivo ed educativo, e la sua disponibilità a mantenere un rapporto costante con i figli anche in termini di tempo (in relazione quindi alle disponibilità del lavoro) e di pazienza (secondo un’attitudine personale).

Inoltre, il giudice esamina anche la personalità di ciascun genitore, il suo stile di vita e il tipo di ambiente domestico che può offrire ai bambini.

Tutti questi elementi aiutano il giudice a decidere quale genitore è più adatto a prendersi cura dei figli dopo che la famiglia si è divisa.

In aggiunta, è importante che il giudice consideri non solo come i genitori si sono comportati fino a quel momento, ma anche le loro caratteristiche personali. Questo significa valutare come vivono la quotidianità e che tipo di rapporto possono offrire ai figli in termini affettivi e di presenza fisica. Si tratta di capire quale dei due genitori sia in grado di creare un ambiente più stabile e positivo per il benessere dei bambini.

Questo processo di valutazione è molto dettagliato e si basa su fatti concreti e osservazioni specifiche sul comportamento dei genitori nel tempo. Il giudice deve quindi analizzare attentamente tutte queste informazioni per prendere una decisione che favorisca il meglio per i figli, assicurando loro una crescita serena e lo sviluppo di una personalità equilibrata, nonostante le difficoltà causate dalla separazione dei loro genitori.

Quanto conta la volontà del figlio nella collocazione?

La legge impone al giudice di sentire il figlio che abbia almeno 12 anni in tutte le decisioni che lo riguardano, quindi sia in quelle per l’affidamento, sia in quelle per il collocamento.

Tuttavia il giudice può anche sentire il figlio con meno di 12 anni se lo ritiene capace di discernimento (in tal caso però la valutazione dovrà essere motivata).

Questo aspetto umanizza la procedura legale e assicura che la voce dei minori non venga trascurata nella decisione che influenzerà profondamente la loro vita.

Il fatto che il figlio esprima un determinato giudizio non impone al giudice di adattarsi ad esso. Egli infatti potrebbe essere stato manipolato da uno dei genitori, circostanza che andrà valutata attentamente dal giudice. In pratica, il parere del minore non è vincolante.

La decisione finale del giudice, quindi, sarà il risultato di un’analisi approfondita che tiene conto di tutti gli aspetti della vita dei genitori e del loro modo di interagire con i figli. È un processo che mira a individuare quale dei due genitori possa garantire non solo le necessità materiali, ma anche il supporto emotivo e psicologico essenziale per il benessere dei minori.

 

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