La prescrizione del diritto al pagamento della parcella dell’avvocato dopo una causa o una procedura.
A volte ritornano. Chi? Gli avvocati a cui non è stata pagata la parcella. Potrebbero fare la loro ricomparsa dopo diversi mesi o anni da quando la prestazione è stata eseguita ma non onorata. Qui sorge sempre una domanda: quando si prescrive il compenso dell’avvocato?
La questione merita una premessa di carattere pratico: spieghiamo perché un professionista dovrebbe attendere così tanto tempo prima di riscuotere il proprio credito.
Non tutti lo sanno ma anche gli avvocati, nonostante il lavoro che svolgono, hanno problemi legali: succede quando devono recuperare i propri crediti. Qui non è questione di bravura ma di solvibilità del cliente. Laddove questi infatti si renda inadempiente e tuttavia non abbia beni pignorabili, anche il legale più zelante e preciso dovrà arrendersi all’evidenza. Ma a volte la pazienza premia. Così l’avvocato – che certo, in questo, è tra i professionisti più navigati – attenderà il momento giusto (a volte anni) per farsi vivo non appena l’ex cliente avrà dimenticato il debito e avrà mutato la propria condizione reddituale o patrimoniale. Oppure potrebbe aspettare che il cliente muoia e poi chiedere il pagamento agli eredi.
Tuttavia, come tutti i crediti, anche quello dell’avvocato va in prescrizione. Anzi, la prescrizione dei crediti dei professionisti è piuttosto breve: solo di 3 anni. Il problema però è comprendere da quando inizia a decorrere il termine di prescrizione: da quando viene emessa la fattura, da quando viene pubblicata la sentenza o da quando viene portato a compimento l’intero mandato? Un chiarimento lo fornisce la Cassazione.
Indice
* La prescrizione del credito dell’avvocato
* Da quando decorre la prescrizione dell’avvocato?
* La vicenda
La prescrizione del credito dell’avvocato
Abbiamo anticipato che la prescrizione del compenso dell’avvocato è di 3 anni.
In verità, come tutti i crediti derivanti da un contratto (anche se verbale), la prescrizione è di 10 anni. Ma la legge prevede la possibilità di una prescrizione più breve (appunto triennale) che viene detta “presuntiva”. Cosa significa? Che il creditore ha il modo per dimostrare che il suo credito non è stato soddisfatto ma solo facendo giurare al debitore, dinanzi al giudice, di non aver pagato. È chiaro però che, se le parti sono in causa, è perché sostengono il contrario. E difficilmente il debitore, dinanzi al magistrato, cambierà idea o dirà la verità se non ci sono prove contrarie che rischiano di poterlo incriminare per il reato di falso in atto pubblico (il verbale di udienza).
Ecco perché possiamo ben dire che, in generale, la prescrizione dei crediti dell’avvocato è sempre di 3 anni.
Peraltro ogni buon avvocato sa interrompere i termini di prescrizione: cosa che avviene con una lettera di diffida (raccomandata a/r) inviata al debitore. Da quel momento in poi il termine decorre nuovamente da capo.
Da quando decorre la prescrizione dell’avvocato?
La parte più complicata del discorso inizia quando bisogna individuale il momento a partire dal quale si inizia a calcolare il termine di tre anni.
Di certo, se c’è un contratto scritto professionale che indica una data di scadenza dei pagamenti, la prescrizione parte dal giorno successivo a quello ultimo di pagamento.
Viceversa quando non c’è un atto di questo tipo bisogna far riferimento all’insegnamento fornito dalla Cassazione. Con l’ordinanza n. 2618/2024, la Suprema Corte ha chiarito che la prescrizione del compenso dell’avvocato inizia a decorrere dalla pubblicazione della decisione definitiva del giudice (sentenza, decreto, ordinanza, ecc). Questo momento segna la conclusione dell’affare per il quale l’avvocato era stato incaricato.
Le eventuali azioni successive intraprese dal legale (diffide, messa in mora, avvio di pignoramento) non influenzano il termine di prescrizione originario poiché si tratta di incarichi differenti, da pagare separatamente. Dunque, essi non posticipano la prescrizione.
Secondo la Cassazione, la “conclusione della prestazione” si verifica con “l’esaurimento dell’affare”, che coincide con la pubblicazione del provvedimento decisorio definitivo. Questa interpretazione assicura che eventuali azioni successive, connesse alla decisione finale, siano considerate nuove attività con un proprio termine di prescrizione.
Come già aveva detto la stessa Cassazione (ordinanza n. 4438/20; depositata il 20 febbraio), ai sensi dell’art. 2957, comma 2, c.c., la prescrizione presuntiva dei compensi degli avvocati decorre dalla decisione della lite, e per gli affari non terminati, dall’ultima prestazione.
La vicenda
Un avvocato aveva portato in giudizio una sua cliente davanti al Tribunale competente, chiedendo che fosse obbligata a pagare per i servizi professionali che aveva ricevuto. Il Tribunale, tuttavia, aveva respinto la richiesta dell’avvocato, stabilendo che il diritto al compenso era ormai decaduto per via della prescrizione, secondo l’articolo 2956, comma 2, del codice civile, e aveva deciso di non assegnare le spese legali a nessuna delle due parti.
Successivamente, l’avvocato aveva fatto appello contro questa decisione, ma la Corte d’Appello ha confermato il giudizio del Tribunale, sostenendo che non c’erano elementi che potessero far pensare che il diritto al compenso non fosse prescritto.
L’avvocato aveva quindi presentato ricorso per cassazione, contestando in particolare l’applicazione dell’articolo 2957, comma 2, del codice civile da parte della Corte d’Appello. Sosteneva che il termine per la prescrizione avrebbe dovuto iniziare non dalla presentazione della difesa, ma dal momento in cui la sentenza era diventata definitiva. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile questo e altri motivi di ricorso, sottolineando che per interrompere la prescrizione è necessario che vi sia una richiesta esplicita e una chiara volontà di far valere i propri diritti.
Inoltre, la Cassazione ha confermato che, in caso di cambiamento dell’avvocato durante un procedimento, per determinare il termine di prescrizione bisogna considerare il momento conclusivo dell’intera prestazione, che può variare in base a diversi fattori, compresi gli accordi tra le parti.
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