Compiute le formalità relative al beneficio di inventario, l’erede è al riparo dall’esecuzione forzata dei creditori?
Se l’eredità è piena di debiti l’erede può decidere di rinunciarvi, così da non avervi niente a che fare. In alternativa, è possibile ricorrere al cosiddetto “beneficio di inventario”: si tratta della procedura che consente di mantenere distinti i beni del defunto da quelli dell’erede, cosicché dei debiti trasmessi si possa rispondere nei limiti dei primi, cioè del patrimonio del de cuius. In questo contesto si pone il seguente quesito: i creditori del defunto possono agire con pignoramento nei confronti dell’erede con beneficio d’inventario? Approfondiamo la questione.
Indice
* Accettazione con beneficio d’inventario: cos’è e come funziona?
* Chi accetta con beneficio d’inventario è erede?
* L’accettazione con beneficio d’inventario impedisce il pignoramento?
Accettazione con beneficio d’inventario: cos’è e come funziona?
Per mezzo dell’accettazione con beneficio di inventario l’erede si mette al riparo dall’obbligo di pagare i debiti del defunto con il proprio patrimonio.
In altre parole, con l’accettazione con beneficio d’inventario i debiti dell’eredità vengono pagati solamente con quello che c’è all’interno dell’asse ereditario; il patrimonio dell’erede resta separato da quello del de cuius.
La dichiarazione di accettazione dell’eredità con beneficio di inventario, esattamente come la rinuncia all’eredità, deve essere resa ad un notaio o al cancelliere del tribunale del circondario nel quale si è aperta la successione [1].
La dichiarazione deve poi essere iscritta nel registro delle successioni e, entro il mese successivo, trascritta nei registri immobiliari.
Il codice prevede nel dettaglio gli adempimenti cui è tenuto l’erede che accetta con beneficio di inventario per evitare i debiti dell’eredità: tra questi c’è quello di fare inventario dei beni ereditari entro un lasso di tempo stabilito – nello specifico, entro tre mesi dalla dichiarazione di accettazione, se l’erede non si trovi già nel possesso dei beni; in caso contrario, i tre mesi decorrono immediatamente dall’apertura della successione.
Se l’erede non adempie tempestivamente a questi oneri, verrà considerato erede puro e semplice, senza il beneficio d’inventario.
Chi accetta con beneficio d’inventario è erede?
Colui che accetta l’eredità con beneficio d’inventario è erede a tutti gli effetti [2], con l’unica rilevante differenza, rispetto all’accettazione pura e semplice, che il patrimonio del defunto è tenuto distinto da quello dell’erede.
L’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario, dunque, non determina, di per sé sola, il venir meno della responsabilità patrimoniale dell’erede per i debiti, anche tributari, del defunto, ma fa solo sorgere il diritto di questo a non rispondere al di là dei beni lasciati dal de cuius [3].
L’accettazione con beneficio d’inventario impedisce il pignoramento?
L’erede che abbia accettato l’eredità con beneficio d’inventario non può essere oggetto di pignoramento da parte dei creditori del soggetto defunto una volta che abbia effettuato tutte le formalità necessarie a tale particolare tipo di successione [4].
Questo non significa che l’erede non possa ricevere la notifica di un atto di citazione: la giurisprudenza, infatti, specifica anche che l’erede ben potrebbe essere convenuto in giudizio dai creditori del soggetto defunto che propongano azione di accertamento o di condanna.
Ma proprio l’accettazione con beneficio di inventario lo mette al riparo da eventuali esecuzioni forzate.
Infatti, una volta trascritta l’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario, non sono più possibili pignoramenti.
Pertanto, l’eventuale notifica di un atto di precetto – che, come noto, non è che l’atto preliminare dell’azione esecutiva – è da considerarsi nulla, in quanto non avrebbe alcuno scopo, non essendo possibile l’esecuzione contro l’erede beneficiario e i suoi beni.
Dunque, l’erede potrebbe proporre opposizione al giudice contro l’atto di precetto, vincendo il relativo giudizio.
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note
[1] Art. 484 cod. civ. [2] Art. 490 cod. civ. [3] Cass., sent. n. 29252 del 22 dicembre 2020. [4] Cass. sent. n. 17633 del 4 settembre 2015.Sentenza
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 3 giugno – 4 settembre 2015, n. 17633
Presidente Coletti De Cesare – Relatore Bandini
Svolgimento del processo
Con sentenza del 27.1.2009, il Tribunale di Rossano, pronunciando sull’opposizione a precetto proposta da G.G. e P.D., eredi di G. D., nei confronti dell’lnps, in relazione a pretese dell’istituto concernenti obbligazioni contributive dei de cuius, previa integrazione del contraddittorio nei confronti dei coeredi G. F. e G. E., dichiarò la nullità parziale dell’atto di precetto notificato, confermandolo nei riguardi di ciascuno degli opponenti nella minor somma di rispettiva debenza.
Avverso la suddetta sentenza il solo G.G. ha proposto ricorso per cassazione fondato su cinque motivi. L’Inps ha depositato procura, partecipando alla discussione. G. F. e G. E. non hanno svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
- L’eccezione sollevata dall’lnps in sede di discussione di inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 366 bis cpc (applicabile rafione temporis al presente giudizio) è infondata, poiché i quesiti formulati rispondono alle esigenze dettate da tale normativa, in particolare individuando la regula iuris asseritamente applicabile nel caso di specie.
- Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione di plurime norme di legge e formulando quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 bis cpc, si duole che la sentenza impugnata, nonostante quanto disposto dall’art. 617 cpc, abbia ritenuto inammissibile l’opposizione agli atti esecutivi “visto che la notifica del precetto minaccia una futura esecuzione, ma la stessa non è ancora iniziata”. 2.1 [I motivo è da ritenersi fondato, posto che l’art. 617 cpc contempla espressamente [a proposizione delle opposizioni relative alla regolarità formale dei titolo esecutivo e dei precetto prima che sia iniziata l’esecuzione.
- La sentenza impugnata, pur avendo affermato l’inammissibilità dell’opposizione agli atti esecutivi, ha poi affrontato l’eccezione di intervenuta violazione dell’art. 477 cpc, per avere 1Inps notificato il precetto opposto in difetto della preventiva notificazione agli eredi dei titolo esecutivo formatosi contro il dante causa; al riguardo il Tribunale ha disatteso l’eccezione sul rilievo che il titolo e il precetto erano già stati notificati al de cuius.
Tale statuizione è stata censurata dal ricorrente con il terzo motivo di ricorso, con il quale lamenta sia che l’avvenuta notifica dei titolo e dei precetto al suo dante causa non era stata documentata dall’Inps e doveva anzi essere esclusa per essere stato il titolo (costituito dal decreto ingiuntivo n. 164198) dichiarato esecutivo l’8.3.2005, in epoca successiva alla morte dell’ingiunto; sia che [a notifica dei precetto agli eredi avrebbe dovuto essere fatta dopo dieci giorni dalla notifica del titolo e non già contestualmente, come avvenuto; sia che, comunque, anche nella inconcessa ipotesi che titolo esecutivo e precetto fossero stati già notificati al dante causa, per iniziare il processo esecutivo contro l’erede dovrebbe ritenersi comunque necessaria la rinnovazione della notifica del titolo e del precetto nei confronti di quest’ultimo.
3.1 Considerato che l’asserita violazione del disposto dell’art. 477 cpc configura un’opposizione agli atti esecutivi (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 1128211991; 936512000), trova nella specie applicazione il principio secondo cui, qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità, con la quale si è spogliato della potestas iudicandi in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere né l’interesse ad impugnare; conseguentemente è ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed è viceversa inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta ad abundantiam nella sentenza gravata (cfr, ex plurimis, Cass., SU, nn. 384012007; 1512212013; Cass., nn. 1817012006; 1399712007; 1523412007; 964712011).
Pertanto il motivo all’esame, siccome rivolto contro argomentazioni ultronee, avendo il Giudice a quo già dichiarato (ancorché non condivisibiImente) l’inammissibilità dell’opposizione agli atti esecutivi,
deve essere ritenuto inammissibile.
- Le considerazioni testé svolte in ordine al primo e al terzo motivo di ricorso rendono priva di decisività la questione inerente al giudicato esterno che si sarebbe formato, in relazione ad analoga vicenda, sulla sentenza n. 29312009 del Tribunale di Rossano e assorbono pertanto la disamina dell’istanza di rinvio avanzata dalla difesa dei ricorrente al fine di produrre la copia, contenente l’attestazione dei relativo passaggio in giudicato, di tale sentenza. 5. L’odierno ricorrente aveva eccepito che, in relazione ai crediti contributivi Inps afferenti all’anno 1994, si era formato il giudicato esterno per effetto della sentenza dei Tribunale di Rossano n. 1021 emessa il 1 °.10.2002.
Al riguardo la sentenza impugnata ha ritenuto che:
“Quanto alla inefficacia del Dl in forza della sentenza n. 1021 dell’1 10.02, deve solo evidenziarsi che non sussiste alcuna disposizione normativa in tal senso.
Quanto alla pretesa eccezione di giudicato, la stessa è palesemente infondata. Non è provato che la sentenza in parola attenga alla stessa posizione contributiva di cui al Dl n. 164 del 1998 per cui non vi è prova che i fatti dedotti in quel giudizio fossero gli stessi di quelli di cui al Dl in parola.
È inammissibile qualsiasi doglianza relativa al DI considerato che lo stesso è coperto da giudicato (cfr opposizione di cui alla sentenza n. 769/00 in atti Inps)”.
5.1 Tali affermazioni sono state censurate con il secondo motivo di ricorso; denunciando violazione di plurime disposizioni di legge (ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cpc), il ricorrente, formulando quesito di diritto, deduce che:
- a) essendosi sulla medesima questione formatisi due giudicati contrastanti, al fine di stabilire quale dei due debba prevalere, occorre fare riferimento al criterio temporale, nel senso che il secondo giudicato prevale sul primo, onde, nella specie, doveva ritenersi prevalente quello portato dalla sentenza del Tribunale di Rossano n. 1021 emessa il V.10.2002, siccome formatosi successivamente a quello relativo al decreto ingiuntivo costituente il titolo esecutivo;
- b) doveva ritenersi pacifica e incontroversa l’attinenza della suddetta sentenza del Tribunale di Rossano n. 1021 emessa il l’.10.2002 alla stessa posizione contributiva di cui al decreto ingiuntivo n. 16411998, azionato con l’atto di precetto opposto, per non essere stata la relativa allegazione dell’opponente mai specificamente contestata dall’Inps quale convenuto opposto. 5.2 Osserva la Corte che la decisione impugnata si fonda, sul punto, su due distinte ragioni, nei termini già sopra illustrati, ciascuna delle quali autonomamente sufficiente a sostenere il decisum. li ricorrente ha censurato entrambe tali ragioni, ma quella inerente al difetto di prova circa l’identità tra i fatti dedotti nel giudizio conclusosi con la sentenza del Tribunale di Rossano n. 1021 emessa il 1°.10.2002 e quelli di cui al decreto ingiuntivo n. 164/1998 è inaccoglibile, poiché, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, il ricorrente non ha ivi riportato i passi della memoria difensiva dell’Inps pertinenti alla svolta eccezione di giudicato esterno, dai quali dovrebbe risultare, secondo quanto asserito, la non avvenuta contestazione delle allegazioni dell’opponente e la conseguente non necessità di ulteriore prova al riguardo.
Trova quindi applicazione nella fattispecie il principio secondo cui, qualora la pronuncia impugnata sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, il rigetto delle doglianze relative ad una di tali ragioni rende inammissibile, per difetto di interesse, l’esame relativo alle altre, pure se tutte tempestivamente sollevate, in quanto il ricorrente non ha più ragione di avanzare censure che investono una ulteriore ratio decidendi, giacché, ancorché esse fossero fondate, non potrebbero produrre in nessun caso l’annullamento della decisione anzidetta (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 1297612001; 1824012004; 1395612005; 2045412005; 548312006; 227212007).
Ne consegue quindi il rigetto del motivo all’esame.
5.3 La rilevata inammissibilità dei mezzo rende priva di decisività la questione inerente al giudicato esterno che si sarebbe formato sulla sentenza n. 102112002 del Tribunale di Rossano e assorbe pertanto la disamina dell’istanza di rinvio avanzata dalla difesa del ricorrente al fine di produrre la copia, contenente l’attestazione del relativo passaggio in giudicato, di tale sentenza.
- L’odierno ricorrente, in sede di opposizione al precetto, aveva dedotto che l’Inps aveva trascurato di considerare la sua particolare qualità di erede che aveva accettato l’eredità con beneficio di inventario.
6.1 La sentenza impugnata ha affermato al riguardo la non sussistenza della violazione dell’art. 490 cc, trattandosi di questione attinente ai limiti della responsabilità dell’erede e non al precetto, “per cui si tratta dí questione attinente [ai] limiti massimi di responsabilità patrimoniale {…) il cui superamento non è stato neppure dedotto”.
Il ricorrente ha censurato tale affermazione con il quarto mezzo, in forza dei quale, denunciando violazione di plurime norme di legge (ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cpc) e formulando quesito di diritto, deduce che la sentenza impugnata non aveva tenuto conto che, una volta trascritta l’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario (come verificatosi nella specie), non sono più possibili azioni esecutive e che, quindi, l’eventuale notifica del precetto non ha alcuno scopo e il precetto medesimo è da ritenersi nullo e tamquam non esset, non essendo predicabile l’esecuzione individuale contro l’erede beneficiario e sui suoi beni. 6.2 II motivo è fondato alla luce del condiviso principio, affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui l’erede che abbia accettato l’eredità con beneficio di inventario, benché possa essere convenuto in giudizio dai creditori del de cuius che propongano azioni di accertamento o di condanna, non può, una volta che abbia eseguito la pubblicazione prevista dall’art. 498, terzo comma, cc, dai medesimi essere assoggettato ad esecuzione forzata (neanche con riferimento ai beni caduti in successione), dovendosi procedere alla liquidazione dei beni ereditari nei modi previsti dagli artt. 499 e segg. cc (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 969011994; 2874912008).
6.3 Poiché il Giudice a quo ha ritenuto (non condivisibilmente per le ragioni testé indicate) che in radice non fosse ravvisabile la pretesa violazione dell’art. 490 cc, non si è soffermato a valutare l’effettiva sussistenza della qualità di erede beneficiario in capo all’odierno ricorrente; trattasi quindi di valutazione che andrà svolta dal Giudice del rinvio sulla base delle prove offerte al riguardo dall’opponente, tenuto conto che, se da un lato, la dichiarazione di accettazione con beneficio d’inventario ha una propria immediata efficacia, determinando il definitivo acquisto della qualità di erede da parte dei chiamato che subentra perciò in Universum ius defuncti, compresi i debiti del de cuius, d’altro canto essa non incide sulla limitazione della responsabilità intra vires, che è condizionata (anche) alla preesistenza o alla tempestiva sopravvenienza dell’inventario, in mancanza dei quale l’accettante è considerato erede puro e semplice (artt. 485, 487, 488 cc), non perchè abbia perduto ex post il beneficio, ma per non averlo mai conseguito (cfr, Cass., nn. 1103012003; 1673912005; 2511612014).
- In definitiva vanno accolti il primo e il quarto motivo di ricorso, con rigetto del secondo e declaratoria di inammissibilità dei terzo. Per l’effetto la sentenza impugnata va cassata in relazione alle censure accolte, con rinvio al Giudice designato in dispositivo, che procederà a nuovo esame e provvederà altresì sulle spese del presente giudizio di cassazione (restando quindi assorbito il quinto motivo di ricorso, pertinente appunto alla regolamentazione delle spese di lite).
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il quarto motivo di ricorso, rigetta il secondo, dichiara inammissibile il terzo e assorbito il quinto; cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Castrovillari.