Stavi attraversando la strada quando una macchina che non ti ha visto ti ha investito. A causa del violento urto sei caduto a terra, confuso e dolorante. Nel timore di aver riportato lesioni, anche non apparenti, sei stato trasportato al Pronto soccorso dell’ospedale più vicino. Qui, il medico ti ha visitato e ha raccolto le tue dichiarazioni sulla dinamica dell’accaduto. Poi, ti ha rilasciato il referto con la diagnosi e la prognosi di guarigione.
Forte di questa documentazione, hai chiesto il risarcimento dei danni, ma la compagnia assicuratrice del veicolo investitore si oppone alla tua domanda, perché ritiene che la dinamica di verificazione del sinistro sia incompatibile con quanto hai dichiarato. Così vuoi sapere se, nel caso di pedone investito, le dichiarazioni al Pronto soccorso fanno prova.
Prova di un incidente stradale
La prova della verificazione di un incidente stradale e delle sue modalità di accadimento può essere ottenuta in diversi modi. A livello pratico, hanno valore soprattutto:
– i documenti, come i filmati estrapolati dalle telecamere di videosorveglianza presenti in zona, o le “dashcam” collocate a bordo dei veicoli coinvolti;
– i rilievi svolti dalle forze dell’ordine intervenute sul luogo del sinistro e gli eventuali verbali di contravvenzione elevati a carico dei conducenti;
– le testimonianze rese da chi ha assistito alla scena;
– le perizie e le consulenze tecniche cinematiche svolte da ingegneri o altri esperti di infortunistica stradale per calcolare la posizione, i movimenti e la velocità dei mezzi;
– le fatture rilasciate da meccanici e carrozzieri che hanno provveduto alla riparazione dei veicoli incidentati;
– i certificati medici, compresi i referti rilasciati dal Pronto soccorso che ha curato le vittime dell’incidente e descrivono gli esami compiuti, le lesioni riscontrate e le altre patologie riportate, con la terapia prescritta e i giorni di guarigione.
Tutti questi elementi possono essere utilizzati nella causa civile risarcitoria per stabilire il grado di responsabilità nella verificazione del sinistro e per la quantificazione dei danni a persone e cose.
Il valore probatorio del certificato di Pronto soccorso
La giurisprudenza riconosce al certificato rilasciato dal Pronto soccorso un elevato valore probatorio. La Corte di Cassazione sottolinea che il medico del Pronto soccorso è un pubblico ufficiale adibito ad una «speciale funzione certificatrice» e il certificato da egli compilato è un «atto pubblico fidefacente».
Ciò significa che quanto riportato dal medico nel certificato è ritenuto vero fino a querela di falso, in quanto, a norma dell’art. 2700 del Codice civile, attesta fatti constatati e percepiti direttamente dal pubblico ufficiale che lo ha redatto. Perciò, l’obiettività delle lesioni refertate dai sanitari curanti del Pronto soccorso potrà ben difficilmente essere contestata.
Quanto valgono le dichiarazioni del paziente al Pronto soccorso?
Un discorso diverso, però, va fatto per le dichiarazioni rese al Pronto soccorso dalla persona investita. Esse non hanno lo stesso valore di prova piena riconosciuto alle attestazioni del medico, anche se hanno una certa rilevanza per il fatto di essere state rilasciate nell’immediatezza dell’incidente o comunque poco dopo, cioè appena il paziente è arrivato in ospedale. Inoltre, la loro veridicità storica – cioè il fatto che sono state rese con quelle parole e in quel momento – è comprovata dal fatto che il medico le ha inserite nel suo certificato. Tuttavia, una descrizione generica dell’accaduto – ad esempio l’espressione, frequentemente utilizzata: «il paziente riferisce incidente stradale» – è del tutto insufficiente a dimostrare la dinamica di verificazione e dunque non può valere a fondare la domanda risarcitoria se non è assistita da altri elementi che la corroborano.
Una recente sentenza della Corte d’Appello di Napoli ha disconosciuto le dichiarazioni al Pronto soccorso della vittima di un investimento perché erano risultate incompatibili con la dinamica accertata. In particolare, la donna investita presentava una ferita da taglio al viso che era difficilmente spiegabile con l’investimento descritto, anche se un testimone aveva parlato di cocci di vetro a terra nel punto di caduta. Inoltre i testimoni avevano riferito di uno sbalzo del pedone investito, che era stato proiettato nell’aria per un metro e mezzo e poi era caduto violentemente al suolo, ma queste circostanze non trovavano alcun riscontro nella documentazione medica, che aveva refertato lesioni modeste. I giudici napoletani osservano che «un violento impatto avrebbe dovuto produrre lesioni contusive di un certo rilievo, che non sarebbero sfuggite all’attenzione dei sanitari». Perciò il risarcimento è stato negato.