Forse non tutti sanno che, quando interviene la separazione, il giudice non è chiamato a stabilire chi dei due coniugi sia responsabile per la fine del matrimonio se prima non gli viene fatta una esplicita richiesta da una delle due parti. È la cosiddetta richiesta di “addebito”. Ma cos’è l’addebito e quali sono le conseguenze di una separazione con addebito? Possiamo innanzitutto dire che l’addebito è l’imputazione di responsabilità per aver determinato, con il proprio comportamento colpevole, l’intollerabilità della convivenza e aver così fatto naufragare l’unione coniugale. Insomma, subisce l’addebito chi è colpevole di aver dato causa alla separazione.
Addebito però non significa “risarcimento del danno” oppure “obbligo di pagare gli alimenti”. Altre sono le conseguenze dell’addebito. E di tanto parleremo meglio e più diffusamente nel corso del presente articolo.
Cosa significa addebito?
La parola “addebito” è il participio passato del verbo “addebitare” ossia “attribuire la colpa a qualcuno”: in questo caso si tratta della colpa per aver decretato la fine del matrimonio, l’intollerabilità della convivenza.
Intanto il giudice può pronunciare l’addebito a carico di uno dei due coniugi in quanto gli sia stata fatta esplicita richiesta con l’atto di ricorso.
Non è possibile pronunciare l’addebito nel caso di separazione di una coppia di fatto, non sposata, non esistendo, in capo ai relativi conviventi, degli specifici e cogenti obblighi di legge come invece per le coppie coniugate.
Chi subisce l’addebito è colui che viene quindi ritenuto responsabile, a seguito di una regolare causa, della violazione degli obblighi derivanti dal matrimonio per come elencati dal Codice civile (e di cui a breve parleremo).
Non necessariamente un matrimonio deve terminare con addebito. Come noto, la separazione può essere pronunciata anche su semplice richiesta di una delle due parti, per cause non imputabili alla colpa di uno dei due. Un matrimonio può infatti terminare perché la coppia non va più d’accordo, perché uno dei due non ama più l’altro (non esistendo un obbligo di restare innamorati in eterno) o perché è finita quella comunione materiale e morale che deve sempre legare i coniugi.
La separazione con addebito o senza addebito segue le stesse regole, salvo solo le conseguenze che dall’addebito derivano e di cui parleremo più in avanti nel corso di questo articolo.
Chi stabilisce l’addebito?
A pronunciare l’addebito su una separazione o un divorzio può essere solo il giudice. E pertanto, la dichiarazione di addebito presuppone una procedura di separazione di tipo giudiziale, non consensuale. Quindi, laddove i coniugi riescano a trovare un accordo tra di loro che regoli i loro rapporti personali e patrimoniali dopo l’unione coniugale, non ci potrà essere alcun addebito.
Il giudice non è tenuto a pronunciarsi sull’addebito se nessuna delle parti in causa glielo chiede. Quindi, la richiesta di addebito va fatta con l’atto introduttivo che dà origine alla causa di separazione.
L’addebito viene accertato nel corso della causa, alla luce delle prove addotte dalla parte richiedente e viene sancito con la sentenza che chiude la causa di separazione.
Quando viene dichiarato l’addebito?
L’addebito viene dichiarato solo quando vengono violati gli obblighi di legge derivanti dal matrimonio ossia:
– fedeltà;
– convivenza;
– assistenza reciproca materiale e morale;
– rispetto;
– contribuzione alle esigenze del nucleo familiare.
Tanto per fare qualche esempio pratico, l’addebito viene dichiarato a carico di chi:
– tradisce il coniuge, anche solo virtualmente (ad esempio con una relazione a distanza tramite un social o una chat, senza necessità di contatti fisici);
– va via di casa senza una giusta causa, per un apprezzabile periodo di tempo, o senza l’intenzione di volervi più tornare oppure senza indicare quando tornerà;
– fa mancare al coniuge il proprio sostegno materiale ed economico, come nel caso del marito che, pur lavorando, non provvede alle esigenze economiche della moglie disoccupata;
– umilia, perseguita, svilisce il coniuge, in pubblico o in privato;
– non svolge attività lavorativa o domestica, non contribuendo ai bisogni della famiglia in proporzione alle proprie capacità economiche e fisiche.
In secondo luogo, l’addebito può essere dichiarato solo laddove vi sia uno stretto legame di dipendenza tra la violazione di uno dei doveri del matrimonio e la crisi coniugale. Tanto per fare un esempio, intanto si può addebitare la separazione al coniuge fedifrago se è stato proprio il tradimento a determinare la fine dell’unione; ciò non può invece avvenire se il tradimento è solo l’effetto di una crisi già in atto per precedenti motivi (si pensi a una donna che tradisce un uomo che la maltratta, la picchia o che è andato via di casa).
La prova dell’addebito
Il coniuge che richiede l’addebito deve provare che l’irreversibile crisi coniugale è ricollegabile esclusivamente al comportamento dell’altro contrario ai doveri nascenti dal matrimonio. Deve inoltre dimostrare l’esistenza di un nesso di causa-effetto tra il comportamento del coniuge e l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza.
La prova può essere fornita con ogni mezzo, come ad esempio testimonianze, indizi, documenti, chat, ecc. Non valgono però le dichiarazioni delle parti in causa.
Quali sono le conseguenze dell’addebito?
Erroneamente, si crede che l’addebito implichi un risarcimento del danno o l’obbligo di corrispondere gli alimenti all’ex. Non è così.
L’assegno di mantenimento non dipende dall’addebito ma dalla sproporzione di reddito tra i coniugi, quando questa non dipenda da un atteggiamento colpevole del coniuge meno abbiente. Quindi, anche in una separazione senza addebito, la moglie disoccupata potrà chiedere il mantenimento se dimostra di meritarlo (ossia di trovarsi in tale condizione non già per pigrizia ma per necessità). Dunque, un marito fedele e rispettoso dovrà versare gli alimenti all’ex coniuge.
Quanto invece al risarcimento del danno esso scatta solo quando dall’addebito consegue la lesione di un diritto costituzionale come l’onore o la salute. Si pensi al caso di un tradimento avvenuto in pubblico, con conseguente danno alla reputazione del coniuge tradito; o al marito che picchi la moglie procurandole delle lesioni fisiche e/o un danno psicologico.
Ma allora quali sono le conseguenze dell’addebito? Il coniuge che subisce l’addebito:
– non può ottenere l’assegno di mantenimento, laddove ne abbia diritto, anche se le proprie condizioni economiche non gli consentano di mantenersi da solo;
– non ha diritto alla quota di eredità dell’ex coniuge qualora questi muoia prima del divorzio.
A quest’ultimo proposito è bene ricordare che, con la separazione, i coniugi continuano ad essere l’uno erede dell’altro (salvo appunto per il coniuge che abbia subìto l’addebito), mentre ogni diritto ereditario cessa sempre con il divorzio (indipendentemente dall’addebito).
Come detto, nel caso di evidenti lesioni a diritti costituzionali, l’addebito implica anche un risarcimento del danno che può essere richiesto nello stesso giudizio di separazione. Si tratta tuttavia dell’eccezione, che ricorre in casi particolarmente gravi.
Che succede se entrambi i coniugi sono colpevoli?
Se entrambi i coniugi hanno contribuito a rendere intollerabile la convivenza con comportamenti contestuali e non causalmente connessi, il giudice può addebitare la separazione a entrambi. È il cosiddetto doppio addebito.
In tal caso, il giudice valuta i comportamenti di entrambi i coniugi come gravemente contrari ai doveri imposti dal matrimonio e astrattamente idonei a produrre la rottura del rapporto coniugale.
Ad esempio è stato pronunciato il doppio addebito in un caso in cui:
– il marito ha tenuto una condotta violenta che comporta l’addebito, ma l’addebito è stato imputato anche alla moglie in quanto è stata provata una sua relazione extraconiugale;
– la moglie ha accusato il marito, in modo reiterato ed ossessivo, di adulterio e rapporti sessuali con altre persone di famiglia comunicando le accuse a parenti, amici, conoscenti e ai dipendenti del marito;
– moglie e marito si sono traditi reciprocamente e contemporaneamente (diverso sarebbe se un tradimento è successivo all’altro e determinato da ripicca: in tal caso, l’addebito viene pronunciato in capo al primo coniuge che ha commesso tale comportamento).
In caso di doppio addebito non può essere determinato alcun contributo per il mantenimento del coniuge economicamente più debole o meno colpevole.
Il giudice non può effettuare una graduazione fra le diverse responsabilità né fondare il riconoscimento dell’assegno sulla minore rilevanza che il comportamento di uno dei due ha avuto sulla situazione di intollerabilità della convivenza.
In sintesi, possiamo così concludere. Quando l’intollerabilità della convivenza o il pregiudizio per la prole sono la conseguenza diretta della violazione da parte di un coniuge dei doveri derivanti dal matrimonio, l’altro coniuge può chiedere la separazione con addebito.
La richiesta deve essere specifica e supportata da prove sulla violazione dei doveri matrimoniali.
Se ne ricorrono le circostanze, il giudice, pronunciando la separazione, dichiara a quale dei coniugi essa sia addebitabile.
Le ragioni che fondano la richiesta di addebito possono giustificare la richiesta di risarcimento dei danni presentata in un giudizio di separazione.