Di solito, chi rompe paga. Ma se a rompersi è il matrimonio, vale la stessa regola? Se una coppia, dopo qualche anno di matrimonio, dovesse separarsi perché uno dei due scopre che l’altro lo tradisce e, a seguito di ciò, il coniuge tradito dovesse cadere in uno stato di profonda depressione, perdere il lavoro, rinunciare alla propria vita sociale, magari pagare una lauta parcella a uno psicanalista per uscire fuori dalla situazione che lo opprime, potrebbe chiedere il risarcimento all’ex? In altri termini, chi tradisce deve pagare i danni? La questione è finita non poche volte sul banco della Cassazione. Ecco quali sono le risposte fornite dai giudici a tale situazione.
Il tradimento comporta responsabilità?
La fedeltà è un obbligo solo per le coppie sposate e per quelle unite in unione civile. Giammai, in una coppia di conviventi, un partner potrebbe accusare l’altro di infedeltà.
Ma anche all’interno del matrimonio, le conseguenze dell’infedeltà sono ridotte al minimo. Più in particolare, chi tradisce non può più chiedere l’assegno di mantenimento all’altro, né può rivendicare diritti ereditari qualora l’ex dovesse morire prima del divorzio (con il divorzio, invece, indipendentemente dal tradimento, si perde in ogni caso la qualità di erede legittimario).
Tutto ciò viene sintetizzato in un’unica frase: l’infedeltà comporta l’addebito, ossia l’imputazione di responsabilità per la fine del matrimonio. Una responsabilità di natura civile, come appena visto, e non già penale. In buona sostanza, tradire non è più – come un tempo lo era solo per la donna – reato.
Quando il tradimento è lecito?
Abbiamo detto che il tradimento implica l’addebito, ossia la perdita del diritto al mantenimento e all’eredità. Tale conseguenza può discendere però solo da un’eventuale causa di separazione (non deve quindi esserci una procedura di separazione consensuale) e da un’esplicita richiesta presentata dal coniuge tradito al giudice. Questi deve inoltre fornire due importanti prove: innanzitutto, deve dimostrare l’altrui infedeltà e, in secondo luogo, che proprio a causa di questa la convivenza è divenuta impossibile. In buona sostanza, il coniuge tradito deve provare che la fine del matrimonio è derivata unicamente dalla scoperta dell’adulterio e non da precedenti e differenti cause.
Ragion per cui, in una coppia già alla deriva, dove i coniugi litigano spesso, non vanno d’accordo, o magari non convivono più, oppure hanno già deciso di separarsi, il tradimento non implica l’addebito: esso infatti non è la causa della fine del matrimonio ma l’effetto di una causa pregressa.
Il tradimento non è un illecito quindi se commesso dalla moglie che è stata abbandonata dal marito o che da questi viene continuamente vessata e umiliata; oppure da un marito che ha da poco scoperto il precedente tradimento della moglie e non sia riuscito a perdonarla.
Chi tradisce deve risarcire?
Chi viene tradito ha dunque tutto l’interesse a dimostrare l’altrui infedeltà, non dovendo così versare alcun mantenimento all’ex.
Tuttavia, oltre all’addebito – ossia all’impossibilità di chiedere il mantenimento e di rivendicare la quota dell’eredità dell’ex – il tradimento non ha ulteriori effetti. Dunque, chi tradisce non deve pagare il risarcimento all’ex, neanche se questi dimostra di aver sofferto danni morali (la depressione) o economici (ad esempio le spese per il matrimonio o quelle sostenute per la gestione familiare; la perdita del lavoro conseguente a uno stato di angoscia).
C’è una sola ipotesi – secondo la Cassazione – in cui il tradimento implica il diritto a ottenere il risarcimento: quando esso si risolve in una lesione all’onore e alla reputazione dell’ex. Il che avviene tutte le volte in cui l’infedeltà si consuma in pubblico, alla luce del sole, dinanzi a tutti: quando cioè il coniuge fedifrago non fa nulla per nascondere la propria relazione adulterina.
In tale ipotesi, poiché il fatto di “avere le corna” è percepito come un disvalore sociale e una fonte di vergogna, la vittima di tale comportamento può chiedere i danni morali. A nessuno piace sapere che gli amici o i colleghi di lavoro gli parlano alle spalle, sapendo come la sua relazione sia naufragata. Ecco, in questi casi, vi è certo una lesione alla propria reputazione che va risarcita.
Chi tradisce deve pagare il mantenimento?
Spesso, si cade in errore e si ritiene che chi tradisce debba pagare gli alimenti all’ex. Non è corretto. Il versamento dell’assegno mensile di mantenimento non è una conseguenza del tradimento o comunque una sanzione per la violazione degli obblighi matrimoniali. Esso scaturisce unicamente dalla disparità di reddito tra i due coniugi, disparità non dovuta a una colpa di chi chiede l’assegno.
Pertanto, se i due coniugi hanno un reddito simile, il coniuge traditore non dovrà versare il mantenimento all’ex, nonostante la sua condotta colpevole. Se uno dei due coniugi ha un reddito superiore all’ex, questi dovrà versargli il mantenimento anche se è sempre stato fedele. Se il coniuge traditore ha un reddito più basso dell’ex non dovrà versargli il mantenimento.
L’unica ipotesi quindi in cui il tradimento determina effetti sugli alimenti è quando a tradire è il coniuge con il reddito più basso: questi non potrà rivendicare il mantenimento per sé.