Cosa succede se un ex coniuge ostacola i rapporti dei figli con l’altro genitore; quando si può perdere l’affido dei minori; quanto conta la Pas.
Se la madre vieta gli incontri tra il padre e i figli nei periodi stabiliti nella sentenza di separazione o di divorzio il genitore escluso può ricorrere al giudice per riaffermare il suo diritto alla bigenitorialità. Il giudice può ammonire, sanzionare e anche condannare il genitore inadempiente al risarcimento dei danni. Esiste, infatti, una sanzione punitiva per questi casi, una somma da pagare, commisurata ai giorni di violazione degli obblighi imposti. Nei casi più gravi, il genitore che si oppone senza giustificati motivi può perdere l’affidamento condiviso e l’altro genitore ottiene l’affidamento esclusivo dei figli.
Sindrome di alienazione parentale e perdita dell’affido dei figli
Il fenomeno è molto comune, soprattutto perché in molte coppie separate o divorziate i figli, specialmente se piccoli, vengono usati come arma da un genitore contro l’altro e diventano strumento di boicottaggi, ripicche e ritorsioni reciproche; anche per questo motivo i processi di questo tipo sono lunghi e difficoltosi.
Spesso, nelle cause si invoca la cosiddetta Pas, cioè la sindrome di alienazione parentale (detta anche “sindrome della madre malevola”), ma la Corte di Cassazione, con una nuova e dirompente sentenza, ha tolto ogni dignità scientifica a questa teoria. Ora, la Suprema Corte afferma che «la bigenitorialità è l’essenza dell’interesse e del benessere del minore e non può essere sacrificata facendo esclusivamente riferimento alla teorica della sindrome dell’alienazione parentale», che non può fondare «provvedimenti gravemente incisivi sulla vita dei minori, in ordine alla decadenza dalla responsabilità genitoriale della madre».
Il punto debole della Pas è che non si fonda su elementi oggettivamente verificabili in base alla scienza medica, ma consiste solo in valutazioni psicologiche. Per questo motivo la Cassazione nelle sentenze più recenti ha detto stop alle numerose pronunce dei giudici della famiglia che basano ancora le proprie decisioni sulla presunta sindrome di alienazione genitoriale, ritenuta dal consulente tecnico d’ufficio che ha esaminato il bambino ma rimasta priva di riscontri. Comunque i problemi attuali sono destinati a chiudersi in fretta: con la prossima entrata in vigore della riforma del processo civile la Pas non potrà più influire sulle decisioni del giudice.
Affidamento esclusivo, condiviso o extrafamiliare del minore
Non finisce qui, perché il Collegio ha affermato anche che l’uso della forza fisica per sottrarre il minore al luogo in cui risiede con uno dei genitori, per collocarlo in una casa famiglia, è illegittimo, in quanto «non conforme ai principi dello Stato di diritto». E questo sconvolgimento potrebbe cagionare «rilevanti e imprevedibili traumi» al bambino così prelevato. Così la Corte suggerisce di percorrere la strada delle sanzioni economiche alle quali abbiamo accennato, senza ricorrere a rimedi estremi, tanto drastici quanto inopportuni e dannosi per i minori.
Non è la prima volta che la Cassazione assume una posizione così netta. Già nel 2021 i giudici di piazza Cavour avevano preso le distanze dalla Pas, ritenendo che l’affidamento esclusivo di un figlio minore ad un solo genitore non poteva essere disposto solo sulla base di una diagnosi di Pas, in assenza di prove concrete e della dimostrazione di un effettivo pregiudizio alla vita del bambino: ne abbiamo parlato nell’articolo “Alienazione parentale: quando fa perdere l’affido dei figli“. E anche in quel caso gli Ermellini avevano annullato il provvedimento della Corte d’Appello che aveva dichiarato la decadenza dalla responsabilità genitoriale, l’allontanamento del bambino e l’interruzione dei rapporti con il genitore alienante (quello che avrebbe manipolato ad arte il figlio per distaccarlo dall’altro genitore).
In generale, nelle decisioni giudiziarie si privilegia, ove possibile, l’affidamento condiviso ad entrambi i genitori, mentre l’affidamento esclusivo del figlio ad un solo genitore viene disposto solo quando emerge in modo chiaro l’inadeguatezza dell’altro a svolgere il suo ruolo educativo e di assistenza nei confronti del minore. Il punto di riferimento per il giudice è sempre l’interesse del bambino; le aspettative (più o meno egoistiche) dei genitori contano poco. Infatti nel procedimento l’ascolto del minore è obbligatorio se ha compiuto i 12 anni di età e va svolto anche se è più piccolo ma capace di discernimento.
Incontri con i figli ostacolati da un genitore: sanzioni
L’art. 709 ter del Codice di procedura civile prevede un ventaglio di possibilità a disposizione del giudice in caso di riscontrate inadempienze o violazioni ai provvedimenti stabiliti dal giudice in sede di separazione o di divorzio, come la frequentazione del bambino con il genitore non collocatario attraverso il calendario di visite e di incontri. Il genitore leso può ricorrere al giudice che convoca le parti per ascoltarle, e all’esito adotta «i provvedimenti opportuni», a partire dalla modifica delle condizioni stabilite nei provvedimenti in vigore.
Ecco quali sono le misure che possono essere adottate – al di là del caso estremo, di cui abbiamo parlato sopra, della revoca dell’affidamento condiviso ad entrambi i genitori – in modo da ripristinare il corretto esercizio del diritto alla bigenitorialità:
* ammonire il genitore inadempiente;
* disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore;
* disporre il risarcimento dei danni a carico di uno dei genitori nei confronti dell’altro, individuando la somma dovuta per ciascun giorno di violazione o di inosservanza dei provvedimenti assunti dal giudice;
* condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro a favore della Cassa delle ammende.
Si tratta, come è evidente, di sanzioni punitive, tant’è che la norma richiama l’art. 614 bis del Codice di procedura civile, relativo all’«attuazione degli obblighi di fare infungibile o di non fare», e attribuisce al provvedimento del giudice il valore di titolo esecutivo per ottenere il pagamento delle somme dovute, così consentendo il ricorso agli strumenti di esecuzione forzata, a partire dai pignoramenti.