Per il Tar Sardegna è ragionevole impedire la detenzione e l’uso di armi nei confronti di chi è stato denunciato per minacce, anche se il procedimento è stato archiviato
È sufficiente la querela per minacce a legittimare e giustificare il provvedimento del Prefetto che dispone il divieto di detenere e usare le armi. Questa la decisione del TAR Sardegna- Sezione Cagliari, che nella sentenza n. 47/2022 precisa che nel caso di specie, anche se il procedimento è stato archiviato, dagli atti è emersa un’elevata conflittualità tra il ricorrente e la suocera, che lo stesso ha minacciato di farle saltare il cervello. Conflittualità che per l’amministrazione, che ha il potere dovere di prevenire i reati, giustifica il divieto di uso e detenzione delle armi perché i litigi potrebbero anche degenerare.
L’archiviazione del procedimento rende illegittimo il provvedimento
Un uomo ricorre al TAR della Sardegna, sezione di Cagliari, contro il Ministero dell’Interno per chiedere l’annullamento del decreto del Prefetto che gli ha vietato di detenere armi, munizioni e materie esplodenti perché, nei suoi confronti, è stata presentata querela per minacce.
Il ricorrente ritiene il provvedimento carente nei presupposti e nella motivazione perché non basta la querela per adottare un simile provvedimento, tanto più che, nel suo caso, il procedimento è stato archiviato su richiesta del PM.
L’elevata conflittualità con la suocera può degenerare
Il TAR adito però rigetta il ricorso perché la decisione contestata rientra tra i poteri discrezionali dell’Amministrazione per quanto riguarda la prevenzione di situazioni che possono degenerare.
Privare un soggetto accusato di minacce delle armi in suo possesso è quindi una decisione legittima, perché in una situazione familiare conflittuale fatta di litigi e tensioni, la scelta dell’Amministrazione è finalizzata alla prevenzione di reati.
Il giudizio che conduce a privare un soggetto delle armi detenute inoltre è più stringente di quello che conduce a dichiarare un soggetto pericoloso o penalmente responsabile della commissione di un reato. Non è quindi condivisibile quanto dichiarato dal ricorrente, per il quale non erano presenti i presupposti per l’adozione del provvedimento emesso nei suoi confronti.
Conclusioni che contrastano però con il contenuto degli atti, da cui emerge una situazione altamente conflittuale tra la suocera, che accusa il ricorrente di non prendersi le proprie responsabilità nei confronti del figlio e lo stesso, che ha dichiarato di voler agire per il disconoscimento della paternità. Conflitti che sono sfociati in un episodio in cui lo stesso ha rivolto alla suocera la seguente frase: “ci vediamo tra cinque minuti … che ti faccio saltare il cervello dalla testa…”.
Vero che tali elementi sono stati ritenuti inidonei a sostenere l’accusa in sede penale, è tuttavia innegabile l’elevata conflittualità tra ricorrente e suocera.
Ne consegue che: “le situazioni familiari connotate da tensioni o litigi possano giustificare l’adozione del provvedimento prefettizio di divieto di detenzione di armi” e che proprio dall’archiviazione invocata dal ricorrente per contestare il provvedimento del Prefetto, emergono invece pienamente i presupposti per l’adozione del provvedimento di divieto di detenzione di armi.”
Il potere dell’Amministrazione, ricorda il TAR, per quanto riguarda la detenzione delle armi, è ampiamente discrezionale e ha natura cautelare “consistente nel prevenire abusi nell’uso delle armi a tutela della privata e pubblica incolumità, sicché ai fini della revoca dell’autorizzazione e del divieto di detenzione di armi e munizioni, non è necessario un obiettivo ed accertato abuso delle armi, bensì è sufficiente la sussistenza di circostanze che dimostrino come il soggetto non sia del tutto affidabile al loro uso.”