Per la Cassazione, i figli adulti non possono fare affidamento a vita sull’aiuto economico dei genitori, se sono precari possono infatti contare sugli aiuti sociali specifici
Quando i figli raggiungono una certa età, non hanno speso il titolo professionale conseguito e non riescono a rendersi indipendenti economicamente, non possono continuare a contare sul mantenimento dei genitori. Gli stessi devono attivarsi nella ricerca di un’occupazione stabile e, se non ci riescono, devono fare affidamento, piuttosto, su aiuti sociali specifici. Questo quanto emerge dall’ordinanza n. 38366/2021 della Cassazione.
La vicenda processuale
La Corte di appello, riformando la sentenza di primo grado, riduce l’importo del mantenimento per la figlia maggiorenne e non autosufficiente, convivente con la madre, a 300 euro al mese, a cui si aggiunge il 50% delle spese straordinarie. La Corte, da quanto emerso dal processo e dall’audizione della ragazza, ha rilevato l’assenza di redditi adeguati in grado di consentire alla stessa di provvedere ai propri bisogni. Il giudice dell’impugnazione ha inoltre chiarito che spetta al genitore che si oppone al mantenimento del figlio maggiorenne dimostrare che è autonomo economicamente o che il mancato svolgimento di un’attività lavorativa dipende dal suo atteggiamento d’inerzia o da rifiuto ingiustificati di offerte lavorative, alla luce delle sue aspirazioni e del suo percorso di formazione.
Occorre verificare se la figlia si è attivata nel cercare lavoro
Il padre nel ricorrere in Cassazione contesta
- con il primo motivo le conclusioni della Corte in ordine all’onere probatorio relativo allo svolgimento di attività lavorativa da parte della figlia;
- con il secondo l’attendibilità di un teste, perché interessato alla lite;
- con il terzo motivo l’errore della Corte nel porre a suo carico l’onere di dimostrare i guadagni della figlia, trascurando la titolarità della stessa di un titolo professionale abilitante e del rifiuto della stessa di lavorare con il padre e di altre offerte lavorative;
- con il quarto motivo il riconoscimento di una residua dipendenza della figlia dipendente dai genitori a causa di guadagni insufficienti, riducendo alla luce di questo dato, l’assegno di mantenimento, dopo aver rilevato, poco prima, la mancata prova da parte del padre dell’autosufficienza economica della figlia;
- con il quinto la mancata valutazione della pensione effettiva percepita, pari a 1200 euro, importo che non tiene conto della privazione della casa di proprietà e che quindi rende troppo gravoso l’obbligo richiesto.
- con il sesto infine la mancata motivazione in ordine alla determinazione dell’assegno per la figlia in 300 euro mensili.
Un figlio adulto non può contare sul mantenimento ma su aiuti sociali
La Cassazione accoglie il secondo e il terzo motivo, respinge i primi due e dichiara assorbiti i restanti per le seguenti ragioni.
La Corte ricorda che l’obbligo dei genitori di mantenere i figli non viene meno in automatico quando questi raggiungono la maggiore età. Alla prole spetta il mantenimento quando, non per colpa loro, non riescono a raggiungere la propria autonomia economica, ovvero se una volta completato il percorso formativo prescelto ed essersi impegnati attivamente nel cercare un’occupazione, anche in base alle offerte del mercato e ridimensionando le proprie aspirazioni, il figlio o la figlia non riescono a rendersi autonomi.
Dalla prospettiva dei genitori obbligati al mantenimento la Cassazione ricorda che spetta al genitore dimostrare di non essere più tenuto al mantenimento dei figli, anche se spetta al giudice accertare la spettanza o meno del mantenimento, considerato che l’età via via più elevata, in concorso con altri presupposti fa venire meno tale diritto.
Gli Ermellini però affermano anche che, se il figlio maggiorenne non ha reperito un’occupazione stabile, che gli consente di essere economicamente indipendente, spendendo il titolo professionale conseguito, non è al mantenimento dei genitori che costui deve aspirare per soddisfare le sue necessità e garantirsi una vita dignitosa. Costui ha infatti a disposizione altri strumenti sociali di ausilio e di sostegno al reddito, fermo restando l’obbligo alimentare da azionare in ambito familiare per soddisfare le primarie necessità di vita.
La Corte di appello però nel decidere non ha rispettato i suddetti principi. Essa infatti ha disposto a carico del padre pensionato l’obbligo di corrispondere alla figlia un assegno mensile di 300 euro, anche se la stessa, all’epoca dell’appello, aveva 35 anni ed era in possesso del titolo di estetista. Il giudice dell’impugnazione ha quindi errato nel non accertare se la stessa si fosse attivata nella ricerca di un’occupazione, senza riuscirvi, obbligando così il padre a dimostrare il raggiungimento dell’indipendenza economica della figlia.