Diffamazione a mezzo Internet: integrazione della condotta criminosa
Il definire veleni e sostanze irritanti, nocive e tossiche i prodotti utilizzati da un’azienda agricola, ciò mediante pubblicazione di stati e video su facebook, personale ovvero con post su altre pagine pubbliche, mediante anche l’indicazione di specifici luoghi in modo da rendere facilmente individuabile il soggetto cui tali riferimenti sono fatti, integrano frasi idonee a minare sensibilmente la credibilità professionale della persona offesa che viene rappresentata, con post che hanno possibilità di essere visti. Nel caso di specie avevano avuto numerosissime visualizzazioni, commenti ed altro, come esercente un’attività inquinante e pericolosa, integrando così il reato di diffamazione a mezzo Facebook.
Tribunale Genova sez. I, 22/02/2021, n.637
Commento offensivo della reputazione del datore di lavoro
Il reato di diffamazione, di cui all’articolo 595 del codice penale, è posto a tutela della reputazione del soggetto passivo, da intendersi come la stima di cui gode l’individuo nella collettività di appartenenza. Il soggetto destinatario dell’offesa deve essere determinato, o comunque chiaramente individuabile, mentre non è necessaria l’indicazione nominativa dello stesso. Ciò posto, nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto integrati gli estremi del reato de quo nei confronti dell’imputato, il quale aveva postato su un social network un articolo di giornale relativo al suo ex datore di lavoro accompagnato da un commento concretamente offensivo della reputazione di quest’ultimo. Pur non essendo il nome di costui espressamente menzionato, l’individuazione del medesimo era palese grazie al collegamento all’articolo di giornale oggetto di condivisione.
Tribunale Vicenza, 01/07/2020, n.459
Diritto di critica delle decisioni aziendali
L’esercizio da parte del lavoratore del diritto di critica delle decisioni aziendali, sebbene sia garantito dagli artt. 21 e 39 Cost., incontra i limiti della correttezza formale che sono imposti dall’esigenza, anch’essa costituzionalmente garantita, ex art. 2 Cost., di tutela della persona umana, sicché, ove tali limiti siano superati, con l’attribuzione all’impresa datoriale o ai suoi rappresentanti di qualità apertamente disonorevoli, di riferimenti volgari e infamanti e di deformazioni tali da suscitare il disprezzo e il dileggio, il comportamento del lavoratore può costituire giusta causa di licenziamento, pur in mancanza degli elementi soggettivi ed oggettivi costitutivi della fattispecie penale della diffamazione.
Cassazione civile sez. lav., 06/06/2018, n.14527
Pubblicare un commento denigratorio del datore di lavoro su Facebook
In tema di licenziamento disciplinare, costituisce giusta causa di recesso, in quanto idonea a ledere il vincolo fiduciario nel rapporto lavorativo, la diffusione su “Facebook” di un commento offensivo nei confronti della società datrice di lavoro, integrando tale condotta gli estremi della diffamazione, per la attitudine del mezzo utilizzato a determinare la circolazione del messaggio tra un gruppo indeterminato di persone.
Cassazione civile sez. lav., 27/04/2018, n.10280
Reato di diffamazione per l’esercizio del diritto di critica
Non è integrato il reato di diffamazione per l’esercizio del diritto di critica se si usano toni non infamanti.
Nel caso di specie, un sindacalista, a seguito del decesso di un figlio per l’esplosione accidentale di un colpo dalla pistola del padre che lavorava per la sicurezza in una società, scriveva su internet un comunicato poi ripreso da un quotidiano del seguente tenore: “Lavorare in un’azienda dove chi ha denunciato qualcosa è stato licenziato senza problemi può provocare dimenticanze. Lavorare quasi sempre di notte a volte con orari di 12 ore”.
Tribunale Terni, 30/09/2015, n.925
Rispetto della dignità altrui
Il limite immanente all’esercizio del diritto di critica è quello del rispetto della dignità altrui, non potendo lo stesso costituire mera occasione per gratuiti attacchi alla persona ed arbitrarie aggressioni al suo patrimonio morale. In più, se la persona offesa è un ente commerciale, il concetto di reputazione deve ritenersi comprensivo anche del profilo connesso all’attività economica svolta dall’ente ed alla considerazione che esso ottiene nel contesto sociale
Cassata con rinvio la decisione dei giudici del merito che avevano escluso la diffamazione nella condotta dell’imputato, presidente di un Comitato d’Area, che aveva inviato una lettera al sindaco ed al consiglio comunale in cui, riferendosi ad una società, aveva invitato tale azienda a trovarsi una ‘superficie areata per i suoi potenti veleni ammazzapersone’; per la Corte, i giudici territoriali non avevano adeguatamente analizzato il requisito della verità del fatto attribuito e assunto a presupposto delle espressioni critiche.
Cassazione penale sez. V, 25/06/2014, n.11409
Modalità di estrinsecazione del diritto di critica
In tema di diffamazione, sussiste l’esimente dell’esercizio del diritto di critica sindacale nel caso in cui il segretario di un’organizzazione rappresentativa degli interessi dei lavoratori indirizzi una missiva a vari dirigenti amministrativi, con cui si censurano le scelte del direttore medico responsabile di un servizio di un’azienda Usl, in materia di espletamento di tale servizio, ponendone in dubbio la regolarità e denunciando favoritismi.
Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto che nella missiva fossero rilevabili, da un lato, espressioni non già con carattere di aggressione personale, bensì funzionali allo svolgimento della rappresentanza dei lavoratori coinvolti, dall’altro, l’utilizzo di modalità di estrinsecazione del diritto di critica entro i limiti della continenza espressiva, benché aspre.
Cassazione penale sez. V, 04/06/2013, n.38962
La causa di non punibilità della provocazione
La causa di non punibilità della provocazione sussiste non solo quando il fatto ingiusto altrui integra gli estremi dell’illecito civile o penale, ma anche quando esso sia lesivo di regole comunemente accettate nella civile convivenza
Nella specie, l’imputato, accusato di ingiuria e diffamazione, aveva inoltrato ad un blog una mail di commento sferzante all’indirizzo di un dirigente dell’azienda presso cui lavorava la moglie. La Corte ha ritenuto provocatorio il comportamento della persona offesa per via di espressioni irriguardose proferite all’indirizzo della donna, peraltro licenziata con modalità ritenute illegittime, tanto che il licenziamento era stato poi impugnato con ricorso al giudice del lavoro.
Cassazione penale sez. V, 16/12/2011, n.9907
Diffamazione azienda a carattere familiare
In tema di diffamazione, la nozione di reputazione deve ritenersi comprensiva anche del profilo connesso alla attività economica e professionale svolta dall’individuo e alla considerazione che essa ottiene nel gruppo sociale, sicché la condotta lesiva può attenere anche al buon nome commerciale di un soggetto
Annullata, nella specie, la sentenza di non luogo a procedere emessa dal Gup nei confronti di due giornalisti che avevano pubblicato una serie di articoli in cui si dava conto delle presunte rotture tra i fratelli responsabili di un’azienda a carattere familiare, che aveva fondato la propria fama nazionale e internazionale sulla storica coesione della famiglia. La Corte ha bocciato l’interpretazione del Gup, secondo cui l’articolo aveva un contenuto non lesivo della reputazione, avendo una connotazione tipicamente finanziaria, come si desumeva anche dal fatto che narrava vicende riguardanti solo la compagine sociale.
Cassazione penale sez. V, 16/06/2011, n.37383
La causa di giustificazione del diritto di critica
In tema di delitti contro l’onore, il requisito della continenza, quale elemento costitutivo della causa di giustificazione del diritto di critica, riguarda le espressioni utilizzate, mentre la continenza non può essere evocata come argomento a copertura della pretesa di selezione degli argomenti attraverso i quali si formula la critica, perché quest’ultima, quale valore fondante fissato nella Costituzione, non può che basarsi sulla assoluta libertà di scelta degli argomenti sui quali si articola la esposizione del proprio pensiero, sempre che sussistano gli altri due requisiti e cioè la verità del fatto da cui muove la critica e l’interesse sociale a conoscerla.
Fattispecie nella quale è stata esclusa la sussistenza del reato di cui all’art. 595 cod. pen., nei confronti dell’imputato – il quale, in qualità di primario di un ospedale, aveva riferito a una paziente che un medico di quella struttura non avrebbe più eseguito interventi chirurgici perché prossimo ad essere allontanato dall’azienda ospedaliera e ad un’altra paziente che la ragione dell’allontanamento era la produzione di danni gravi per la stessa azienda – ritenendo che la prima comunicazione era priva di contenuto offensivo e la seconda era scriminata sia per la verità dei fatti riferiti che per la continenza delle espressioni utilizzate.
Cassazione penale sez. V, 15/07/2010, n.36602
Diffusione di una notizia via Internet
Rilevanza sociale, verità obiettiva e continenza esigono rispetto anche da chi diffonde via internet una notizia pur non essendo giornalista; solo l’esistenza di tali presupposti, infatti, attribuisce efficacia scriminante ai diritti di cronaca e critica da chiunque e con qualsiasi mezzo esercitati (nella specie, la Cassazione ha annullato con rinvio, sia pur ai soli fini civili, un verdetto d’appello che aveva assolto una donna dal delitto di diffamazione aggravata in danno di un’importante azienda chimica per aver pubblicato su un sito ambientale il contenuto di una denuncia da lei presentata all’autorità giudiziaria nei confronti della predetta società; per la Corte, infatti, il giudice di secondo grado avrebbe dovuto accertare se l’imputata – nell’immettere la notizia “in rete” – aveva rispettato i parametri elaborati dalla giurisprudenza per mettere al riparo dalla perseguibilità chi fa informazione anche in maniera critica).
Cassazione penale sez. V, 01/07/2008, n.31392
Diffusione di apprezzamenti negativi
La responsabilità indiretta del committente per fatto dannoso del dipendente ai sensi dell’art. 2049 c.c. postula l’esistenza di un nesso di occasionalità necessaria tra l’illecito e il rapporto che lega i due soggetti, nel senso che le mansioni affidate al dipendente abbiano reso possibile o comunque agevolato il comportamento produttivo del danno.
Nella specie – in cui il fatto illecito, di cui era rimasto ignoto l’autore, era consistito nella diffusione tra i dipendenti dell’azienda di apprezzamenti negativi sull’operato di un agente – la S.C. ha cassato con rinvio la decisione di merito che, nell’affermare la responsabilità ex art. 2049 cit., aveva omesso di accertare se la diffamazione era connessa, ad es. in virtù della conoscenza di fatti e documenti, con incombenze affidate ai dipendenti o aveva solo tratto origine nell’ambiente lavorativo senza alcuna attinenza con le mansioni ivi svolte.
Cassazione civile sez. lav., 06/04/2002, n.4951
I limiti della correttezza formale
L’esercizio da parte del lavoratore, anche se investito della carica di rappresentante sindacale, del diritto di critica delle decisioni aziendali (manifestata, nella specie, attraverso la diffusione di alcuni volantini all’esterno dell’azienda), sebbene sia garantito dagli art. 21 e 39 cost., incontra i limiti della correttezza formale che sono imposti dall’esigenza, anch’essa costituzionalmente garantita (art. 2 cost.), di tutela della persona umana, anche quando la critica venga espressa nella forma della satira; ne consegue che, ove tali limiti siano superati, con l’attribuzione all’impresa datoriale od ai suoi rappresentanti di qualità apertamente disonorevoli, di riferimenti volgari e infamanti e di deformazioni tali da suscitare il disprezzo e il dileggio, il comportamento del lavoratore può costituire giusta causa di licenziamento, pur in mancanza degli elementi soggettivi ed oggettivi costitutivi della fattispecie penale della diffamazione.
Cassazione civile sez. lav., 24/05/2001, n.7091
L’illecito esercizio del diritto di critica
Per quanto ampia possa riconoscersi l’estensione del diritto di critica anche aspra sulle tematiche politiche, economiche e sindacali inerenti alla gestione dell’azienda, esula certamente dall’illecito esercizio del diritto di critica e integra gli estremi del delitto di diffamazione, l’affermazione di fatti di notevole gravità e penalmente rilevanti, lesivi dell’altrui reputazione, che potrebbe ammettersi solo quando fosse dimostrata la verità dei fatti attribuiti.
Tribunale Catania, 22/10/1991