Investigatore privato_Responsabilità magistrato: ultime sentenze

Responsabilità civile dei magistrati

Vanno dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 1, l. 13 aprile 1988, n. 117, come modificato dall’art. 6, comma 1, l. 27 febbraio 2015, n. 18, nella parte in cui imporrebbe al Tribunale investito dell’azione di risarcimento dei danni nei confronti dello Stato per la responsabilità dei magistrati di trasmettere immediatamente, per il solo fatto della proposizione della domanda giudiziale, sempre e comunque, gli atti del procedimento al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, determinando conseguentemente l’obbligo per quest’ultimo di esercitare l’azione disciplinare per i fatti descritti nella domanda risarcitoria. Un interpretazione sistematica dell’articolo contestato esclude che il Procuratore Generale sia tenuto immancabilmente ad esercitare l’azione disciplinare non appena avesse notizia della pendenza di un giudizio risarcitorio

Un volta escluso l’automatismo di avvio dell’esercizio dell’azione disciplinare a seguito della mera proposizione della domanda risarcitoria, l’obbligo di trasmissione degli atti alla Procura generale risulta “innocuo” per gli articoli costituzionali asseritamente lesi, dal momento che permane l’esigenza della verifica circa l’effettiva ricorrenza dei presupposti per l’esercizio dell’azione disciplinare e, di conseguenza viene meno il timore che il meccanismo possa essere utilizzato in maniera maliziosa da soggetti interessati ad incidere sull’indipendenza e sulla serenità di giudizio del magistrato.

Corte Costituzionale, 23/07/2021, n.169

Accertamento dei fatti contenuti in sentenza penale passata in giudicato

In tema di rapporti tra il procedimento penale e quello disciplinare riguardante magistrati, il giudicato penale non preclude una rinnovata valutazione dei fatti accertati dal giudice penale nella sede disciplinare, attesa la diversità dei presupposti delle rispettive responsabilità, fermo solo il limite dell’immutabilità dell’accertamento dei fatti nella loro materialità operato nel giudizio penale. (Nella specie la S.C. ha confermato la decisione di condanna disciplinare del magistrato – impugnata da quest’ultimo per essere stato assolto, per insussistenza del fatto, dai reati di concussione e violenza sessuale – essendo stato accertato in sede penale che nella sua veste di pubblico ministero aveva intrattenuto una relazione sentimentale con il coniuge di persona da lui sottoposta a richiesta di misura cautelare personale, circostanza che rilevava sotto il profilo della sua responsabilità disciplinare per violazione dell’obbligo di astenersi).

Cassazione civile sez. un., 16/07/2021, n.20385

Gravi scorrettezze

In tema di responsabilità disciplinare dei magistrati, rientrano nella nozione di grave scorrettezza (ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera d), del Dlgs 109/2006), anche quelle condotte che, pur se non compiute direttamente nell’esercizio delle funzioni, sono inscindibilmente collegate a contegni precedenti o anche solo in fieri, involgenti l’esercizio delle funzioni giudiziarie, al punto da divenire tutte parte di un modus agendi contrario ai doveri del magistrato.

(Nella specie, la Suprema corte, in applicazione del principio che precede, ha confermato la sentenza disciplinare di condanna del Presidente di un collegio di corte d’assise che in occasione di una cena organizzata pochi giorni prima della camera di consiglio, si era espresso sul tema della responsabilità civile dei magistrati e aveva affermato che la riforma di un’eventuale sentenza di condanna avrebbe esposto anche i giudici non togati a conseguenze patrimoniali, fornendo informazioni inesatte, atteso il diverso regime della responsabilità dettato per i giudici popolari, ed esprimendosi con modalità comunicative che erano idonee a coartare, secondo una valutazione ex ante, la libertà di determinazione degli stessi giudici popolari).

Cassazione civile sez. un., 14/07/2021, n.20042

Responsabilità del magistrato di ultima istanza

La questione relativa all’assoggettabilità (necessaria o meno) al procedimento speciale previsto dalla l. 117/1988 delle azioni in cui la responsabilità dedotta in giudizio riguarda la violazione del diritto dell’Unione, con particolare riferimento all’obbligo del giudice di ultima istanza di provvedere al rinvio pregiudiziale, esige un pronunciamento della Corte nella sua più tipica espressione di organo della nomofilachia; si versa, invero, in questione di massima di particolare importanza, in ragione, sia degli assai incidenti (ed immediatamente percepibili) riverberi di natura pratico-applicativa che da essa scaturiscono, sia dell’importanza delle decisioni della Corte di Giustizia che hanno indotto il legislatore a modificare la l. 117/1988.

Cassazione civile sez. III, 06/07/2021, n.19037

Responsabilità disciplinare magistrato

In tema di responsabilità disciplinare, grava sul magistrato l‘obbligo di vigilare con regolarità sulla persistenza delle condizioni, anche temporali, cui la legge subordina la privazione della libertà personale di chi è sottoposto ad indagini, sicché l’inosservanza dei termini di durata massima della custodia cautelare costituisce grave violazione di legge idonea ad integrare gli illeciti disciplinari di cui all’art. 2, comma 1, lett. a) e g), del d.lgs. n. 109 del 2006;

tali illeciti non sono scriminati dalla laboriosità o capacità dell’incolpato, dalle sue gravose condizioni lavorative o dall’eventuale strutturale disorganizzazione dell’ufficio di appartenenza, né può reputarsi integrata l’esimente della “scarsa rilevanza” del fatto, di cui all’art. 3 bis del d.lgs. n. 109 del 2006, a fronte di una lunga privazione della libertà personale dell’imputato, per la sola evenienza della concomitante negligenza del funzionario di cancelleria o dell’indiscusso impegno e capacità del magistrato o del disinteresse del soggetto ad ottenere la cessazione della misura, elementi inidonei a determinare l’inoffensività della condotta.

(Nella specie, le Sezioni Unite hanno cassato la decisione di merito che – sulla base del ragionevole affidamento riposto dal magistrato sul corretto adempimento dei compiti di cancelleria, della sua figura professionale, dell’unicità dell’episodio, dell’avvenuta sostituzione della misura detentiva con quella degli arresti presso una struttura di accoglienza, delle dichiarazioni scritte dell’imputato circa l’assenza di pregiudizio, della mancanza di istanze di revoca o modifica della misura – aveva formulato un giudizio di scarsa rilevanza del fatto, nonostante l’illegittima privazione della libertà personale dell’imputato per 578 giorni).

Cassazione civile sez. un., 23/06/2021, n.17985

Violazione di legge nell’esercizio delle funzioni

In tema di responsabilità disciplinare dei magistrati, la grave violazione di legge rileva non in sé, bensì in relazione alla condotta deontologicamente deviante posta in essere nell’esercizio della funzione, ed impone, pertanto, una valutazione complessiva della vicenda e dell’atteggiamento in essa tenuto dal magistrato, al fine di verificare se il comportamento sia idoneo, siccome dovuto “quantomeno” ad inescusabile negligenza, a compromettere sia la considerazione di cui il singolo magistrato deve godere, sia il prestigio dell’ordine giudiziario.

(In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la decisione del CSM nella parte in cui aveva ritenuto integrato l’illecito disciplinare di cui all’art. 2, comma 1, lett. g), del d.lgs. n. 109 del 2006, in quanto il magistrato incolpato, nel pronunciare 109 sentenze ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., non aveva provveduto al loro deposito nell’immediatezza, bensì in data successiva a quella risultante dai verbali e anche in un lasso temporale di vari mesi, così pregiudicando la possibilità delle parti di proporre impugnazione nel termine decorrente dalla lettura in udienza).

Cassazione civile sez. un., 16/03/2021, n.7337

Responsabilità dei magistrati: risarcimento

Il magistrato è responsabile per i danni subìti dall’impresa se avalla un decreto ingiuntivo provvisorio, in assenza di sufficienti presupposti. Per escludere la colpa della toga non basta che il via libera all’esecuzione provvisoria del decreto sia stata subordinata al deposito di una cauzione, che si rivela non valida a causa del comportamento scorretto del creditore. A dirlo è la Cassazione accogliendo il ricorso dell’impresa contro la presidenza del Consiglio dei ministri, teso a ottenere il risarcimento per la responsabilità dei magistrati. Il pregiudizio non veniva riconosciuto dai giudici di merito, mentre viene affermato dalla Suprema corte che, ai fini del nesso causale, valorizza il principio del «più probabile che non», chiarendo che il pregiudizio non si sarebbe prodotto senza l’errore, commesso a monte dalle toghe, che avevano dato il via libera a un provvedimento illegittimo. In questo contesto il dolo del creditore può, semmai, incidere sull’entità del risarcimento, ma non è sufficiente per escludere la responsabilità dei magistrati.

Per i giudici di legittimità, in sostanza, «in caso di comportamento colposo di un soggetto, idoneo a cagionare un danno, la condotta dolosa di un altro soggetto, che non si ponga come autonoma, eccezionale ed atipica rispetto alla serie causale già in atto, non è idonea a interrompere il nesso causale con l’evento dannoso, ma potrà al più, assumere rilievo solo sul piano della selezione delle conseguenze dannose risarcibili».

Cassazione civile sez. III, 22/02/2021, n.4662

Azione civile nel giudizio penale

Ove l’azione civile sia stata esercitata in un processo penale per una fattispecie criminosa qualificata da dolo intenzionale, nel giudizio civile di rinvio ai sensi dell’art. 622 c.p.p., in relazione alla responsabilità ex art. 2043 c.c., il giudice deve verificare la ricorrenza, sul piano oggettivo e soggettivo, di tutti gli elementi dell’illecito civile, sicché – quando il reato contestato risulti quello previsto dall’art. 323 c.p. (come nella fattispecie) – occorre avere riguardo non all’intenzionalità del comportamento dell’asserito responsabile, bensì alla generica dolosità della condotta.

(In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la decisione della Corte territoriale che aveva escluso la sussistenza del dolo del danneggiante – un magistrato, già imputato per aver favorito un altro consulente attraverso la liquidazione di un compenso non dovuto e per avere pregiudicato il danneggiato con la revoca della curatela fallimentare conferitagli – in ragione della mancata prova di una sua intenzionale volontà, anziché limitarsi a verificare la volontarietà delle predette condotte).

Cassazione civile sez. III, 13/01/2021, n.457

Rispetto del principio di tipizzazione dell’illecito disciplinare

In tema di responsabilità disciplinare dei magistrati, l’accertamento della condotta disciplinarmente irrilevante in applicazione dell’esimente di cui all’art. 3 bis del d.lgs. n. 109 del 2006 (da identificarsi in quella che, riguardata “ex post” ed in concreto, non comprometta l’immagine del magistrato), deve compiersi senza sovvertire il principio di tipizzazione degli illeciti disciplinari; pertanto, nell’ipotesi in cui il bene giuridico individuato specificamente dal legislatore in rapporto al singolo illecito disciplinare non coincida con quello protetto dal citato art. 3 bis, il giudizio di “scarsa rilevanza del fatto” dovrà anzitutto tenere conto della consistenza della lesione arrecata al bene giuridico “specifico” e, solo se l’offesa non sia apprezzabile in termini di gravità, occorrerà ulteriormente verificare se quello stesso fatto, che integra l’illecito tipizzato, abbia però determinato un’effettiva lesione dell’immagine pubblica del magistrato, risultando applicabile la detta esimente in caso di esito negativo di entrambe le verifiche.

(In applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha escluso la necessità di una verifica della sussistenza di un’effettiva lesione dell’immagine pubblica del magistrato, ai fini dell’accertamento della scarsa rilevanza del fatto al medesimo addebitato, in una fattispecie in cui tale scarsa rilevanza andava già esclusa per la gravità dell’offesa recata al bene giuridico specifico direttamente tutelato dall’art. 2, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 109 del 2006, ossia il buon andamento dell’ufficio giudiziario e della sua unitarietà funzionale).

Cassazione civile sez. un., 30/12/2020, n.29823

Magistrato in ritardo reiterato nel deposito dei provvedimenti

In tema di responsabilità disciplinare del magistrato ex art. 2, lett. q), d.lg. n. 109/2006, ricorre l’esimente della giustificabilità del ritardo reiterato nel deposito dei provvedimenti oltre la soglia di illiceità prevista dalla norma ove l’attività lavorativa dell’incolpato risulti inesigibile con riferimento alla gravosità del complessivo carico di lavoro, alla qualità dei procedimenti trattati e definiti, agli indici di laboriosità e operosità comparati con quelli degli altri magistrati dell’ufficio, nonché allo sforzo profuso per l’abbattimento dell’arretrato.

Cassazione civile sez. un., 07/10/2019, n.25020

Ritardo ultrannuale nel deposito di provvedimenti: giustificabilità

In tema di responsabilità disciplinare del magistrato, il notevole carico di lavoro dal quale lo stesso risulti gravato è idoneo ad assumere rilievo quale causa di giustificazione per il ritardo ultrannuale nel deposito dei provvedimenti giurisdizionali ove – tenuto conto degli standards di operosità e laboriosità mediamente sostenuti dagli altri magistrati dell’ufficio, a parità di condizioni di lavoro – vi sia una considerevole sproporzione, a suo danno, del carico su di esso incombente, sì da rendere inesigibile, per il magistrato incolpato, l’apprestamento di una diversa organizzazione, idonea a scongiurare quei gravi ritardi, fermo restando, in ogni caso, il suo onere di segnalare al capo dell’ufficio giudiziario la prolungata situazione di disagio lavorativo in cui venga a trovarsi per consentire a questi l’adozione di idonei rimedi, non essendo consentito all’interessato di effettuare autonomamente la scelta di assumere in decisione cause in eccesso rispetto alla possibilità di redigere tempestivamente le relative motivazioni.

Cassazione civile sez. un., 10/09/2019, n.22572

Idoneità del comportamento a compromettere la credibilità del magistrato

In tema di responsabilità disciplinare dei magistrati, la grave violazione di legge rileva non in sé, bensì in relazione alla condotta deontologicamente deviante posta in essere nell’esercizio della funzione, ed impone, pertanto, una valutazione complessiva della vicenda e dell’atteggiamento in essa tenuto dal magistrato, al fine di verificare se il comportamento sia idoneo, siccome dovuto “quantomeno” ad inescusabile negligenza, a compromettere sia la considerazione di cui il singolo magistrato deve godere, sia il prestigio dell’ordine giudiziario.

(In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto integrato l’illecito disciplinare di cui all’art. 2, lett. a) e g), del d.lgs. n.109 del 2006, valutando rilevanti e significative, nel loro complesso, le seguenti omissioni e trascuratezze poste in essere da un pubblico ministero assegnatario di un procedimento per omicidio a carico di ignoti: – l’aver lasciato aperto il procedimento per circa venticinque anni senza la richiesta al giudice competente di alcuna proroga dopo la prima concessa dal Gip; – l’aver provveduto in modo carente alla gestione ed al controllo dei reperti acquisiti; – il non aver dato riscontro per lungo tempo a reiterate istanze della Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato, nelle quali, si manifestava la necessità di rivisitare la scena del crimine).

Cassazione civile sez. un., 02/08/2019, n.20819

Termini di deposito dei provvedimenti definitori in materia di misure di prevenzione

In tema di responsabilità disciplinare del magistrato per reiterato ritardo ultrannuale nel deposito di provvedimenti definitori di misure di prevenzione, la assenza di una espressa prescrizione normativa di termini per il deposito di tali provvedimenti è fatto del tutto irrilevante rispetto alla valutazione della sussistenza e della gravità dell’illecito contestato; può, invero, costituire adeguato e ragionevole criterio di delimitazione del tempo necessario per il deposito il parametro contenuto nell’art. 544 c.p.p. relativo alle sentenze, né rileva quale causa di giustificazione dei ritardi la complessità della materia, giacché è del tutto fisiologico che un magistrato possa essere chiamato ad occuparsi, nell’arco della sua esperienza professionale, di questioni di elevato profilo specialistico.

(Nella specie, le Sezioni unite hanno confermato la sentenza del giudice disciplinare, che aveva ritenuto sussistente la responsabilità disciplinare dell’incolpato per il ritardo nel deposito di 183 misure di prevenzione personali e patrimoniali).

Cassazione civile sez. un., 19/07/2019, n.19583

Ritardata scarcerazione di indagato sottoposto a custodia cautelare

In tema di responsabilità disciplinare, grava sul magistrato l’obbligo di vigilare con regolarità sulla persistenza delle condizioni, anche temporali, cui la legge subordina la privazione della libertà personale di chi è sottoposto ad indagini, sicché l’inosservanza dei termini di durata massima della custodia cautelare, costituisce grave violazione di legge idonea ad integrare gli illeciti disciplinari di cui all’art. 2, comma 1, lett. a) e g), del d.lgs. n. 109 del 2006; tali illeciti non sono scriminati né dalla laboriosità o capacità del magistrato incolpato, né dalle sue gravose condizioni lavorative e neppure dall’eventuale strutturale disorganizzazione dell’ufficio di appartenenza, occorrendo, al riguardo, la presenza di gravissimi impedimenti all’assolvimento del dovere di garantire il diritto costituzionale alla libertà personale del soggetto sottoposto a custodia cautelare, senza che possa assumere rilievo, infine, la circostanza che quest’ultima venga a scadere in periodo feriale, circostanza dalla quale, al contrario, derivano al magistrato oneri di controllo persino maggiori, in funzione dell’esatta osservanza dei termini di scarcerazione.

Cassazione civile sez. un., 26/06/2019, n.17120

Mancata previsione della sospensione obbligatoria del giudizio

In tema di responsabilità disciplinare del magistrato, la mancata previsione, nell’art. 20 d.lgs. n. 109 del 2006, della sospensione obbligatoria del giudizio disciplinare a seguito di proposizione della richiesta di revisione della condanna penale definitiva non si pone in contrasto con l’art. 3 Cost., sotto il profilo della disparità di trattamento rispetto alla sospensione prevista per la pendenza del processo penale, data la diversità di situazione che si determina dopo la formazione del giudicato penale, né configura una violazione dell’art. 24 Cost. sotto il profilo della violazione del diritto di difesa, il cui pieno esercizio è assicurato dalla possibilità di richiedere in ogni tempo la revisione della condanna disciplinare (art. 25 del d.lgs. n. 109 del 2006), tantomeno si profila una violazione del principio della “ragionevole durata del processo” di cui all’art. 111 Cost.

Cassazione civile sez. un., 25/06/2019, n.16984

Espressioni sconvenienti durante una trasmissione televisiva

In tema di responsabilità disciplinare del magistrato, le espressioni sconvenienti rivolte “in incertam personam”, rese in occasione di una trasmissione televisiva, non integrano l’illecito di cui all’art. 4, lett. d), del d.lgs. n. 109 del 2006, il quale postula che la condotta disciplinarmente rilevante costituisca reato, poiché il reato di diffamazione è costituito dall’offesa alla reputazione di una persona determinata e non può essere, quindi, ravvisato nel caso in cui vengano pronunciate frasi offensive nei confronti di una o più persone appartenenti ad una categoria, anche limitata, se le persone, cui le frasi si riferiscono, non sono individuabili.

(Nella specie la S.C., confermando la decisione impugnata, ha ritenuto che la critica espressa dal magistrato incolpato, nei confronti dei magistrati amministrativi che gestiscono corsi di preparazione al concorso in magistratura, non fosse rivolta a soggetti specificamente indicati, né facilmente individuabili in riferimento a circostanze notorie, dovendosi escludere da tale ambito le informazioni che possano essere reperite tramite i motori di ricerca Internet, che non equivalgono alla generalizzata cognizione di fatti in relazione a soggetti di media cultura in un dato tempo e luogo, quali i destinatari – pubblico di non esperti giuristi – della trasmissione televisiva nel cui contesto la frase era stata pronunciata).

Cassazione civile sez. un., 13/06/2019, n.15897

Smaltimento dei procedimenti o processi

In tema di responsabilità disciplinare del magistrato, la sostenibilità del cd. “piano di rientro” per lo smaltimento dei procedimenti o processi in cui siano maturati dei ritardi nel deposito dei relativi provvedimenti, predisposto dal presidente del Tribunale ai sensi del punto 60.4 della circolare del Consiglio superiore della magistratura sulla formazione delle tabelle di organizzazione degli uffici giudiziari, seppur concordato con il magistrato interessato, è elemento indefettibile – stabilito dalla stessa fonte abilitante il potere organizzativo – del programma di riduzione dei ritardi e, quindi, misura del comportamento rilevante sul piano dell’illecito disciplinare di cui al d.lgs. n. 109 del 2006, art. 2, comma 1, lett. n) che, in detta specifica concretizzazione, richiede la necessaria verifica della esigibilità della condotta di riparazione richiesta al magistrato, la quale, evidentemente, tende a evitare addebiti ridondanti in ipotesi di responsabilità oggettiva.

Cassazione civile sez. un., 28/05/2019, n.14526

Responsabilità disciplinare del magistrato: impugnazione della sentenza di assoluzione

In tema di responsabilità disciplinare del magistrato, l’assoluzione con la formula di cui all’articolo 3-bis del decreto legislativo n. 109 del 2006, da parte della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, non è tale da escludere qualsiasi effetto svantaggioso per il magistrato assolto ed è, pertanto, idonea a radicare il suo interesse a impugnare la sentenza davanti alle sezioni Unite della Corte di cassazione, al fine di ottenere una pronuncia, totalmente liberatoria, di esclusione dell’addebito per insussistenza del fatto o perché il fatto non è a lui attribuibile.

Cassazione civile sez. un., 05/03/2019, n.6354

Responsabilità disciplinare del magistrato e sospensione

In tema di responsabilità disciplinare del magistrato ai fini della sussistenza degli illeciti previsti dagli artt. 2,3 e 4 d.lgs. n. 109 del 2006 rileva l’appartenenza all’Ordine giudiziario, che non viene meno a seguito del mancato esercizio delle funzioni per intervenuta sospensione dalle medesime.

Cassazione civile sez. un., 08/02/2019, n.3888

Valutazione delle incolpazioni incentrate su adozione del provvedimento giudiziario

In tema di responsabilità disciplinare del magistrato, ai fini della valutazione delle incolpazioni incentrate sull’adozione di un provvedimento giudiziario, non rileva la correttezza in sé del provvedimento bensì la condotta del magistrato che lo ha adottato, allorché raggiunga un livello di negligenza tale da poter incidere negativamente sui valori tutelati dalla prescrizione disciplinare. (Nella specie, la S.C. ha confermato la condanna disciplinare emessa nei confronti del magistrato componente del collegio del riesame che, in qualità di giudice relatore, violando il grado minimo di diligenza, cura e precisione che si esige nell’esercizio della funzione giurisdizionale, aveva depositato un’ordinanza applicativa della custodia in carcere il giorno prima dell’udienza fissata per la sua discussione, così determinando l’ingiustificata compromissione del diritto di difesa e al contraddittorio dell’indagato).

Cassazione civile sez. un., 18/01/2019, n.1416

Responsabilità civile del magistrato

In tema di responsabilità civile dei magistrati, nel vigore della disciplina antecedente alla legge n. 18/2015 (in cui si pone la vicenda de qua), è infondato il ricorso per Cassazione contro il decreto di inammissibilità dell’azione risarcitoria allorché l’impugnazione risulti basata solo sulla incompatibilità comunitaria e sulla conseguente richiesta di disapplicazione delle clausole di salvaguardia per asserito contrasto delle stesse coi principi generali affermati nelle pronunce della Corte di Giustizia, in tema di responsabilità degli Stati membri per le attività di propri organi giurisdizionali.

Cassazione civile sez. III, 17/01/2019, n.1067

 

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