Per la Cassazione, quando il giudice accerta che l’assegno di divorzio non è dovuto, chi lo ha percepito deve restituire tutto quanto percepito
Quando il giudice accerta che l’assegno di divorzio non è dovuto, il coniuge che lo ha percepito deve restituire quanto percepito fin dal primo giorno in cui gli è stato corrisposto, maggiorato degli interessi maturati sulle somme dalla data di ciascun pagamento e non dalla data del provvedimento che ha deciso per la non spettanza. Questi in sintesi i chiarimenti della Cassazione sui termini di decorrenza della restituzione dell’assegno di divorzio non dovuto contenuti nell’ordinanza n. 28646/2021.
La vicenda processuale
Il Tribunale dichiara la cessazione degli effetti civili del matrimonio e riconosce in favore della moglie un assegno di divorzio per garantirle lo stesso tenore di vita goduto durante il matrimonio.
Il marito impugna la decisione, la Corte di Appello lo accoglie, ma poi la Corte di Cassazione ricorda che in base alla recente giurisprudenza il giudice in queste situazioni è tenuto prima di tutto a verificare la spettanza dell’assegno e poi a stabilirne l’entità in base a precisi parametri, tra i quali spicca il principio di solidarietà sancito dalla Costituzione.
La Corte d’Appello quindi, dopo il rinvio operato dalla Corte di legittimità, dispone la revoca dell’assegno di divorzio in favore della moglie e la condanna a restituire le somme ricevute e questo titolo a decorrere dal 29 agosto del 2017 a oggi.
La Corte di Appello, attenendosi alle indicazioni della Cassazione, ritiene adeguati i mezzi a disposizione della donna per consentirle una vita dignitosa e per supportare le figlie, che comunque percepiscono un assegno mensile benché maggiorenni, ritenendo irrilevanti le vicende matrimoniali e precisando che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Cassazione, le somme da restituire sono quelle percepite dopo la data del deposito della sentenza della Suprema Corte.
Se l’assegno non è dovuto la ex moglie deve restituire tutto
Decisione contro la quale il marito ricorre in Cassazione per far valere i seguenti motivi.
- Con il primo evidenza la contraddittorietà della decisione della Corte di Appello, la quale, pur negando la presenza ab origine dei presupposti necessari per il riconoscimento dell’assegno di divorzio ha però ritenuto non dovuta la restituzione della maggior parte della somma percepite dalla donna a tale titolo, sulla base di una presunta e generica buona fede, invece insussistente.
- Con il secondo ritiene errata la decisione per non aver stabilito l’intera restituzione delle somme percepite dalla ex moglie, ritenendo che l’ipotetica buona fede della moglie forse può far risparmiare sulla restituzione degli interessi e dei frutti, ma non del capitale.
- Con il terzo infine lamenta la compensazione delle spese disposte in tutti gradi di giudizio, perché scarsamente motivate le ragioni addotte.
L’obbligo di restituzione decorre da quando l’ex ha iniziato a percepirlo
Tralasciando l’esame del ricorso incidentale presentato dalla moglie, la Cassazione, per quanto riguarda il ricorso principale presentato dall’ex marito, accoglie i primi due motivi del ricorso perché fondati, dichiarando assorbito il terzo.
Dall’esame congiunto dei primi due motivi la Cassazione precisa prima di tutto che: “non avendo il ricorso incidentale della (…) investito specificamente la pronuncia di condanna restitutoria inflittale dalla corte di rinvio, e tenuto conto della già ritenuta inammissibilità dei primi due motivi della sua odierna impugnazione incidentale (avente ad oggetto l’an debeatur dell’emolumento predetto), deve ormai considerarsi coperto dal formatosi giudicato interno il presupposto logico di quella condanna: vale a dire la ripetibilità di quanto corrisposto a titolo di assegno divorzile ove, successivamente se ne accerti la non debenza ab origine.”
La Cassazione quindi concentra la propria attenzione sui termini di decorrenza della restituzione di quanto percepito, rilevando che per la Corte di Appello detto termine debba decorrere dalla data di deposito della sentenza della Suprema Corte.
Corretta per la Cassazione l’osservazione dell’ex marito secondo cui la buona fede non opera per quanto riguarda la somma capitale da restituire. I mutamenti giurisprudenziali possono senza dubbio incidere su uno degli elementi in base ai quali valutare la suddetta buona fede di chi percepisce le somma, ma non lo possono fare “sulla fonte del diniego dell’obbligazione restitutoria per pagamenti ab origine non dovuti.”
Detto ciò ricorda che per la giurisprudenza di legittimità se si accerta che l’assegno divorzile non è dovuto, significa che lo stesso non è dovuto dal momento in cui decorre la sua attribuzione, ossia dal passaggio in giudicato della sentenza di scioglimento degli effetti civili del matrimonio.
La ex moglie deve quindi essere condannata a restituire al marito anche quanto dalla stessa percepito dal momento in cui ha iniziato concretamente a incassare l’assegno di divorzio fino alla data dell’ordinanza della Cassazione, a cui vanno aggiunti gli interessi legali su dette somme dalle date dei rispettivi pagamenti fino all’effettivo soddisfo.