Tradimento apparente: non c’è bisogno dell’adulterio per poter subire la separazione con addebito.
Quali sono le conseguenze di un tradimento sospetto ma non consumato? La moglie che lascia semplicemente intendere di avere una relazione con un altro uomo, pur senza compiere un effettivo tradimento, non ha diritto al mantenimento. Così come non ne ha diritto il marito che frequenta in pubblico la segretaria, facendosi vedere in atteggiamenti intimi e ammiccanti e lasciando così intendere a tutti che tra i due c’è una relazione.
Bastano le semplici “voci di corridoio” a danneggiare l’onore e la reputazione del coniuge: e tanto basta a determinare l’addebito in caso di separazione. Addebito che, come noto, se anche non implica sanzioni o obblighi risarcitori, non consente di ottenere l’assegno di mantenimento (neanche in caso di difficoltà economiche) e cancella ogni diritto successorio sul patrimonio dell’ex.
È questa la sintesi dei principi sanciti dalla giurisprudenza, per come di recente confermati dal tribunale di Firenze. Più volte, i giudici, ivi compresi quelli della Cassazione, hanno sottolineato che la responsabilità per la fine del matrimonio non richiede la prova di una effettiva relazione adulterina, ossia di un vero e proprio atto sessuale con l’amante. Essa può scaturire anche da semplici atteggiamenti e indizi se questi minano la serenità familiare.
Il fenomeno è noto ai tecnici con il nome di tradimento apparente che può costituire ragione di addebito nella separazione, laddove il contegno del coniuge infedele sia tale da ingenerare nei terzi e nell’altro coniuge un fondato timore di tradimento, tale da arrecare un pregiudizio alla dignità personale di quest’ultimo, attesa la sua sensibilità e l’ambiente in cui vive. La legge infatti intende tutelare anche l’onore e il decoro del coniuge tradito e non solo la fedeltà al matrimonio.
Ecco perché proprio la violazione del dovere di fedeltà può avvenire anche in mancanza dell’adulterio, quando il comportamento del coniuge si presti a sospetti di infedeltà e si traduca in condotte lesive della dignità e dell’onore dell’altro coniuge.
I sospetti però devono essere «verosimili» e non il semplice frutto della gelosia esasperata di un coniuge. Così, uno scambio di mail e di contatti telefonici con una donna da cui però non si poteva desumere una relazione sentimentale non può essere causa di addebito, ben potendosi trattare di un’amicizia priva di implicazioni sentimentali.
Ai fini dell’addebito della separazione per adulterio apparente, «è necessario che la notorietà della relazione del coniuge con il terzo sia direttamente determinata dal coniuge adultero; di conseguenza la separazione non sarà addebitabile laddove sia stato lo stesso coniuge offeso a rendere pubblico un comportamento altrimenti non noto ai terzi».
In buona sostanza, se i sospetti vengono messi in circolazione dal coniuge traditore ci può essere addebito; se invece è il tradito a rivelare in giro di nutrire tali sospetti, alcun addebito può essere pronunciato dal giudice.
Come ben spiega il tribunale di Firenze, il concetto di fedeltà coniugale ha subito un mutamento, perdendo la «connotazione di esclusiva dedizione corporale per assumere il carattere di vicendevole lealtà, comprensiva anche della sfera sessuale, ma non ridotta ad essa». Pertanto, la violazione del dovere di fedeltà potrebbe avvenire anche in mancanza dell’adulterio, quando:
- il contegno del coniuge sia tale da indurre al sospetto di un tradimento sia terzi che l’altro coniuge;
- sia posto in essere con la consapevolezza e volontà di commettere un fatto lesivo dell’altrui onore e dignità;
- produca effettivamente un pregiudizio alla dignità personale dell’altro coniuge.
In sostanza, il “tradimento o adulterio apparente” si pone «a presidio dell’onore e della dignità del coniuge non solo nella dimensione più intima e privata della violazione subita, ma anche – e soprattutto – nella sua dimensione pubblica. In questa prospettiva, il bene che l’ordinamento intenderebbe tutelare non è solo quello della fedeltà, quale mezzo di realizzazione della comunione coniugale, ma anche quello dell’onore e del decoro del coniuge, quale individuo collocato in un contesto sociale».