L’imputato che vuole ottenere la declaratoria di estinzione del reato per condotta riparatoria deve formulare un’offerta congrua al danno provocato.
Quando un imputato condannato per il reato di stalking vuole ottenere l’estinzione del reato per condotta riparatoria ai sensi dell’art. 162 ter c.p. il giudice accoglie la domanda, sentite le parti, quando il risarcimento viene proposto con offerta reale ai sensi dell’art. 1208 c.c. purché congrua.
Offerta che quindi, se si limita a 3000 euro per la vittima e 500 euro per il marito, non soddisfa il requisito di congruità, come giustamente concluso dalla Corte d’Appello. Dall’importo e dalle modalità di pagamento offerte non emerge infatti la volontà del responsabile di riparare il danno cagionato.
Questi i termini in cui si è espressa la Cassazione, nella sentenza n. 16674/2021 (sotto allegata) Ora però vediamo come si è svolto il giudizio e come hanno valutato le doglianze dell’imputato gli Ermellini.
Confermata in appello la condanna di primo grado
Confermata dalla Corte di Appello la sentenza di condanna a due anni e quattro mesi di reclusione per il reato di stalking di cui all’art. 615 bis c.c., lesioni e violenza sessuale commessi ai danni di una donna con la quale l’imputato ha intrattenuto una relazione extraconiugale.
Inadeguatezza dell’offerta riparatoria
L’imputato ricorre in Cassazione sollevando nei confronti di detta sentenza i seguenti motivi di doglianza.
- Con il primo contesta il rigetto della richiesta di dichiarare l’estinzione del reato a fronte di un’offerta di 3000 euro alla vittima e di 500 euro al marito della donna a causa della esiguità dell’importo. Il giudice non può sindacare sull’adeguatezza dell’offerta, ma è tenuto piuttosto a indicare informalmente all’imputato la somma ritenuta soddisfacente per dargli la possibilità di riformulare la propria offerta.
- Con il secondo contesta il diniego di rinnovare l’istruttoria della causa soprattutto in relazione alla testimonianza del medico che ha assistito la persona offesa il giorno successivo al riferito episodio di violenza sessuale.
Il medico infatti avrebbe potuto fornire importanti indicazioni sullo stato psichico della vittima e sull’assenza di uno stato di coercizione e di shock.
- Con il terzo lamenta il mancato accoglimento della richiesta di una perizia finalizzata a inquadrare la personalità della persona offesa, che è stata in grado d’intrattenere una duplice relazione contemporaneamente, indice rivelatore di una personalità poco attendibile e bugiarda.
- Con il quarto contesta il mutamento delle abitudini di vita della vittima a causa del proprio comportamento. La donna infatti per qualche tempo è stata accompagnata al lavoro dal fratello solo perché costui, rimasto per qualche giorno senza macchina, ha utilizzato quella della sorella a cui ha dato diversi passaggi per accompagnarla al lavoro, come confermato anche da un teste.
- Con il quinto infine deduce motivazione apparente perché la Corte di Appello non ha risolto la questione relativa all’attendibilità della persona offesa, limitandosi ad affermare che le dichiarazioni della stessa hanno trovato riscontro in altri mezzi di prova.
Reato di stalking: l’offerta riparatoria deve essere congrua
La Cassazione con la sentenza n. 16674/2021 dichiara il ricorso inammissibile per le seguenti ragioni.
Per quanto riguarda il motivo relativi all’offerta riparatoria al fine di ottenere l’estinzione del reato di stalking la Cassazione precisa prima di tutto che al momento non esisteva ancora la preclusione introdotta nel 2017 che impedisce di riparare il danno provocato da questo tipo di reato. In seguito precisa che il legislatore parla d’integralità della riparazione e d’offerta reale di cui all’art. 1208 c.c., elementi in presenza dei quali il giudice “è chiamato a dichiarare l’estinzione del reato, qualora ritenga congrua l’offerta dell’imputato” e questo per evitare giochini al rialzo da parte della persona offesa, così come offerte del tutto inadeguate a riparare il danno arrecato. Per evitare un’eccessiva discrezionalità del giudice sul punto il legislatore ha previsto proprio per questo motivo che lo stesso debba sentire le parti.
Chiaro che per quanto riguarda il processo penale i benefici sul carico processuale sono di rilievo se il reato viene dichiarato estinto entro la prima udienza dibattimentale. Vero però, come affermato da una recente sentenza della Cassazione, che questa forma di riparazione non sempre si rivela esaustiva del pregiudizio sofferto dalla vittima.
Passando all’esame del caso di specie, alla luce di dette considerazioni, la Corte ritiene di non poter censurare la valutazione d’incongruità della somma offerta dall’imputato, visto che il Tribunale aveva liquidato in favore della persona offesa la somma di 15.000 euro rispetto ai 3000 offerti, di cui 1000 subito e i restanti 2000 a rate e oltre il termine di apertura del dibattimento, a cui si aggiungono i 500 euro in favore del marito della vittima.
L’irrisorietà dell’offerta e il pagamento rateale, ammissibile solo in presenza di comprovate difficoltà economiche, fanno propendere per l’assenza di una concreta volontà di riparare il danno cagionato alla vittima, tanto più che l’imputato non si è preoccupato neppure di chiedere indicazioni sull’importo che gli avrebbe consentito di ottenere la dichiarazione di estinzione del reato.
Infondato il secondo motivo, con cui si contesta il diniego dell’escussione del medico che ha redatto il referto al termine della visita a cui si è sottoposta la vittima dopo i fatti contestati all’imputato. La richiesta è già stata rigettata dal Tribunale perché superflua e non decisiva a scardinare il quadro probatorio complessivo.
Stesse conclusioni per il terzo motivo, senza dimenticare che comunque è fatto divieto di compiere, anche sulla persona offesa “indagini peritali sul carattere, sulla personalità e in genere sulle qualità psichiche indipendenti da cause patologiche.”
Respinto anche il quarto motivo e dichiarato inammissibile il quinto per difetto di specificità e perché, soprattutto per quanto riguarda il reato di atti persecutori, la versione della persona offesa è stata confermata da una collega di lavoro e da una vicina di casa, che hanno assistito personalmente a inseguimenti e visite dell’imputato a casa della vittima. Testimonianze che hanno avvalorato anche l’attendibilità delle dichiarazioni della donna in merito al reato di violenza sessuale, al quale, per forza di cose, non erano presenti testimoni.