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Come funziona l’azione di riduzione degli eredi legittimari per ottenere la quota di eredità prevista dalla legge.
Una nostra lettrice, con testamento olografo, ha nominato il marito erede universale. Avendo, di fatto, diseredato i figli, ci chiede quali dovranno essere le azioni di questi ultimi per far valere i propri diritti. In particolare, ci viene posta la seguente domanda: per rivendicare la legittima bisogna impugnare il testamento o vi si ha diritto comunque?
Per rispondere al quesito, è necessario esaminare la disciplina della successione necessaria e della cosiddetta “azione di riduzione”.
Indice
* Chi ha diritto alla legittima?
* Disposizioni testamentarie lesive della legittima
* Necessità di esperire l’azione di riduzione
* Effetti dell’azione di riduzione
* Condizioni per esperire l’azione di riduzione
* Termini per l’azione di riduzione
* Conclusioni
Chi ha diritto alla legittima?
La legge italiana riserva una quota del patrimonio del defunto ai legittimari, che sono il coniuge, i figli e, in assenza di questi ultimi, gli ascendenti (art. 536 cod. civ.). Questa quota è detta “quota di legittima” o “quota di riserva”.
Tutti gli altri parenti, ivi compresi i conviventi, i fratelli e le sorelle, non sono legittimari e quindi non possono rivendicare alcunché se non vengono “citati” nel testamento.
Nel caso in cui il defunto lasci coniuge e più figli, ai figli è riservata complessivamente la metà del patrimonio, da dividersi in parti uguali, mentre al coniuge spetta un quarto del patrimonio. La residua parte del patrimonio del testatore è chiamata quota di riserva e può da questi essere lasciata a chi vuole, anche a uno degli stessi legittimari (il che farebbe sì che quest’ultimo otterrebbe ben più della legittima).
Disposizioni testamentarie lesive della legittima
Se il testatore dispone del suo patrimonio in modo da ledere la quota di legittima spettante ai legittimari, questi hanno il diritto di agire per ottenere la reintegrazione della loro quota. Tale azione, da esperire innanzi al tribunale civile del luogo di ultima residenza del defunto, è nota come azione di riduzione. Il termine per agire è di 10 anni dalla morte del de cuius.
L’azione di riduzione è lo strumento giuridico che consente ai legittimari di ottenere la reintegrazione della loro quota di riserva, riducendo le disposizioni testamentarie o le donazioni che eccedono la quota disponibile.
Per verificare se un erede è stato leso nella legittima bisogna tenere conto anche delle donazioni che questi ha ricevuto dal de cuius quando ancora era in vita. Le donazioni infatti sono sempre un anticipo della legittima (a meno che non vengano fatte “con riserva di collazione”, nel qual caso si considerano attinte dalla quota disponibile del defunto).
Sintetizzando, l’erede che, all’esito della divisione testamentaria e tenuto conto delle donazioni ricevute dal de cuius, non ha ottenuto la legittima può agire contro tutti gli altri eredi e contro coloro che hanno ottenuto da quest’ultimo delle donazioni per farle revocare e redistribuire tutta l’eredità.
Le disposizioni testamentarie lesive della legittima non sono nulle né annullabili, ma sono valide ed efficaci fino a quando non vengono impugnate dai legittimari mediante l’azione di riduzione.
Necessità di esperire l’azione di riduzione
I figli, per rivendicare la loro quota di legittima, devono necessariamente esperire l’azione di riduzione. Infatti, il legittimario pretermesso (cioè totalmente escluso dal testamento) non è chiamato all’eredità per il solo fatto dell’apertura della successione, ma deve agire in giudizio per ottenere il riconoscimento dei suoi diritti (Cass. sent. n. 30079/2019, n. 27778/20239).
Effetti dell’azione di riduzione
Con l’azione di riduzione, il legittimario leso ottiene la dichiarazione di inefficacia, nei suoi confronti, delle disposizioni testamentarie lesive, nella misura necessaria a reintegrare la sua quota di legittima.
Solo a seguito dell’accoglimento dell’azione di riduzione, il legittimario pretermesso acquista la qualità di erede e può partecipare alla divisione dell’eredità (Cass. sent. n. 31125/2023).
Condizioni per esperire l’azione di riduzione
Per esercitare l’azione di riduzione, il legittimario deve rispettare alcune condizioni:
* accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario: il legittimario che ha accettato l’eredità deve farlo con beneficio d’inventario per poter chiedere la riduzione delle donazioni e dei legati fatti a persone non chiamate come coeredi (art. 564 c.c.). Tuttavia, questa condizione non si applica al legittimario totalmente pretermesso, che non è chiamato all’eredità fino all’esercizio dell’azione di riduzione (Cass. sent. n. 30079/2019, n. 30079/2019);
* imputazione delle donazioni e dei legati: il legittimario deve imputare alla sua porzione legittima le donazioni e i legati ricevuti dal defunto, salvo dispensa espressa (art. 564 c.c.).
Termini per l’azione di riduzione
L’azione di riduzione è soggetta a prescrizione ordinaria decennale. Il termine di 10 anni decorre dal giorno dell’apertura della successione, cioè dalla data della morte del de cuius.
Conclusioni
Pertanto, nel caso in cui la lettrice abbia nominato suo marito erede universale con testamento olografo, i suoi figli, per rivendicare la loro quota di legittima, dovranno esperire l’azione di riduzione. Non hanno diritto automaticamente alla legittima, ma devono agire giudizialmente per ottenere la reintegrazione della loro quota di riserva.
L’azione di riduzione è necessaria per far dichiarare l’inefficacia, nei loro confronti, delle disposizioni testamentarie lesive e per acquisire la qualità di eredi sui beni ereditari.
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