La guida sull’atto di opposizione alla donazione: analisi ed esempi pratici. Richiedi una consulenza agenzia investigativa IDFOX Srl , Tel.02344223 – info@idfox.it

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Anche se, in linea di massima, la donazione è un atto che non può essere né revocato dal donante una volta compiuto, né contestato dai suoi parenti, esistono diverse eccezioni. In questa guida vedremo come si fa un’opposizione a una donazione, quali sono i casi previsti dalla legge e i termini entro cui agire. Ci soffermeremo, in particolare, sull’atto di opposizione alla donazione che i familiari stretti possono esercitare quando ancora il donante è in vita, al fine di tutelare i propri diritti sulla sua eredità (art. 563 cod. civ.). Ma procediamo con ordine.

Indice

* Quando è possibile contestare una donazione?

* Come si tutelano gli eredi del donante

* Come difendersi se il donatario vende a terzi

* Come si fa l’atto di opposizione alla donazione?

* Esempi pratici

o Caso di donazione diretta

o Caso di donazione dissimulata

* Applicazione pratica

* L’opposizione alla donazione costituisce accettazione dell’eredità?

Quando è possibile contestare una donazione?

I principali casi in cui è possibile contestare una donazione sono i seguenti:

* difetto di forma: la donazione di immobili e quella di non modico valore (da valutare rispetto alle possibilità economiche del donante) è nulla se non viene eseguita tramite notaio e in presenza di due testimoni. L’azione di nullità può essere proposta da chiunque e senza limiti di tempo;

* difetto di volontà: la donazione fatta da persona incapace (anche se solo al momento stesso della donazione) o sotto violenza psicologica o fisica, oppure indotta dolosamente in errore per mano di terzi può essere annullata entro cinque anni. Dinanzi a un artificio e raggiro congeniato in malafede ai danni del donante con grave deficit mentale può scattare anche il reato di circonvenzione di incapace;

* lesione della legittima: il coniuge e i figli del donante (o, in assenza di figli, i suoi genitori) possono contestare le donazioni di quest’ultimo, entro 10 anni dalla sua morte (e mai prima del suo decesso), se hanno ricevuto in eredità una quota inferiore a quella minima spettante loro per legge (la cosiddetta “legittima”);

* ingratitudine del donatario: il beneficiario di una donazione non deve mai manifestare, in pubblico, una perdurante avversione e un sentimento di disistima nei confronti del donante. Non si tratta dei normali bisticci o di un atteggiamento assente e indifferente, ma di un vero e proprio odio plateale. In tal caso egli può vedersi revocare la donazione. Lo stesso dicasi nel caso di attentato al patrimonio del donante o qualora il donatario, stante una grave difficoltà economica del donante, tale da mettere a repentaglio la sua stessa vita, non lo aiuta nelle spese di prima necessità (non gli versa cioè i cosiddetti alimenti).

Infine il quarto comma dell’articolo 563 del Codice civile introduce un istituto giuridico di particolare rilevanza nel contesto delle donazioni e della tutela degli eredi: l’atto di opposizione alla donazione.

Tale strumento consente al coniuge e ai parenti in linea retta del donante (i figli, i genitori) di tutelare le proprie future aspettative ereditarie.

Per comprendere il funzionamento di tale istituto dobbiamo fare un passo indietro e aiutarci con alcuni esempi.

Come si tutelano gli eredi del donante

Come anticipato, i parenti più stretti del defunto, ossia il coniuge (anche se separato), i figli o, in assenza dei figli, i genitori hanno sempre diritto a una quota dell’eredità: la cosiddetta legittima. Proprio per ciò tali soggetti sono detti eredi legittimari.

Per conoscere le quote di legittima leggi: Quali sono le quote degli eredi legittimari.

Dopo la morte del familiare, i suoi eredi legittimari devono verificare il valore di quanto hanno ricevuto sia a titolo di eredità, sia a titolo di donazioni quando ancora il de cuiusera ancora vivo. Questa operazione aritmetica (consistente in una addizione) si chiama collazione.

Se, all’esito della collazione, l’erede legittimario si rende conto di aver ricevuto meno di quanto gli spettava, la legge gli consente di esperire la cosiddetta azione di riduzioneentro 10 anni dal decesso del parente.

Scopo di questa causa, che va avviata contro tutti gli eredi, è:

* contestare la divisione fatta dal defunto con il testamento, se sussistente;

* contestare, se ciò non dovesse bastare, le donazioni fatte dal defunto quando ancora era in vita, partendo dalle ultime fino a risalire via via alle prime, finché la quota legittima non viene ripristinata.

Scopo dell’azione di riduzione è quindi rimettere in discussione tutta la spartizione del patrimonio del de cuius, donazioni comprese.

Si può quindi dire che una donazione è sempre “traballante” finché non passano almeno 10 anni dalla morte del donante.

Non solo. Se nel frattempo il donante ha venduto il bene a un terzo, gli eredi legittimari possono riprenderselo esercitando la cosiddetta azione di restituzione. Essa però va esperita entro massimo 20 anni dalla trascrizione della donazione.

Se i 20 anni dalla donazione sono trascorsi, ma i 10 anni dal decesso del donante non ancora, a rischiare è solo il donatario che dovrà restituire agli eredi il controvalore del bene.

Facciamo qualche esempio.

Marco riceve in donazione dal padre una casa. Dopo 5 anni la vende a Mirco. Dopo la morte del padre, avvenuta 15 anni dalla donazione, gli eredi (gli altri figli) possono agire contro Mirco per farsi restituire la casa. Ma se sono passati più di 20 anni dalla donazione, Mirco conserva la casa e Marco deve restituire ai suoi fratelli il controvalore.

Se, nell’esempio precedente, decorrono 10 anni dalla morte del padre, né Mirco, né Marco subiranno alcun rischio legale.

In sintesi, l’acquisto a titolo di donazione assume “stabilità” dopo venti anni dalla trascrizione della donazione (articoli 561 e 563 del Codice civile), oppure con il passaggio di dieci anni dall’apertura della successione del donante.

Come difendersi se il donatario vende a terzi

Ipotizziamo ora che il donante, ancora giovane, intesti la casa al figlio minorenne. È verosimile che la morte del donante avverrà quando ormai i 20 anni dalla donazione sono già decorsi. Sicché gli altri eredi legittimari non potranno più esperire l’azione di restituzione nei confronti dell’eventuale acquirente dell’immobile. Ecco che qui interviene l’atto di opposizione alla donazione.

In base all’articolo 563 del Codice civile, il coniuge e i parenti in linea retta del donante possono notificare e trascrivere un atto stragiudiziale di opposizione alla donazione nei confronti del donatario e dei suoi aventi causa (acquirenti, donatari). L’effetto principale di tale opposizione è la sospensione del termine ventennale previsto per l’azione di restituzione contro i terzi acquirenti del bene donato.

L’opposizione ha una natura cautelare e preventiva: serve a preservare il diritto del legittimario di agire in restituzione anche oltre il termine di venti anni dalla trascrizione della donazione, nel caso in cui, dopo l’apertura della successione, si accerti che la donazione ha leso la sua quota di legittima.

Come si fa l’atto di opposizione alla donazione?

L’opposizione può essere effettuata anche prima dell’apertura della successione del donante (Cass. sent. n. 4523/2022). Ciò significa che il legittimario non deve attendere la morte del donante per tutelare le proprie aspettative.

Veniamo alle modalità. L’opposizione consiste nella notifica e trascrizione di un atto stragiudiziale di opposizione nei confronti del donatario e dei suoi aventi causa. Questo atto deve essere rinnovato ogni venti anni per mantenere i suoi effetti.

Egli effetti dell’atto di opposizione alla donazione sono i seguenti:

* sospensione del termine ventennale: l’opposizione sospende il decorso del termine di venti anni previsto dall’art. 563, comma 1, cod. civ. entro il quale il legittimario può esercitare l’azione di restituzione contro i terzi acquirenti;

* tutela delle aspettative ereditarie: garantisce al legittimario la possibilità di agire in futuro per la riduzione della donazione e la restituzione del bene, qualora la donazione risulti lesiva della sua quota di legittima.

Esempi pratici

Caso di donazione diretta

Un padre dona un immobile al figlio. Il figlio, successivamente, vende l’immobile a un terzo.

La figlia, temendo che la donazione possa ledere la sua quota di legittima, notifica e trascrive un atto di opposizione alla donazione. Così facendo la figlia sospende il termine ventennale, preservando il diritto di agire in restituzione contro il terzo acquirente dopo l’apertura della successione, se la donazione risulterà lesiva.

Caso di donazione dissimulata

Un genitore vende un immobile a un prezzo simbolico al figlio, dissimulando una donazione.

L’altro figlio può agire per l’accertamento della simulazione e, ottenuta la sentenza, notificare e trascrivere l’opposizione alla donazione. Anche in questo caso, il termine ventennale è sospeso, tutelando le aspettative del legittimario.

Applicazione pratica

In presenza di atti che dissimulano una donazione (es. compravendite simulate), il legittimario deve prima ottenere un accertamento giudiziale che riconosca la natura donativa dell’atto (Cass. sent. n. 27065/2022)

L’opposizione deve essere notificata al donatario e ai suoi aventi causa e trascritta nei registri immobiliari per essere efficace.

L’opposizione perde effetto se non viene rinnovata prima che siano trascorsi venti anni dalla sua trascrizione.

L’atto di opposizione deve rivestire la forma scritta, a pena di nullità. La legge non prescrive una forma specifica, ma è consigliabile la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata, al fine di garantire la certezza della data e la provenienza dell’atto.  Per la sua efficacia, l’atto di opposizione deve essere notificato al donatario e trascritto nei registri immobiliari. La notifica ha la funzione di rendere l’atto opponibile al donatario, mentre la trascrizione ha lo scopo di rendere

L’opposizione alla donazione costituisce accettazione dell’eredità?

L’atto di “opposizione” alla donazione, ex articolo 563, quarto comma, del Codice civile, trascritto dal figlio dopo la morte del donante, non può essere inteso come atto implicito di accettazione dell’eredità.

Preliminarmente, si deve precisare che per “accettazione tacita” s’intende un comportamento concludente del chiamato all’eredità, «che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede» (articolo 476 del Codice civile). Ai fini della continuità delle trascrizioni – richiesta dall’articolo 2650 del Codice civile – anche l’accettazione tacita dell’eredità impone la trascrizione (articolo 2648 del Codice civile).

Nell’ipotesi di erede pretermesso, l’opposizione alla donazione fatta da quest’ultimo non configura una ipotesi di accettazione tacita all’eredità, mancandone i presupposti. La soluzione non cambia nel caso di legittimario leso, in quanto sarà l’esercizio dell’azione di riduzione a integrare un’ipotesi di accettazione tacita dell’eredità (per tutte, Corte di cassazione, ordinanza 4843/2029), e non il mero atto di opposizione alla donazione, semplicemente interruttivo del te rmine prescrizionale dell’azione di restituzione

Fonte internet

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