È lecito registrarsi mentre si lavora? Indagini Tecniche Informatiche Agenzi IDFX Milano.
Cosa rischia chi registra di nascosto sul lavoro: quando la registrazione non è reato.
Ipotizziamo il caso di un dipendente che voglia procurarsi le prove da far valere contro il proprio datore di lavoro. A tal fine intende dimostrare che svolge determinate mansioni, in specifici orari e in particolari condizioni. Non trovando, tra i propri colleghi, persone disposte a testimoniare dinanzi al giudice contro l’azienda, decide di utilizzare la videocamera del proprio smartphone. Prima però di procedere si chiede: è lecito registrarsi mentre si lavora? Cosa rischia chi registra di nascosto le conversazioni o le proprie stesse attività?
La giurisprudenza si è più volte trovata a fornire una risposta chiara ed esaustiva a tale frequente interrogativo. Non poche volte, infatti, la prova di eventuali straordinari, di turni massacranti o di atteggiamenti vessatori da parte dei superiori, necessaria ai fini di una eventuale causa di mobbing può essere fornita solo tramite file video o audio. E lo stesso vale anche con riferimento alla dimostrazione dell’espletamento di attività “in nero”, indispensabile per ottenere differenze retributive, TFR, ferie non godute, ecc.
Ebbene, sul punto la Cassazione ha già chiarito che le registrazioni sul luogo di lavoro sono lecite solo nella misura in cui servono per far valere dei propri diritti in tribunale o dinanzi alle altre autorità pubbliche (ad esempio ai fini di una querela o di una denuncia).
Si prenda il caso di un lavoratore non “denunciato” al centro per l’impiego che, volendo fare causa al proprio datore e ottenere la regolarizzazione del contratto, voglia prima procurarsi la prova delle mansioni svolte. Ben potrebbe questi registrare le conversazioni con il capo o riprendere sé stesso in ufficio per poi depositare la documentazione in tribunale. Un comportamento del genere, qualora dovesse essere scoperto, non potrebbe essere sanzionato dal datore di lavoro con il licenziamento, né potrebbe essere passibile di una denuncia penale. Dunquecosa rischia chi registra di nascosto? Assolutamente nulla se il suo fine è quello di difendere i propri diritti.
La Cassazione, ad esempio, ha sdoganato le registrazioni di riunioni di lavoro o anche le discussioni “a tu per tu” con i capi di reparto.
Le registrazioni hanno inoltre valore legale in tribunale, sia in sede civile che penale.
Laddove però i file dovessero essere condivisi con altre persone, e dunque utilizzati non già per la tutela giudiziaria ma per mettere alla pubblica gogna il proprio datore di lavoro, è possibile configurare tanto un reato (quello di «illecite interferenze nella vita privata», applicabile anche ai luoghi di lavoro nonché eventualmente quello di diffamazione) tanto un illecito civile passibile di un provvedimento disciplinare.
Non poche volte, ad esempio, è successo che il lavoratore, dopo aver registrato una conversazione con i superiori, ha inoltrato l’audio nella chat WhatsApp dei colleghi per denunciare l’accaduto: comportamento vietato e ritenuto contrario ai doveri di buona fede e correttezza che devono contraddistinguere i rapporti all’interno del luogo di lavoro.
Altro aspetto a cui prestare massima attenzione è quello della presenza personale di colui che acquisisce la registrazione: non si può lasciare una spia accesa e allontanarsi, ingenerando nei presenti la convinzione di non essere sentiti. Tale condotta integra un reato.
Insomma è lecito registrarsi o filmarsi sul lavoro ma solo a patto di non divulgare il file e di utilizzarlo solo in tribunale o presso le competenti autorità.